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“Negli ultimi anni, la violenza contro gli operatori sanitari in Italia è diventato preoccupante e diffuso, attirando l’attenzione dell’opinione pubblica ed istituzioni. Questo problema non solo minaccia la sicurezza dei professionisti della salute, ma compromette anche il corretto funzionamento del sistema sanitario, con ripercussioni dirette sui pazienti e sulla qualità del servizio. La violenza contro i sanitari infatti si manifesta sotto diverse forme: aggressioni verbali, minacce, intimidazione e, nei casi più gravi, violenze fisiche. E sono le stesse cronache mediatiche a dimostrarlo, purtroppo. Inoltre, stando ai dati forniti dai sindacati e associazioni, gli episodi di violenza sarebbero addirittura in aumento. Questa violenza avviene nelle strutture ospedaliere e nei ps, ma anche in contesti ambulatoriali e domiciliari, rendendo difficile per i sanitari lavorare in un ambiente sicuro. Quali le cause? Sono molteplici e complesse: una delle principali è la crescente pressione sul sistema sanitario italiano, aggravato dalla pandemia Covid-19 che ha messo sotto stress i presidi sanitari ed ha esacerbato l’insoddisfazione dei pazienti. L’aumento dei tempi di attesa, la carenza di personale e le limitate risorse a disposizione sono ulteriori fattori scatenanti per i pazienti e i loro familiari, che sfogano la propria frustrazione sui sanitari, percepiti in maniera errata come i diretti responsabili del disservizio. Inoltre, la scarsa conoscenza del lavoro e del ruolo dei professionisti sanitari alimenta incomprensioni e conflitti. Come fermare dunque questa violenza? Il governo ha recentemente introdotto pene più severe per contrastare le aggressioni e con la nuova normativa viene istituita una aggravante specifica per le aggressioni contro il personale sanitario nell’esercizio delle loro funzioni. Altro aspetto innovativo è poi l’introduzione di protocolli di sicurezza nelle strutture sanitarie. Si tratta di misure preventive, come la presenza di forze dell’ordine nei pronto soccorso, l’installazione di telecamere di sorveglianza, volte a garantire la sicurezza degli operatori sanitari. Sia chiaro: tutto questo è certamente un passo avanti, ma da solo non è sufficiente. È necessario migliorare le condizioni di lavoro dei sanitari, incrementare le risorse pubbliche e promuovere una maggiore consapevolezza del ruolo degli operatori sanitari. Solo con un approccio integrato, che coinvolga istituzioni, professionisti e cittadini, sarà possibile arginare questa preoccupante deriva e garantire un ambiente di lavoro sicuro per chi si prende cura della salute pubblica”.
Così, in una nota, Carmela Tiso, portavoce nazionale del Centro Studi Iniziativa Comune.
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Classe ’82, giornalista pubblicista dal 2012, cronista di strada dal 2007, scrivo ormai da tempo di sport, politica, sociale e cultura. Attualmente collaboro con testate dei Castelli Romani e della Capitale, fornendo al contempo prestazioni e consulenze di comunicazione per numerose realtà territoriali, private e pubbliche. Laziale, teatrante, animale sociale, adoro viaggiare, conoscere e nutrirmi della diversità, del nuovo, dello sconosciuto.