Ogni tanto qualcuno dei ragazzi che incontro mi dice: Vince quando il gioco si fa…
L’Opinione: la partita della fiducia e dell’amicizia. Di Vincenzo Andraous
04/07/2011Questo articolo è stato letto 3399 volte!
L’OPINIONE: LA PARTITA DELLA FIDUCIA E DELL’AMICIZIA
di Vincenzo Andraous
In una scuola alcuni ragazzi hanno messo sotto un coetaneo, lo hanno costretto a diventare un quadrupede, a mangiare sale, a leccare polvere, a strisciare sulle ginocchia, fino a rasentare il nulla, senza più neppure il senso di una dignità presa a gomitate.
In una scuola dove parlare di violenza e di bullismo diviene stranamente difficile, forse perchè discuterne e farne strumento di prevenzione, sviscerarne i rischi e gli interventi più urgenti da apportare, sottende il pericolo di rimanerne additati, invischiati come parte ingombrante di una in cultura. Invece si dovrebbe parlarne di questo disagio relazionale, stili di vita aggressivi, riti e totem, trasgressione e devianza, una violenza che non è più un atteggiamento conflittuale accettabile.
Non sono più sufficienti le pubblicistiche d’accatto, i sermoni svolti da cattedre impolverate, non è più aria di prediche precostituite, di costruzioni piramidali che non hanno un senso compiuto, forse occorre non limitarsi alla lezione spocchiosa, alla punteggiatura bucolica, che caricano oltremisura la creatività e intuizione del valore della gioventù.
Affrontare il disagio relazionale senza interrogarsi sugli effetti che produce, sulle collateralità che favoriscono ulteriori decadimenti, significa parlarne per una sorta di costrizione contingente, quasi a volere rimanere fuori da una diatriba apparentemente innocua.
Come la stessa richiesta di abbandonare la regina delle bugie, la droga, tutte le droghe, perché non esiste una sostanza buona e l’altra cattiva, sono tutte da evitare, oppure sull’uso smodato e malcelatamente autorizzato dell’alcol.
Bulli e droga, stili educativi assenti e comportamenti aggressivi, sempre meno addomesticati, tutto e subito, mentre per la fatica e per l’impegno c’è tempo domani, sempre che domani abbia libero accesso nel cuore degli adulti, obbligandoli a piegare lo sguardo sulla realtà, a guardare i volti e gli occhi dei propri figli, non per generosità salvatempo, ma per coscienza di paternità.
In quelle classi svuotate di regole, in quelle strade denudate di luci di emergenza, in quelle case ridotte a comodi rifugi, non ci sono delinquenti né criminali, ne ho incontrati tanti di giovanissimi in armi, di ragazzotti con le gambe larghe e le mani in tasca, non si tratta ancora di devianza, e come ha detto qualcuno più lungimirante di me “ fanno il male, ma sognano il bene “.
Proprio da questa contraddizione ogni formatore, educatore, genitore, dovrà ripartire con energie sufficienti per ribadire che non esiste giustizia senza amore, infatti amore non è un gesto generico, ma consistenza di umanità da mantenere e custodire.
Giustizia tra i banchi di scuola, alla fermata di un autobus, sulla pista di una discoteca, giustizia che non è una semplicistica destinazione esteriore, ma una dimensione costitutiva affinché indifferenza e distrazione non consentano il degenerare della fragilità delle persone più esposte, più deboli, dei più giovani.
In quella classe, al mondo adulto, potrebbe essere di aiuto ripensare alle responsabilità che ci accomunano, che ci fanno diventare uomini, e per riuscire in questa impresa, forse bisogna condividere quella famosa “ partita mai terminata della fiducia e dell’amicizia, uniche manette e uniche sbarre che possono trattenere i ragazzi”.
Chi è Vincenzo Andraous
Non mi reputo uno scrittore né un poeta, credo di avere qualcosa da comunicare, senza alcuna presunzione di insegnare nulla a nessuno, o salvare alcuno dal proprio destino.
Raccontarci la nostra storia personale può significare la nascita di una amicizia, di un sentimento gratuito, allora anche la mia storia, la mia gran brutta storia può diventare motivo di riflessione per tentare di intravedere il pericolo dei rischi estremi, in quel mito della trasgressione che spesso diviene devianza…e poi risalire dal baratro diventa difficile.
Sono una persona che disegna con le parole ciò che sente, non sono visivo, ma uditivo nel mio percepire le cose, i fatti, le persone. Ho imparato a scrivere leggendomi e credo sia importante leggere ciò che la mente e il cuore tracciano, perché sono orme e impronte digitali che sovente inducono ad ascoltare note nascoste ben al di sotto del primo strato.
Vincenzo Andraous è nato a Catania il 28-10-1954, una figlia Yelenia che definisce la sua rivincita più grande, detenuto nel carcere di Pavia, ristretto da ventotto anni e condannato all’ergastolo “FINE PENA MAI”.
Da sette anni usufruisce di permessi premio e lavoro esterno in art. 21, da un anno e mezzo è in regime di semilibertà svolgendo attività di tutor-educatore presso la Comunità “Casa Del Giovane“ di Pavia.
Per dieci anni è stato uno degli animatori del Collettivo Verde del carcere di Voghera, impegnato in attività sociali e culturali con le televisioni pubbliche e private, con Enti, Scuole, Parrocchie, Università, Associazioni e Movimenti culturali di tutta la penisola,
Circa venti le collaborazioni a tesi di laurea in psicologia e sociologia;
È titolare di alcune rubriche mensili su riviste e giornali, laici e cattolici; altresì su alcuni periodici on line di informazione e letteratura laica, e su periodici cattolici di vescovadi italiani; ha conseguito circa 80 premi letterari; ha pubblicato otto libri di poesia, di saggistica sul carcere e la devianza, nonché la propria autobiografia;
Bibliografia:
“Non mi inganno” edito da Ibiskos di Empoli
“Per una Principessa in jeans” edito da Ibiskos di Empoli
“Samarcanda” edito da Cultura 2000 di Siracusa
“Avrei voluto sedurre la luna” edito da Vicolo del Pavone di Piacenza
“Carcere è società” edito da Vicolo del Pavone di Piacenza
“Autobiografia di un assassino-dal buio alla rinascita” edito da Liberal di Firenze
“Oltre il carcere” edito dal Centro Stampa della “Casa del Giovane” di Pavia
“Un viaggio tra devianza minorile, carcere, comunità” edito dal Centro Stampa della “Casa del Giovane” di Pavia
La storia di Vincenzo Andraous
di Simone Specchio
La storia di Vincenzo Andraous è la storia di uomo che ogni giorno ha il pensiero che la notte dovrà ritornare in carcere fino al resto dei suoi giorni.
La sua storia da bullo inizia da quando aveva quattordici anni; un giorno a scuola durante una lezione mentre la prof scriveva alla lavagna lui prese un cancellino e lo scagliò violentemente contro il collo della prof, dopo questo fatto non si venne a sapere il colpevole di questo atto e siccome tutti avevano paura di confessare l’accaduto perché poi se la sarebbero vista con il bullo della classe, tutti vennero sospesi per colpa di uno soltanto: il bullo.
Nella sua vita Vincenzo ha compiuto molti atti violenti e ingiusti, ma la prima volta che si fumò uno spinello, che tutti pensano che sia una roba leggera ma in realtà è uguale a tutte le altre, rubo come al suo solito una macchina e fece un giro con i suoi amici per poi schiantarsi contro un platano a 140 km/h e uccidere un suo amico; tutto questo per un semplice spinello che tutti sottovalutano.
Dopo questo Vincenzo finì in un carcere minorile e grazie alla sua condotta girò tutti i carceri minorili d’ Italia, da quello di Milano fino a quello a Palermo.
Dopo questo lui continuò a fumarsi le canne e questo lo portò alla casa del giovane, portato da Don Enzo Boschetti fondatore di questa; all’inizio la casa del giovane era solo uno scantinato dove si riunivano le persone in difficoltà coma Vincenzo, ma con il tempo tutto questo si è ingrandito fino a costruire 18 case del giovane. Oggi Vincenzo svolge il ruolo di tutor nella Casa Del Giovane di Pavia dopo esserci stato anche lui e ogni giorno guida intere classi attraverso questo plesso che aiuta i giovani tossicodipendenti facendoli lavorare come carpentieri, falegnami o tipografi, assistiti da esperti che gli insegnano il lavoro per un futuro impiego. Oggi Vincenzo aiuta i giovani che hanno avuto la sua stessa storia cercando di cancellare il pensiero della droga di ogni ragazzo che entra nella casa del giovane.
Related Images:
La Redazione delle testate Punto a Capo è composta da volontari che collaborano ad un progetto di condivisione delle informazioni indipendente. La maggior parte dei collaboratori sono pubblicisti, giornalisti, addetti stampa, ma ci sono anche collaboratori alle prime armi che iniziano ad approcciarsi al mestiere in un ambiente libero e senza padroni, il cui principio è dal lontano 1989 di essere la voce di chi voce non ha.