Con Dino Rapo, Marino perde un pezzo importante della sua storia politica

Con Dino Rapo, Marino perde un pezzo importante della sua storia politica

24/09/2018 2 Di Francesca Marrucci

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L’editoriale

Con Dino Rapo, Marino perde un pezzo importante della sua storia politica

di Fran­ce­sca Mar­ruc­ci

Ho sapu­to ieri che Dino Rapo ci ha lascia­to. 
Dino non era cer­to una per­so­na che sareb­be potu­ta pas­sa­re inos­ser­va­ta in un con­te­sto come quel­lo mari­ne­se. 
Una per­so­na­li­tà uni­ca, appas­sio­na­ta, coe­ren­te ed estre­ma­men­te sve­glia che ho avu­to il pri­vi­le­gio di cono­sce­re già da ragaz­zi­na.
Ave­vo un’i­dea all’e­po­ca di Dino. 
Era l’i­dea dei socia­li­sti che ave­va­no un po’ tut­ti quel­li che fre­quen­ta­vo, ma soprat­tut­to era l’i­dea che in mol­ti ave­va­no su quan­ti si avvi­cen­da­va­no sul­la pol­tro­na di Pri­mo Cit­ta­di­no diret­ti dal­l’al­lo­ra capo indi­scus­so del PSI e del­l’in­te­ro pae­se, Giu­lio San­ta­rel­li.
Non era un’i­dea posi­ti­va, ovvia­men­te.
I miei pez­zi era­no sem­pre mol­to for­ti, cri­ti­ci, insom­ma non con­ce­de­vo nien­te alle giun­te san­ta­rel­lia­ne.
Quan­do Dino diven­ne Sin­da­co, mi man­dò a chia­ma­re, vole­va rila­scia­re un’in­ter­vi­sta esclu­si­va.
Incon­trai una per­so­na mol­to diver­sa dal­l’im­ma­gi­ne che cir­co­la­va negli ambien­ti poli­ti­ci. 
Dino era uno che se si pren­de­va una respon­sa­bi­li­tà, la por­ta­va a ter­mi­ne, non impor­ta­va se que­sto gli costas­se a livel­lo per­so­na­le.
Ave­va le sue idee su come fare il Sin­da­co, non vole­va esse­re diret­to da altri, nem­me­no dal Par­ti­to. 
E le sue idee non era­no male.
Fu lui a spie­gar­mi quan­to un Sin­da­co pos­sa esse­re impo­ten­te se i dipen­den­ti comu­na­li e di con­se­guen­za la mac­chi­na comu­na­le lo boi­cot­ta­no. Un par­ti­co­la­re di estre­ma impor­tan­za che chi non è avvez­zo alle stan­ze di Palaz­zo Colon­na dif­fi­cil­men­te coglie.
Mi illu­strò vari pro­get­ti in quel­la sede.
‘Roba pic­co­la, ma che ser­ve alla gen­te,’ mi dis­se. ‘Qui par­lia­mo sem­pre di gran­di nume­ri, di roba che alla gen­te non fre­ga nien­te. Alla gen­te ser­ve di vive­re bene sto pae­se tut­ti i gior­ni!’ 
E nono­stan­te tut­te le dif­fi­col­tà, in pochi mesi mise a segno del­le miglio­rie che anda­va­no ad inci­de­re sul­la quo­ti­dia­ni­tà, come quel­la del mar­cia­pie­de davan­ti alla SS Tri­ni­tà, che anco­ra oggi rima­ne fon­da­men­ta­le.
Mi col­pì la sua sin­ce­ri­tà, irri­tua­le per le poli­ti­ca del perio­do, inop­por­tu­na per quel­la suc­ces­si­va, la sua vee­men­za, la sua con­vin­zio­ne e il corag­gio di met­ter­si con­tro mec­ca­ni­smi olia­ti in cui ave­va comun­que avu­to una par­te impor­tan­te fino a quel momen­to e anche dopo. 
Mi spie­gò lui tan­ti mec­ca­ni­smi del­la poli­ti­ca mari­ne­se, in quel fran­gen­te e anche suc­ces­si­va­men­te, che si ripe­to­no ancor oggi come sche­mi fis­si. 
Mi spie­gò lui che la spe­ran­za e la voglia di fare meglio, sì che van­no bene, ma biso­gna anche sta­re con i pie­di per ter­ra e stu­dia­re stra­te­gie adat­te al mate­ria­le uma­no che si ha a dispo­si­zio­ne. 
Il rap­por­to da allo­ra non fu mai con­flit­tua­le, anzi, nono­stan­te mi abbia fat­to cre­do 3 o 4 que­re­le (poi tut­te riti­ra­te), c’è sem­pre sta­to un rap­por­to cor­dia­le tra noi e spes­so mi han­no det­to che par­la­va mol­to bene di me e que­sto mi com­muo­ve­va sem­pre.
Ricor­do una mat­ti­na (avrò avu­to 20 anni) che mi tele­fo­nò a casa per dir­mi che mi ave­va dovu­to que­re­la­re per for­za per­ché la moglie, leg­gen­do un mio edi­to­ria­le che lo attac­ca­va, era sve­nu­ta. Era un po’ una par­te che in quel perio­do face­va par­te del rap­por­to poli­ti­ca-gior­na­li e che Dino incar­na­va in modo dav­ve­ro pecu­lia­re, il suo modo.
‘A Fran­cè, lo dove­vo a mi’ moje, capi­sci no? Quel­la è sve­nu­ta, sta­mat­ti­na. Tan­to poi nun me pre­sen­to, tran­quil­la.”
Era un gran­de Dino, auten­ti­co, sim­pa­ti­co, vera­ce e uni­co in una poli­ti­ca d’al­tri tem­pi, con altre rego­le, con altri sche­mi, con altre sto­rie.
Ho fat­to teso­ro del suo piglio diret­to e disin­can­ta­to, del­la sua prag­ma­ti­ci­tà e del modo di con­si­de­ra­re le situa­zio­ni, cer­can­do sem­pre il lato meno nega­ti­vo. 
A tan­ti par­rà stra­no, ma Dino Rapo è sta­to uno dei poli­ti­ci mari­ne­si che mi ha inse­gna­to di più, pur venen­do da un ambi­to più mode­ra­to di quel­lo che mi ha poi carat­te­riz­za­to, anche per­ché tra i socia­li­sti ci sono cre­sciu­ta, visto che la loro sezio­ne ospi­ta­va la reda­zio­ne del pri­mo gior­na­le con cui ho col­la­bo­ra­to, a 15–16 anni.
Devo tan­to a Dino e gli vole­vo dav­ve­ro bene. 
È brut­to per­de­re un’al­tra pie­tra milia­re di que­sto pae­se e l’u­ni­ca con­so­la­zio­ne sono pro­prio i tan­ti inse­gna­men­ti che ha lascia­to a me e a noi tut­ti.
Sono vici­na alla fami­glia e man­do un gran­dis­si­mo abbrac­cio ai figli che san­no di aver avu­to un gran­de padre. 

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