Europee, Prospettive Future: “Democrazia in crisi. Giorgia e Elly, i nuovi santi da pregare…”

Europee, Prospettive Future: “Democrazia in crisi. Giorgia e Elly, i nuovi santi da pregare…”

15/06/2024 1 Di Marco Montini

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“Nel­lo Sti­va­le i risul­ta­ti del­le ele­zio­ni sono visti sem­pre come una sor­ta di divi­na­zio­ne, un desti­no ine­vi­ta­bi­le o una con­dan­na per chi cer­ca di met­te­re in discus­sio­ne il vin­ci­to­re. O in que­sto caso, le due vin­ci­tri­ci: Elly e Gior­gia, i nuo­vi san­ti da pre­ga­re… c’è poco da fare, in tal sen­so: in Ita­lia l’interpretazione dei risul­ta­ti elet­to­ra­li si pre­sta a un ricor­ren­te equi­vo­co epi­ste­mo­lo­gi­co. I col­ti e gli incli­ti dell’accademia e del­la stam­pa, non meno che i cit­ta­di­ni comu­ni, ten­do­no natu­ral­men­te a inter­pre­ta­re il voto come la divi­na­zio­ne di un respon­so o, anco­ra meno lai­ca­men­te, a scor­ger­vi la rive­la­zio­ne del sen­so rea­le-razio­na­le del­la sto­ria e dell’ordine prov­vi­den­zia­le degli even­ti. Insom­ma, oggi pare scon­ta­to inter­pre­ta­re il voto ita­lia­no alle ele­zio­ni euro­pee come l’inveramento di un desti­no fata­le, come una mani­fe­sta­zio­ne emble­ma­ti­ca del­la non rifor­ma­bi­li­tà dei pro­ces­si (ir)razionali del nostro siste­ma demo­cra­ti­co: dun­que come un’imputazione o una con­dan­na per chiun­que si osti­ni vel­lei­ta­ria­men­te a met­ter in discus­sio­ne il vero spi­ri­to del­la nazio­ne. Un ragio­na­men­to socio-poli­ti­co, un con­te­sto cul­tu­ra­le che non sta né in cie­lo, ne in ter­ra. Sem­bra qua­si, infat­ti, che chiun­que vin­ca un’elezione in Ita­lia, abbia il dirit­to di con­si­de­rar­si e di esse­re rico­no­sciu­to come il Napo­leo­ne di Hegel: lo spi­ri­to del mon­do sedu­to su un caval­lo. Lo si fece pure con Gril­lo e Di Maio che vole­va­no apri­re il Par­la­men­to come una sca­to­let­ta di ton­no, o con il Sal­vi­ni trion­fan­te al Papee­te. Figu­rar­si con due don­ne di pote­re, più edu­ca­te, come Elly e Gior­gia. In que­sto qua­dro, per­tan­to, pare diven­ta impos­si­bi­le con­te­sta­re la Schlein di ave­re fat­to del Pd un par­ti­to di gra­do zero, che rinun­cia a esse­re qual­co­sa ma, essen­do tut­to e il con­tra­rio di tut­to, rie­sce a som­ma­re tut­ti i voti sen­za per­der­ne nes­su­no, anche se al costo di non esse­re più nul­la. O con­te­sta­re la Melo­ni per ave­re fat­to del Gover­no una trin­cea di oppo­si­zio­ne alla real­tà del­le cose e alla veri­tà dei fat­ti, e di gui­da­re un ese­cu­ti­vo che non è in gra­do di fare nul­la. Ma – que­sta è la mora­le del­la favo­la ita­li­ca – Melo­ni e Schlein han­no vin­to e quin­di avreb­be­ro ragio­ne. L’output del­la poli­ti­ca non è più il gover­no, ma le ele­zio­ni, che dovreb­be­ro rap­pre­sen­tar­ne in teo­ria solo l’input isti­tu­zio­na­le. Non con­ta­no le con­se­guen­ze pra­ti­che del­le cose che si fan­no, ma gli effet­ti di quel­le che si dico­no. Peral­tro sen­za accor­ger­si che è la stes­sa demo­cra­zia a per­de­re, come dimo­stra l’astensionismo dila­gan­te, che in occa­sio­ne del­le euro­pee ha supe­ra­to il 50percento. Ma la poli­ti­ca fa fin­ta di non vede­re, figlia del ser­vo enco­mio del­la gran­dez­za di qua­lun­que vin­ci­to­re”.

Così, in una nota, il fon­da­to­re del soda­li­zio “Ini­zia­ti­va 9 mag­gio”, Roc­co Tiso, e il por­ta­vo­ce nazio­na­le del comi­ta­to “Pro­spet­ti­ve Futu­re”, Atti­lio Arbia.

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