La Dislessia: un viaggio nella comprensione dei DSA

La Dislessia: un viaggio nella comprensione dei DSA

05/09/2024 0 Di Giusy Andaloro

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di Giu­sy Anda­lo­ro

La disles­sia è una del­le prin­ci­pa­li mani­fe­sta­zio­ni dei Distur­bi Spe­ci­fi­ci del­l’Ap­pren­di­men­to (DSA), una con­di­zio­ne che riguar­da una par­te signi­fi­ca­ti­va del­la popo­la­zio­ne sco­la­sti­ca, sti­ma­ta intor­no al 3–4% dei bam­bi­ni nel­le scuo­le pri­ma­rie e secon­da­rie di pri­mo gra­do in Ita­lia. Nono­stan­te la sua inci­den­za, la disles­sia è anco­ra poco cono­sciu­ta e spes­so frain­te­sa, con riper­cus­sio­ni sul­la dia­gno­si, l’in­ter­ven­to e l’in­te­gra­zio­ne sco­la­sti­ca.

Cos’è la Disles­sia?
La disles­sia non è una malat­tia, né una con­di­zio­ne che riguar­da l’in­tel­li­gen­za, ma è lega­ta a dif­fi­col­tà spe­ci­fi­che nel leg­ge­re, scri­ve­re e com­pren­de­re il testo scrit­to. Que­ste dif­fi­col­tà non deri­va­no da defi­cit sen­so­ria­li, neu­ro­lo­gi­ci o psi­co­lo­gi­ci, ma da un’al­te­ra­zio­ne neu­ro­bio­lo­gi­ca. In par­ti­co­la­re, è coin­vol­ta una disfun­zio­ne nei grup­pi di cel­lu­le che si occu­pa­no del rico­no­sci­men­to del­le let­te­re e del­le paro­le. Que­sto signi­fi­ca che il bam­bi­no disles­si­co non rie­sce a svol­ge­re l’at­to del­la let­tu­ra in manie­ra auto­ma­ti­ca come avvie­ne per la mag­gior par­te del­le per­so­ne.

La Com­ples­si­tà dei DSA
Oltre alla disles­sia, i DSA com­pren­do­no la disor­to­gra­fia (dif­fi­col­tà nel rispet­ta­re le rego­le orto­gra­fi­che), la disgra­fia (pro­ble­mi nel­la scrit­tu­ra manua­le) e la discal­cu­lia (dif­fi­col­tà nel cal­co­lo e nel­la com­pren­sio­ne dei nume­ri). La spe­ci­fi­ci­tà dei DSA si rife­ri­sce al fat­to che que­sti distur­bi inte­res­sa­no un domi­nio pre­ci­so, come la let­tu­ra o il cal­co­lo, men­tre il fun­zio­na­men­to intel­let­ti­vo gene­ra­le del bam­bi­no rima­ne intat­to.
La disles­sia si mani­fe­sta con una let­tu­ra scor­ret­ta o len­ta, in cui il bam­bi­no può con­fon­de­re let­te­re o nume­ri (ad esem­pio, scam­bian­do 21 con 12), inver­ti­re let­te­re come “b” e “d”, o sosti­tui­re “m” con “n”. Oltre a que­ste carat­te­ri­sti­che, può veri­fi­car­si una dif­fi­col­tà nel­la com­pren­sio­ne del testo scrit­to, indi­pen­den­te­men­te dal­la cor­ret­tez­za e dal­la rapi­di­tà del­la let­tu­ra.

Dia­gno­si e Impat­to
Per poter dia­gno­sti­ca­re la disles­sia, è neces­sa­rio esclu­de­re altre cau­se come un bas­so quo­zien­te intel­let­ti­vo, dif­fi­col­tà psi­co­lo­gi­che o pro­ble­mi sen­so­ria­li. Quan­do un bam­bi­no disles­si­co leg­ge o scri­ve, impie­ga mol­te più ener­gie rispet­to ai coe­ta­nei, poi­ché non rie­sce a svol­ge­re que­ste atti­vi­tà in modo auto­ma­ti­co e fluen­te. Ciò por­ta rapi­da­men­te a stan­chez­za, erro­ri, ritar­di nel com­ple­ta­re i com­pi­ti e dif­fi­col­tà a man­te­ne­re il pas­so con la clas­se. L’effetto domi­no può por­ta­re a con­se­guen­ze psi­co­lo­gi­che, come una bas­sa auto­sti­ma e demo­ti­va­zio­ne.
Spes­so, la disles­sia è asso­cia­ta ad altri distur­bi, come dif­fi­col­tà nel­la scrit­tu­ra (disor­to­gra­fia o disgra­fia), nel cal­co­lo (discal­cu­lia) e per­si­no nel­le abi­li­tà moto­rie fini, come allac­ciar­si le scar­pe o man­te­ne­re la con­cen­tra­zio­ne. È que­sta ete­ro­ge­nei­tà che ren­de com­ples­sa la dia­gno­si e che sot­to­li­nea la neces­si­tà di un approc­cio per­so­na­liz­za­to per ogni bam­bi­no.

Dif­fi­col­tà nel­la Vita Quo­ti­dia­na
Le dif­fi­col­tà lega­te alla disles­sia non si limi­ta­no all’am­bi­to sco­la­sti­co. I bam­bi­ni disles­si­ci pos­so­no ave­re pro­ble­mi con la let­tu­ra del­l’o­ro­lo­gio, distin­gue­re la destra dal­la sini­stra o ricor­da­re infor­ma­zio­ni sequen­zia­li come i gior­ni del­la set­ti­ma­na. Spes­so appa­io­no disor­ga­niz­za­ti e fan­no fati­ca a copia­re dal­la lava­gna o a pren­de­re appun­ti dal­le istru­zio­ni ver­ba­li. Que­ste dif­fi­col­tà pos­so­no riper­cuo­ter­si nega­ti­va­men­te sul­le loro atti­vi­tà quo­ti­dia­ne, com­pro­met­ten­do la loro capa­ci­tà di adat­ta­men­to non solo sco­la­sti­co, ma anche socia­le e fami­lia­re.

L’Im­por­tan­za del Rico­no­sci­men­to e del­le Stra­te­gie Didat­ti­che
Rico­no­sce­re pre­co­ce­men­te le dif­fi­col­tà lega­te alla disles­sia è fon­da­men­ta­le per inter­ve­ni­re con effi­ca­cia. Le linee gui­da edu­ca­ti­ve e sani­ta­rie pon­go­no sem­pre mag­gio­re atten­zio­ne sul­la neces­si­tà di dia­gno­si tem­pe­sti­ve e sul­l’a­do­zio­ne di stra­te­gie didat­ti­che per­so­na­liz­za­te.
Come affer­ma il dot­tor Har­ry Cha­sty, psi­co­lo­go del­l’e­du­ca­zio­ne ingle­se, “Se non impa­ro nel modo in cui tu inse­gni, inse­gna­mi nel modo in cui io impa­ro”.
Que­sta fra­se sin­te­tiz­za un impor­tan­te prin­ci­pio del­l’e­du­ca­zio­ne inclu­si­va: ogni bam­bi­no ha un pro­prio modo di appren­de­re, e il siste­ma sco­la­sti­co deve esse­re fles­si­bi­le nel rispon­de­re a que­ste diver­si­tà.
È qui che entra in gio­co l’in­no­va­zio­ne didat­ti­ca: inse­gnan­ti e pro­fes­sio­ni­sti del set­to­re devo­no esse­re pron­ti a modi­fi­ca­re i loro meto­di per aiu­ta­re i bam­bi­ni disles­si­ci a espri­me­re tut­to il loro poten­zia­le. Stru­men­ti com­pen­sa­ti­vi, come l’u­so di soft­ware di let­tu­ra e scrit­tu­ra, map­pe con­cet­tua­li e sin­te­si voca­le, audio­vi­si­vi e piat­ta­for­me digi­ta­li, pos­so­no aiu­ta­re que­sti alun­ni a supe­ra­re le loro dif­fi­col­tà spe­ci­fi­che. Inol­tre, un ambien­te di appren­di­men­to posi­ti­vo e sup­por­ti­vo è essen­zia­le per far sì che il bam­bi­no si sen­ta accol­to e com­pre­so.

Con­clu­sio­ni
Nono­stan­te le dif­fi­col­tà, i bam­bi­ni disles­si­ci sono viva­ci, crea­ti­vi e intel­li­gen­ti. Quan­do rice­vo­no il giu­sto sup­por­to, pos­so­no otte­ne­re gran­di risul­ta­ti sia a livel­lo sco­la­sti­co che per­so­na­le. Rico­no­sce­re la disles­sia non signi­fi­ca solo for­ni­re una dia­gno­si, ma dare al bam­bi­no gli stru­men­ti per impa­ra­re in modo effi­ca­ce, adat­tan­do la didat­ti­ca alle sue esi­gen­ze. Que­sto rap­pre­sen­ta un cam­bia­men­to cul­tu­ra­le neces­sa­rio per supe­ra­re le bar­rie­re anco­ra pre­sen­ti nel­la scuo­la e nel­la socie­tà, ren­den­do l’in­clu­sio­ne non solo un obiet­ti­vo, ma una real­tà.

 

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