L’Opinione. La casta politica e la politica casta di Ugo Onorati

L’Opinione. La casta politica e la politica casta di Ugo Onorati

13/02/2012 0 Di Redazione

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Ugo Ono­ra­ti

La casta poli­ti­ca e la poli­ti­ca casta

di UGO ONORATI

Vor­rei par­lar­vi di un tema fin trop­po intri­gan­te per la nostra sen­si­bi­li­tà, ma soprat­tut­to allet­tan­te alle nostre orec­chie per il pia­ce­vo­le calem­bour: la casta poli­ti­ca e la poli­ti­ca casta. Potre­ste anche andar­ve­ne, sape­te e sap­pia­mo già tut­to, o cre­dia­mo di sape­re tut­to, da bra­vi nipo­ti­ni di Machia­vel­li. Ita­lia­ni che non sia­mo altro. La mora­le e il mora­li­smo, come la bon­tà e il buo­ni­smo sono due cose diver­se.

Ma arri­va­re a par­la­re del­la poli­ti­ca casta, quan­do da qual­che anno a que­sta par­te il tor­men­to­ne dei pam­phlet e di tut­ti i media è pro­prio quel­lo del­la Casta, dei suoi pri­vi­le­gi, del­le sue para­noi­che ester­na­zio­ni di poten­za (“arro­gan­za” è un voca­bo­lo trop­po con­su­ma­to, che sta assu­men­do qua­si dei con­no­ta­ti posi­ti­vi!) in un cre­pu­sco­lo del­la mora­le, dei valo­ri e del­la stes­sa for­ma del­la demo­cra­zia che in mol­ti casi asso­mi­glia, più che al tra­mon­to dell’Occidente di Spen­gler, alla cena di Tri­mal­cio­ne del buon Petro­nio.

Intan­to le paro­le: Casta, che signi­fi­ca nell’accezione comu­ne una clas­se o un grup­po di per­so­ne che si con­si­de­ra per nasci­ta o per con­di­zio­ne sepa­ra­to dagli altri e gode o si attri­bui­sce spe­cia­li dirit­ti o pri­vi­le­gi. Si fa deri­va­re dal­lo spa­gno­lo, signi­fi­can­do raz­za pura non mesco­la­ta (ad esem­pio con mori­scos, o giu­dei) e quin­di “nobi­le” con­trap­po­sto a “ple­beo”, l’hidalgo che non si spor­ca le mani con il lavo­ro ver­sus il gagliof­fo popo­la­re o bor­ghe­se che deve fati­ca­re per vive­re; ma a sua vol­ta la paro­la spa­gno­la vie­ne dal voca­bo­lo lati­no castus, che vuol dire “puro, inno­cen­te, vere­con­do”, per­ché è “caren­te” si astie­ne dai pia­ce­ri del ses­so non con­sen­ti­ti. Il lati­no rin­via alla radi­ce indoeu­ro­pea KAR/S che si astie­ne (dai rap­por­ti impu­ri con le clas­si sot­to­mes­se) riscon­tra­bi­le nel san­scri­to (la lin­gua sacra e arcai­ca dell’India) nel­le paro­le: carya (casti­tà) e kastha (limi­te, cir­co­scri­zio­ne socia­le). Dopo il for­tu­na­to libro di Ser­gio Riz­zo e Gian Anto­nio Stel­la: La casta, che nel solo 2007 ha cono­sciu­to cir­ca una quin­di­ci­na di edi­zio­ni, di denun­cia alla clas­se poli­ti­ca diri­gen­te ita­lia­na, dive­nu­ta ina­mo­vi­bi­le, inat­tac­ca­bi­le, dota­ta di schi­fo­sis­si­mi e intol­le­ra­bi­li pri­vi­le­gi e per di più amo­ra­le e impu­ni­ta, con ultra­se­man­ti­co rife­ri­men­to all’oligarchia indù, ora ci tro­via­mo di fron­te a una serie di para­dos­si. La “casta” nell’accezione comu­ne data ai poli­ti­ci ita­lia­ni dai due gior­na­li­sti è tale per­ché “impu­ra” e non per­ché “pura”; “intoc­ca­bi­le” non per­ché infe­rio­re nel­la stra­ti­fi­ca­zio­ne socia­le, ma per­ché tal­men­te al di sopra del­le leg­gi e al di là del bene e del male di nic­cia­na memo­ria, che nean­che la magi­stra­tu­ra rie­sce (se non in casi ecce­zio­na­li) a met­ter­gli le manet­te addos­so. Casta in quan­to éli­te di nul­la­fa­cen­ti ope­ro­si nel fare il male e non il bene del­la nazio­ne, con­trap­po­sta al ves­sa­to cit­ta­di­no, que­sto sì “casto”, essen­do puro e igna­ro, sfrut­ta­to e sot­to­mes­so.

A quel for­tu­na­to libro ne sono segui­ti altri che ci han­no infor­ma­to esser­vi in Ita­lia altre “caste”, come quel­le dei gior­na­li­sti, dei sin­da­ca­li­sti, dei dipen­den­ti pub­bli­ci e per­fi­no del­le gerar­chie eccle­sia­sti­che! E se andas­si­mo a cer­ca­re bene si potreb­be­ro scri­ve­re e pub­bli­ca­re altri volu­mi su tan­te altre caste, come quel­la dei notai, dei ban­chie­ri, dei pro­fes­so­ri uni­ver­si­ta­ri e per­fi­no degli ammi­ni­stra­to­ri di con­do­mi­nio! Ci sareb­be mate­ria­le non per una, ma per cen­to rivo­lu­zio­ni fran­ce­si, rus­se e cine­si! E inve­ce nien­te. Il libro, i libri anzi, si ven­do­no bene, e ognu­no si indi­gna per la casta dell’altro. Ma sen­za fare rivo­lu­zio­ni. Basta sol­tan­to sop­por­ta­re pazien­te­men­te “la casta mole­sta”. Che ci vole­te fare? Ras­se­gnia­mo­ci. Lo sa da sem­pre il cit­ta­di­no “casto”: i poli­ti­ci sono tut­ti ladri, chi più chi meno. Man­gias­se­ro pure, ma alme­no faces­se­ro qual­co­sa! E che dovreb­be­ro fare i poli­ti­ci per i cit­ta­di­ni da loro dele­ga­ti per ammi­ni­strar­li? Qual­che ope­ra pub­bli­ca visto­sa, dare posti di lavo­ro, rac­co­man­dar­ci per tro­va­re un posto all’ospedale, coprir­ci pater­na­men­te se abbia­mo fat­to o voglia­mo fare qual­che bas­sa mara­chel­la. Per­ché la leg­ge, in fon­do, è “ugua­le per tut­ti”, ma per qual­cu­no (para­fra­san­do Orwell) deve esse­re anco­ra più ugua­le! Se qual­cu­no non lo cono­sce, si leg­ga il bel­lis­si­mo para­dos­sa­le e ama­ro rac­con­to di Ita­lo Cal­vi­no, inti­to­la­to: La peco­ra nera. Si vedrà come in un pae­se dove tut­ti, ma pro­prio tut­ti, sono ladri, le cose fila­no a dove­re, ma dove basta un solo stol­to one­sto a met­te­re in cri­si il siste­ma. Dun­que trop­po spes­so il “casto” è tale, solo per­ché esclu­so o non abba­stan­za vici­no alla “casta” per far­ne par­te. Se un poli­ti­co affer­ma o dimo­stra che la poli­ti­ca è tut­to un “magna magna” – per dir­la con Rober­to Beni­gni in John­ny Stec­chi­no – que­sti lo fa non per inco­rag­gia­re, ma per sco­rag­gia­re i casti che voles­se­ro occu­par­si del­la cosa pub­bli­ca. Inve­ce se lo dice un casto cit­ta­di­no vuol dire: A) che vor­reb­be tan­to far par­te del­la “casta”, B) che, non poten­do far par­te del­la casta, ai suoi occhi non c’è dif­fe­ren­za, i poli­ti­ci sono tut­ti ugua­li. Un atteg­gia­men­to, que­sto, moral­men­te deva­stan­te, pro­prio del cit­ta­di­no “casto” midd­le class / ope­ra­io / pen­sio­na­to / disoc­cu­pa­to che ali­men­ta e sostie­ne la per­pe­tua­zio­ne del­la “casta”, tale che al con­fron­to l’Uomo qua­lun­que di Gian­ni­ni ci fareb­be la figu­ra di un “bor­ghe­se gran­de gran­de”. Se que­sta opi­nio­ne comu­ne fos­se vera (vox popu­li, vox dei), per­ché mai un cit­ta­di­no one­sto dovreb­be dedi­car­si alla poli­ti­ca? L’ortodossa pre­ce del “casto” reci­ta: “Se quel­lo fa poli­ti­ca, qual­co­sa ci gua­da­gna, se no per­ché lo fa?” È impen­sa­bi­le per mol­ti “casti” cit­ta­di­ni che si pos­sa svol­ge­re un’attività di volon­ta­ria­to o di pub­bli­co ser­vi­zio, sen­za altro recon­di­to fine. Ma come sia­mo arri­va­ti a que­sto sfa­ce­lo mora­le? Per­ché la mag­gior par­te dei cit­ta­di­ni “casti” giu­sti­fi­ca e com­pren­de il via vai di veli­ne e let­te­ri­ne nude avvol­te dal solo tri­co­lo­re, qua­si fos­se­ro novel­le Geri del­la Gari­sen­da? Ricor­da­te Tri­po­li bel suol d’amore? Una vol­ta la cocai­na era per D’Annunzio e Fari­nac­ci, oggi è un pro­dot­to di lar­go con­su­mo, da ven­de­re non solo nel­le far­ma­cie, ma pure nei super­mer­ca­ti. Dav­ve­ro ose­re­ste pen­sa­re che la casta non sia più o meno lo spec­chio di chi lo chia­ma a far­si rap­pre­sen­ta­re? La doman­da che mi sono posto per voi è la seguen­te: “È sem­pre sta­to così, oppu­re no?”. Cre­do che come per i cicli eco­no­mi­ci, anche per la socie­tà e la poli­ti­ca ci sia­no alti e bas­si. Il Risor­gi­men­to nazio­na­le ci con­se­gnò un’Italia e una clas­se diri­gen­te uni­ta al popo­lo da idea­li e da rigo­re mora­le dimen­ti­ca­ti da seco­li, ma poi alla Ter­za Roma suben­trò la secon­da Bisan­zio. La fine del­la Resi­sten­za e del­la secon­da guer­ra mon­dia­le ci con­se­gna­ro­no una clas­se diri­gen­te di prim’ordine non solo fra le file dei cat­to­li­ci impe­gna­ti nel ser­vi­zio del­la poli­ti­ca (De Gaspe­ri, Fan­fa­ni, Pic­cio­ni, La Pira, Gior­da­ni…), ma poi arri­va­ro­no i pro­fes­sio­ni­sti del­la “casta” e i suc­ce­da­nei di que­sti: appel­la­ti con mali­zio­sa sim­pa­tia: “fur­bet­ti del quar­tie­ri­no”.

A que­sto pun­to doman­do a voi: “Nasce pri­ma l’uovo o la gal­li­na?”. Vale a dire: è il cit­ta­di­no “casto” che fa la casta, o vice­ver­sa? In ogni caso la clas­se poli­ti­ca, qua­lun­que essa sia, ha una respon­sa­bi­li­tà più alta e più pro­fon­da, rispet­to ai cit­ta­di­ni che rap­pre­sen­ta, vale a dire che non le è con­sen­ti­to (per rima­ne­re con Pla­to­ne) indul­ge­re alla dema­go­gia.

Altra doman­da (e chiu­do): c’è la pos­si­bi­li­tà e la spe­ran­za di resti­tui­re vita a un cor­po socia­le in gran par­te putre­fat­to? E se sì, come?

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