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L’Opinione di Coriolano Giorgi. Le primarie americane. Le prime volte e la fine nei nomi dei candidati
20/04/2016Questo articolo è stato letto 8398 volte!
L’Opinione di Coriolano Giorgi.
Le primarie americane. Le prime volte e la fine nei nomi dei candidati.
“Se vince Hillary è la prima volta di una donna, se vince Bernie è la prima volta di un ebreo, se vince Cruz è la prima volta di un canadese, se vince Rubio è la prima volta di un cubano, se vince Trump finiscono gli Stati Uniti”. Battuta ricorrente negli Stati Uniti.
Su segnalazione della brava Francesca Marucci, mi è stato evidenziato, l’evento organizzato dal Think Tank Trinità dei Monti, dal titolo: “Trump e le primarie del 2016. Tra mito e realtà”, conoscendo la mia passione per la politica americana in particolare per le primarie. Il presidente di questo Think Tank, Pierluigi Testa, ne ha parlato con l’analista, giornalista americano Andrew Spannaus, fondatore di Transatlantico.info.
Nella splendida cornice al secondo piano dell’Hotel Palazzeto in Vicolo del Bottino 8, a due passi da Piazza di Spagna, in un giardino bellissimo interno, si è svolto questo incontro-evento. Atmosfera da “Grande Bellezza”, tra muri romani e Rinascimento, molti esponenti americani ospiti nel nostro Paese, signore e signori della borghesia romana colta e internazionalizzata. In uno splendido e forbito italiano, Albert Spannaus ci ha spiegato quello che ribolle nella grande pancia americana, in particolare della crisi del ceto medio americano, in via di proletarizzazione, della rivolta delle masse contro le élite, degli enormi punti di contatto nella sostanza delle cose, al di là delle ‘sparate’ sull’immigrazione ispanica in quel grande Paese, tra Donald Trump e Bernie Sanders, il candidato “socialista democratico” in contrapposizione ad Hillary Clinton.
Spannaus ci ha illustrato la perdita del potere di acquisto del ceto medio americano fermo ai livelli di 30 anni fa, aspetto che riguarda circa la metà dei lavoratori americani, e sulla tenuta del sistema nel suo insieme. Nonostante la disoccupazione sia il 5% dell’intera forza lavoro, si tratta di lavori estremamente precari e con un potere di acquisto ai livelli per l’appunto di 30 anni fa. In sostanza, più che la ‘società dei due terzi’, prevista dal sociologo francese Alain Touraine trent’anni fa, è la ‘società della metà’. Dei 320 mln di abitanti negli USA, 150 mln stanno abbastanza bene e circa il 10% della popolazione ha visto aumentare il proprio potere di acquisto, contro gli altri 120–150 mln, che hanno visto peggiorare le loro aspettative di vita economica e sociale.
Si è parlato dei rapporti tra Hillary Clinton e Wall Street, dei tre interventi dell’ex First Lady presso la banca d’affari Goldamn Sachs, pagati con un corrispettivo di 625.000 dollari, degli attacchi di Bernie Sanders per la pubblicazione di questi interventi e dell’imbarazzo di Hillary, del ruolo svolto dalla ex Consigliere di Stato nella guerra in Libia.
Si è parlato di Trump e Sanders, comunque due outsider, il primo odiato dall’establishment repubblicano, il secondo indipendente del Partito Democratico, entrambi comunque espressione del disagio americano.
Spannaus ci ha spiegato come oltre il 60% dei giovani elettori americani voti Sanders e del perché, i nuovi attivisti dei circoli delle minoranze etniche pur votando Sanders, non riescono a coinvolgere il resto delle minoranze sul vecchio socialista, questo perché i loro capi hanno sviluppato una serie storica di rapporti politici con la famiglia Clinton negli ultimi vent’anni.
Si è parlato dell’importanza della questione demografica e del mutamento della società americana passata dal tradizionale WASP (White Anglo-Saxon Protestant, bianco di origine anglosassone e di religione protestante), con la quale vengono indicati negli Stati Uniti i discendenti dei primi immigrati anglosassoni nel New England, rappresentanti della cultura egemone e del potere reale nel paese, all’aumentato peso delle minoranze, in particolare di origine ispaniche.
Il disagio dell’operaio bianco americano è interpretato comunque più da Donald Trump, che non da Sanders, perché è opinione comune nell’operaio americano che grazie al trattato NAFTA, tra Canada, Usa e Messico, le lavorazioni vengono trasferite in Messico, dove il costo della manodopera è inferiore a quella americana, poi si continua a far entrare immigrati negli USA, dove abbasseranno ulteriormente il costo orario del lavoro. Osservazione magari semplicistiche, ma sentite da chi vive sulla propria pelle il peso della Grande Recessione Economica. “Perché gli USA devono sostenere con il peso di trilioni di dollari americani, il costo della NATO e non investire i soldi risparmiati nel Paese”.
Nella storia politica europea del XX secolo appena trascorso, la crisi del ceto medio ha avuto sbocchi tragici, con il fascismo italiano ed il nazismo tedesco, l’attuale crisi del ceto medio europeo ed i suoi sbocchi politici verso formazione politiche di destra o sinistra estrema apparentemente sono similari con quanto sta avvenendo negli USA, tuttavia guardando dentro non sembra, primo perché Trump non è di destra, molto più a destra ad esempio è Ted Cruz, uomo dell’apparato repubblicano, e Sanders più che comunista, propone ricette autenticamente roosveltiane, cosa che non accadeva negli USA da 40 anni, lo stesso Obamacare se da un lato ha cercato di estendere le basi dell’assistenza sanitaria, dall’altro ha anche tagliato.
Trattati commerciali, politica estera, welfare state, su questi temi quello che si può dire è che tanto Trump che Sanders stanno a sinistra della Clinton.
Spannaus ci ha anche spiegato come funzionano le primarie dentro i singoli partiti, da un sistema proporzionale dentro il Partito Democratico di delegati da assegnare, ma con un peso dell’apparato pari a circa 800 delegati, al sistema ” Winner Takes All”, chi vince prende tutto, del partito repubblicano, nel grosso degli Stati.
Ad Hillary per ottenere la nomination democratica servono 2834 delegati al momento ne ha 1776, Bernie 1125. Probabilmente vincerà lei, ma tutto dipende dal voto di quest’oggi nello stato di New York, soprattutto con chi si schiererà la potente senatrice democratica del Massachusetts, Elizabeth Warren, la quale, almeno fino ad ora, non si è schierata apertamente con la Clinton e recentemente ha pure affermato che in caso di sconfitta a New York il senatore del Vermont dovrebbe continuare fino alla fine.
Sara difficile per Trump raggiungere il numero magico dei 1237 delegati necessari per ottenere la candidatura alla mega convention di Cleveland, ha tutti contro. Se Cruz riuscirà a non fargli superare la soglia magica, si fanno sempre più consistenti l’ipotesi di una “Broken Convention”. In questo caso, a Cleveland al primo voto tutti i delegati voteranno per il delegato prestabilito, se non ci saranno i voti di maggioranza, si opterà per un nuovo candidato.
Nei giorni scorsi si era vociferato di Jonny Kasich il governatore dell’Ohio, ma sembra abbastanza difficile poi che i due candidati repubblicani Trump e Cruz, possano accettarlo, così come la candidatura eventuale di Mitt Romney, già sconfitto da Obama nelle precedenti elezioni presidenziali.
Si è verificato solo una volta che un candidato presidenziale sconfitto si sia ripresentato: Richard Nixon che, sconfitto da Kennedy, vinse poi alle presidenziali del 1968. Fatto sta comunque che questa partita non è ancora finita e che Ted Cruz, si sta “comprando” i delegati di Trump.
È seguito un bel dibattito, articolato. Purtroppo le uniche domande a cui l’ottimo analista non è stato in grado di rispondere, sono state le mie, sulla posizione di Donald Trump, sulla questione arabo-israeliana e sugli uomini e le donne componenti il proprio staff. La posizione è sostanzialmente “berlusconiana”: Trump dice che è un uomo d’affari e il suo ruolo è quello di negoziatore e che riuscirà a mettere d’accordo le parti e per quanto riguarda il suo staff, saranno quelli di sua fiducia, provenienti dal mondo degli affari, come la prima Forza Italia.
Questo ultimo aspetto mi ha lasciato un poco perplesso, perché credo poco che i Poteri Forti, possano accettarlo.
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