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Scuola: paritarie lasciate al covid-19
07/05/2020Questo articolo è stato letto 12522 volte!
… L’esigenza è che tra le molte criticità della odierna emergenza, le istituzioni tengano nella dovuta considerazione un settore importante come quello della scuola paritaria…
LA SCUOLA DIMENTICATA AI TEMPI DEL COVID-19
Il Coronavirus fa tornare d’attualità l’antica discriminazione tra scuole statali e paritarie. Nessuna (o quasi…) risposta concreta dalla politica
Di Giammarco Graziano
È noto a tutti come in Italia il sistema della istruzione pubblica sia diviso tra scuola statale e scuola paritaria. E come l’istituzione della scuola paritaria risalga all’alba del millennio, con la legge 62 del 2000, che tante speranze aveva suscitato in responsabili, docenti e presidi delle scuole aderenti al sistema dell’istruzione non statale. Tanto da essere salutata con un entusiasmo che purtroppo è andato spegnendosi nel tempo.
Tuttavia, nonostante l’inclusione a pieno titolo nel sistema dell’istruzione pubblica, peraltro avvenuta con estremo, colpevole ritardo rispetto ad altri Paesi dell’Unione Europa, ancora oggi la scuola paritaria è discriminata sul piano economico. E non solo.
È utile ricordare che la legge sulla parità scolastica si richiama alla risoluzione del Parlamento Europeo sulla libertà di scelta educativa dell’ormai lontano 1984, che sancisce come “il diritto alla libertà di insegnamento implica per sua natura l’obbligo per gli Stati membri di rendere possibile l’esercizio di tale diritto anche sotto il profilo finanziario, e di accordare alle scuole le sovvenzioni pubbliche necessarie allo svolgimento dei loro compiti e all’adeguamento dei loro obblighi in condizioni uguali a quelle di cui beneficiano gli istituti pubblici corrispondenti, senza discriminazione nei confronti degli organizzatori, dei genitori, degli alunni e del personale”.
Tale concetto è stato ribadito nel 2012, laddove richiama all’assioma per cui “il godimento effettivo del diritto all’educazione è una condizione preliminare necessaria affinché ogni persona possa realizzare ed assumere il suo ruolo all’interno della società. Per garantire il diritto fondamentale all’educazione, l’intero sistema educativo deve assicurare l’eguaglianza delle opportunità, ed offrire un’educazione di qualità a tutti gli allievi, con la dovuta attenzione non solo nel trasmettere il sapere necessario all’inserimento professionale e nella società, ma anche i valori che favoriscono la difesa e la promozione dei diritti fondamentali, la cittadinanza democratica e la coesione sociale”.
È evidente che nella attuazione delle risoluzioni europee del 1984 e del 2012 le autorità pubbliche, regionali e statali, rivestono un ruolo fondamentale nel garantire il diritto alla libertà educativa dei docenti, di conseguenza degli alunni.
Invece ci troviamo di fronte ad una situazione in cui i docenti, esercitando la professione nell’ambito che reputano più consono ed affine alle proprie peculiarità, nel doveroso e scrupoloso rispetto delle normative vigenti, non godono degli stessi diritti dei loro colleghi delle scuole statali. Uno squilibrio che rischia seriamente di estendersi all’utenza.
Nei Paesi europei, compresi i post comunisti, quanto legiferato dall’Unione è scontato, assodato e applicato da anni. In Italia, a causa di ideologie e propagande politiche degne di miglior causa, non si è riusciti ad attuare non solo una legge nazionale, ma neanche a recepire ed applicare quanto sancito e affermato in ambito europeo.
Ci troviamo nella paradossale situazione in cui scuole che svolgono un ruolo a tutti gli effetti pubblico, si sostengono esclusivamente mediante il pagamento delle rette dei propri iscritti. In una situazione di estrema emergenza come quella odierna, tale forma di sostentamento rischia seriamente di non essere più sufficiente. Non è un mistero per nessuno che molte famiglie, per comprovate difficoltà economiche, non riescono a far fronte ad alcuni pagamenti, quindi anche al saldo delle rette scolastiche. Il che in assenza di altre sovvenzioni, non può che avere serie ripercussioni sulla normale erogazione degli stipendi al personale docente e ATA.
È bene parlare chiaro, ciascuno si assuma le proprie responsabilità.
Il rischio di chiusura per molte scuole paritarie è concreto, e comporta l’ulteriore rischio che non solo gli alunni, ma anche i docenti e il personale ATA si riversino (o cerchino di farlo) in massa in un sistema delle scuole statali già saturo e in seria difficoltà dal punto di vista del personale e dell’edilizia scolastica, e non solo. Ma ad oggi, ad onta di proposte giunte da tutti gli schieramenti politici, dal PD alla Lega passando per Italia Viva, Forza Italia e Fratelli d’Italia, non si è ancora messo in atto nulla di realmente significativo e concreto per coadiuvare le scuole non statali, vittime, come molti altri, del COVID-19.
È bene ricordare che nel nostro Paese le scuole paritarie portano allo Stato un guadagno di diversi milioni di euro l’anno, sgravano il ministero competente non solo degli stipendi di personale docente e ATA, ma anche dei costi e della manutenzione delle strutture, oltre che delle spese per la didattica e per l’assistenza ad alunni con disabilità.
L’augurio, ma diremmo più correttamente l’esigenza è, pure tra le molte, pesanti, criticità della odierna emergenza, che le istituzioni tengano nella dovuta considerazione un settore importante come quello della scuola paritaria.
Un settore che se correttamente supportato dallo Stato, come peraltro è previsto dalle normative vigenti, può rappresentare ancora di più l’ideale sostegno ad una scuola pubblica oberata di problematiche, di cui avremo modo di occuparci, nell’ottica di un sano e costruttivo confronto, in altri, meno drammatici momenti.
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Classe 1992, prof per vocazione, curioso di natura, sportivo… ma solo sulla teoria! Da oltre un decennio ruoto intorno allo sport, in particolare nel settore pallavolo. Ho collezionato svariate esperienze lavorative, fra cui la preziosa collaborazione con Punto a Capo. Dal 2014 sono arbitro di pallavolo, dal 2017 dirigente sportivo e dal 2018 sono allenatore “diplomato” FIPAV e coordinatore/responsabile territoriale pallavolo US ACLI di Roma. Oltre lo sport le mie passioni ruotano intorno alla politica, alla storia e alla filosofia.