FNOPI: “L’Ocse conferma: in Italia carenza allarmante di infermieri”. Assistenza a rischio

FNOPI: “L’Ocse conferma: in Italia carenza allarmante di infermieri”. Assistenza a rischio

27/11/2018 0 Di Redazione

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L’Ocse con­fer­ma: il nume­ro di infer­mie­ri in Ita­lia per mil­le abi­tan­ti è tra i più bas­si dei 35 pae­si con­si­de­ra­ti nel nuo­vo Rap­por­to Health at a Glan­ce Euro­pe 2018 appe­na dif­fu­so, inte­gra­to con la ban­ca dati OECD Health Sta­ti­stics 2018: 5,6 che pone il nostro pae­se a set­te posti dal peg­gio­re (il Mes­si­co con 2,9) e ben lon­ta­no dal­la media Ocse di 9,4.

Al con­tra­rio, l’Italia è nona su 35 pae­si per il nume­ro di medi­ci ogni mil­le abi­tan­ti e così, la pro­por­zio­ne tra  infer­mie­ri e medi­ci che dovreb­be esse­re di tre infer­mie­ri ogni medi­co (nell’Ocse la media è 2,87), si fer­ma ine­so­ra­bil­men­te a 1,4, peg­gio­ran­do l’1,5 regi­stra­to l’anno pre­ce­den­te. E si par­la solo di medi­ci e infer­mie­ri atti­vi che svol­go­no cioè dav­ve­ro la pro­fes­sio­ne (sia in ospe­da­le che fuo­ri e nel pri­va­to).

“Già il rap­por­to tra infer­mie­ri dipen­den­ti e pazien­ti che per rive­lar­si otti­ma­le nell’assistenza dovreb­be esse­re di uno a sei – affer­ma Bar­ba­ra Man­gia­ca­val­li, pre­si­den­te del­la Fede­ra­zio­ne nazio­na­le degli Ordi­ni degli infer­mie­ri, FNOPI, la mag­gio­re in Ita­lia con i suoi oltre 440mila iscrit­ti -,  in Ita­lia è in media di 1 a 11 con pun­te fino a 17–18 e il rap­por­to con i medi­ci inve­ce di esse­re uno a tre si fer­ma a 1 a 2,5 anche in que­sto caso con pun­te che sfio­ra­no la pari­tà (1:1) e un rap­por­to cor­ret­to nel­le Regio­ni ben­ch­mark (ma non in tut­te le azien­de). Se guar­dia­mo l’ultimo dato Ocse ci si ren­de con­to che la mag­gio­re caren­za è pro­prio sul ter­ri­to­rio che fa abbas­sa­re i valo­ri medi, dove oggi la popo­la­zio­ne ha più biso­gno per l’aumento del­la cro­ni­ci­tà e del­la non auto­suf­fi­cien­za lega­to all’età sem­pre più avan­za­ta”.

L’Italia infat­ti ha exploit posi­ti­vi come quel­lo di esse­re tra i pri­mi pae­si – l’Ocse lo con­fer­ma — per aspet­ta­ti­va di vita: quar­ta dopo Giap­po­ne, Sviz­ze­ra e Spa­gna con 83,30 anni medi (81 per i maschi e 85,60 per le fem­mi­ne) e sem­pre in alta clas­si­fi­ca (ma va un po’ peg­gio come posi­zio­ne gene­ra­le) per l’aspettativa di vita a 65 anni.

“La FNOPI ha valu­ta­to da tem­po la neces­si­tà di alme­no 53mila pro­fes­sio­ni­sti infer­mie­ri e il  dato Ocse con­fer­ma la caren­za che sen­za un nuo­vo model­lo di assi­sten­za andrà a tota­le disca­pi­to dell’assistenza. Lo abbia­mo det­to chia­ro: la cro­ni­ci­tà e la demo­gra­fia in gene­re con l’incremento dell’età e del­la vita media, aumen­te­ran­no i biso­gni di assi­sten­za e gli infer­mie­ri non solo pos­so­no, ma devo­no esse­re mes­si in gra­do di espri­me­re il mas­si­mo del­le loro poten­zia­li­tà sia in ter­mi­ni quan­ti­ta­ti­vi che qua­li­ta­ti­vi. Un man­ca­to inter­ven­to oggi non avrà pos­si­bi­li­tà di esse­re ripa­ra­to doma­ni. Lo sce­na­rio da ricer­ca­re è quel­lo di una ‘tra­sfor­ma­zio­ne strut­tu­ra­le’ nell’organizzazione del lavo­ro con una cre­sci­ta pro­fes­sio­na­le degli infer­mie­ri che per­met­ta di allar­ga­re il loro peri­me­tro di azio­ne alleg­ge­ren­do il lavo­ro medi­co e con­sen­ten­do ai medi­ci stes­si di foca­liz­zar­si su aree di cura in cui fan­no real­men­te la dif­fe­ren­za”.

Anche lo stes­so Ocse lo ha più vol­te affer­ma­to: “Gli ita­lia­ni invec­chia­no e la doman­da di assi­sten­za sani­ta­ria sale. La popo­la­zio­ne ita­lia­na è una del­le più vec­chie al mon­do: qua­si il 20% supe­ra i 65 anni di età e nel 2050 cir­ca l’8% degli ita­lia­ni avrà più di 85 anni. Il siste­ma sani­ta­rio ita­lia­no, al momen­to, potreb­be non esse­re in gra­do di far fron­te ai cam­bia­men­ti, in par­ti­co­la­re per quan­to riguar­da il rin­no­vo e l’as­sun­zio­ne del per­so­na­le infer­mie­ri­sti­co”, E nel nuo­vo Rap­por­to dichia­ra che “gli infer­mie­ri svol­go­no un ruo­lo fon­da­men­ta­le nel for­ni­re assi­sten­za sani­ta­ria non solo negli ospe­da­li e negli isti­tu­ti di assi­sten­za a lun­go ter­mi­ne, ma sem­pre più anche nel­le cure pri­ma­rie e nel­le strut­tu­re di assi­sten­za domi­ci­lia­re”.

Un allar­me già rilan­cia­to anche dall’Organizzazione mon­dia­le del­la Sani­tà a set­tem­bre nel­la sua Assem­blea gene­ra­le: “L’Italia deve affron­ta­re un qua­dro di malat­tie cro­ni­che lega­te all’invecchiamento del­la popo­la­zio­ne che chie­do­no una rispo­sta assi­sten­zia­le com­ples­sa, proat­ti­va, per­so­na­liz­za­ta”. E per far­lo secon­do L’Oms deve rispon­de­re ad alcu­ne sfi­de tra cui oltre a difen­de­re meglio l’accesso uni­ver­sa­le all’assistenza, sen­za disu­gua­glian­ze, deve aumen­ta­re il nume­ro di infer­mie­ri.

“Man­ca­no pro­fes­sio­ni­sti quin­di, man­ca­no infer­mie­ri. A man­ca­re, però, è soprat­tut­to un serio ed equi­li­bra­to rap­por­to tra i pro­fes­sio­ni­sti che si rea­liz­zi attra­ver­so lo svi­lup­po del­le com­pe­ten­ze. Ma atten­zio­ne – con­clu­de Man­gia­ca­val­li -: una scel­ta oggi con­di­zio­na il futu­ro per i pros­si­mi 30 anni. Che sia quel­la giu­sta per il bene degli stes­si cit­ta­di­ni”.

 

 

 

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