L’Opinione. Giorni della Memoria 2014 di Ivano Ciccarelli

L’Opinione. Giorni della Memoria 2014 di Ivano Ciccarelli

20/02/2014 0 Di Redazione

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voltiGior­ni del­la Memo­ria 2014

tre  Don­ne

a Raven­sbrück

-  a cura di Iva­no Cic­ca­rel­li  -

“alle­na­re la memo­ria e il cer­vel­lo è un mez­zo per resi­ste­re”

(Lidia Bec­ca­ria Rol­fi)

“i macel­lai nazi­sti non han­no la ‘gran­dez­za’ dei demo­ni: sono dei tec­ni­ci, si somi­glia­no e ci somi­glia­no”

(Han­nah Arendt)

Quel­lo che segue è un col­la­ge dedi­ca­to alla memo­ria del­le Don­ne tede­sche, polac­che, ceco­slo­vac­che, rume­ne, gre­che, fran­ce­si, bel­ghe, olan­de­si ed ita­lia­ne depor­ta­te, schia­viz­za­te, tor­tu­ra­te ed ucci­se nel pri­mo cam­po di ster­mi­nio per sole don­ne rea­liz­za­to dai nazi­sti a Raven­sbrück. Don­ne accu­sa­te di esse­re ebree, comu­ni­ste, socia­li­ste, reli­gio­se, zin­ga­re, lesbi­che. Tut­te, a modo loro, si oppo­se­ro o non col­la­bo­ra­ro­no alla bar­ba­rie nazi­sta del seco­lo scor­so.

Un col­la­ge com­po­sto da bra­ni trat­ti dal­le testi­mo­nian­ze di tre Don­ne:

Olga Benà­rio

in Pre­stes. Ebrea, comu­ni­sta, già atti­va nel­la Resi­sten­za a Ber­li­no; cat­tu­ra­ta in Bra­si­le sul fini­re del 1936, fu con­se­gna­ta dal regi­me di Var­gas alle SS; arri­vò a Ber­li­no incin­ta di cin­que mesi, così che nel­la pri­gio­ne fem­mi­ni­le del­la Gesta­po nac­que Ani­ta; allat­ta­ta per i pri­mi sei mesi, gli fu poi tol­ta ed affi­da­ta alla non­na pater­na; inter­na­ta nel lager di Lich­ten­burg, poi è tra le pri­me a Raven­sbrück dove restò per 6anni, morì che ne ave­va 34, nel feb­bra­io 1942 in una came­ra col­let­ti­va a gas di Bern­burg.

 

 

Lidia Bec­ca­ria

in Rol­fi. (Mon­do­vì, 08.04.1925 — 17.01.1996), figlia di con­ta­di­ni, a 18anni con­tri­buì alla Resi­sten­za, l’anno dopo, nel 1944, fu arre­sta­ta e depor­ta­ta a Raven­sbrück assie­me ad altre tre­di­ci don­ne. Rima­se nel Lager sino al 26 apri­le 1945. Da don­na libe­ra, in Ita­lia, inse­gnò nel­le scuo­le e diven­ne scrit­tri­ce. Testi­mo­ne con­tro ogni nega­zio­ni­smo e cri­ti­ca con­tro chi iden­ti­fi­ca­va la Resi­sten­za nel­la sola espe­rien­za del­la lot­ta arma­ta.

 

 

Maria Ara­ta

in Mas­sa­riel­lo. (Mas­sa Car­ra­ra 14.12.1912 — Mila­no 12.02.1975) da gio­va­ne col­la­bo­rò alla Resi­sten­za rac­co­glien­do fon­di per i par­ti­gia­ni del mila­ne­se e pro­cu­ran­do docu­men­ti fal­si per ebrei e anti­fa­sci­sti. Nel luglio del 1944 vie­ne arre­sta­ta ed invia­ta dal­le SS a Raven­sbrück, libe­ra­ta nell’aprile del 1945 dal­le trup­pe sovie­ti­che. Da don­na libe­ra inse­gna nei licei. Poco pri­ma di mori­re ter­mi­nò il suo libro di ricor­di, tra­dot­to nel 2005 anche in tede­sco.

I luo­ghi:

Raven­sbrück,

pri­mo Frauen­kon­zen­tra­tion­sla­ger. Situa­to sul­la riva di un lago a nord di Ber­li­no. Aper­to nel 1938, nel 1939 furo­no atti­va­ti 4 labo­ra­to­ri per la ‘vivi­se­zio­ne uma­na’;      — solo qui - furo­no inter­na­te ed imma­tri­co­la­te 130mila Don­ne — solo qui - 92mila furo­no ster­mi­na­te. Fu chiu­so dall’esercito rus­so nel 1945.

 

Bern­burg,

vil­lag­gio a sud di Ber­li­no e sede di un noso­co­mio psi­chia­tri­co. Himm­ler nel 1939 lo tra­sfor­mò in labo­ra­to­ri per la vivi­se­zio­ne uma­na e spe­ri­men­ta­zio­ne del­le pri­me ‘…came­re a gas per mor­te col­let­ti­va col­le­ga­te ad alto­for­ni per l’incenerimento dei cor­pi…’; in quat­tro anni di atti­vi­tà — solo qui — spa­ri­ro­no più di 30mila depor­ta­ti, in pre­va­len­za ebree, comu­ni­ste, reli­gio­se e bam­bi­ni Rom pro­ve­nien­ti da Raven­sbrück. Fu chiu­so dal­le trup­pe Allea­te nel 1945.

Olga, Lidia e Maria a Raven­sbrück

Olga l’ingresso del cam­po è stret­to tra un bosco di piop­pi e un lem­bo del lago che sem­bra voler inva­de­re l’area edi­fi­ca­ta. A sini­stra, su uno spiaz­zo soprae­le­va­to, ci sono case e allog­gi in mura­tu­ra per uffi­cia­li del­la Gesta­po, medi­ci e infer­mie­re del­le SS. Alli­nea­ti ai lati, 6 bloc­chi nei qua­li abi­ta­no 600 sol­da­ti del­le SS. Sul­lo stes­so lato, altri 12 capan­no­ni ospi­ta­no il cani­le, l’arsenale e i magaz­zi­ni. A cin­que­cen­to metri da lì, a destra dell’entrata, sul­la par­te pia­neg­gian­te dell’area, c’è il cam­po di con­cen­tra­men­to: 60 enor­mi padi­glio­ni in legno costrui­ti sim­me­tri­ca­men­te uno dopo l’altro; 5 barac­che mol­to più pic­co­le, sem­pre di legno e costrui­te più tar­di per i depor­ta­ti maschi; 20 barac­co­ni in mura­tu­ra dove la Sie­mens gesti­sce i labo­ra­to­ri desti­na­ti ai beni per la guer­ra nazi­sta pro­dot­ti da mano­do­pe­ra reclu­ta­ta tra noi depor­ta­te. Il Frauen­kon­zen­tra­tion­sla­ger ter­mi­na con 13 came­ra­te in legno dove le SS ten­go­no iso­la­ti i bam­bi­ni divi­si dal­le madri, pre­va­len­te­men­te Rom depor­ta­ti o cat­tu­ra­ti duran­te i rastrel­la­men­ti. Sul sen­tie­ro tra l’entrata prin­ci­pa­le e i padi­glio­ni del­le don­ne c’è il ‘bun­ker’, uni­co edi­fi­cio in mura­tu­ra a due pia­ni, dove ci inter­ro­ga­no, ci iso­la­no e ci tor­tu­ra­no

Lidia …nes­su­na per­so­na nor­ma­le può imma­gi­na­re l’aspetto del cam­po di con­cen­tra­men­to di Raven­sbrück, un luo­go con­ce­pi­to, stu­dia­to e strut­tu­ra­to appo­sta per vio­len­ta­re la per­so­na, per umi­liar­la, per distrug­ger­la, per ren­der­la bestia…

Olga …arri­vai a Raven­sbrück con le pri­me 900 pri­gio­nie­re; ci fece­ro alli­nea­re nel cor­ti­le; ci rapa­ro­no tut­te a zero; un uffi­cia­le ci chia­mò una ad una con­se­gnan­do­ci divi­se a stri­sce gri­gie e blu e fasce con trian­go­li nume­ra­ti. Sia­mo clas­si­fi­ca­te dal colo­re del trian­go­lo: azzur­ro per stra­nie­re, immi­gra­te e apo­li­di; vio­la per le testi­mo­ni di Geo­va; ver­di per le comu­ni; neri per zin­ga­re, lesbi­che e mala­te di men­te; io e le altre ebree, ne rice­vem­mo uno in più di color gial­lo in modo che, dal­la sovrap­po­si­zio­ne capo­vol­ta di uno dei trian­go­li, si otte­ne­va la stel­la di David…

 Maria …il 30 giu­gno 1944 arri­va­ro­no le pri­me depor­ta­te ita­lia­ne: 14 don­ne, tra i sedi­ci e i cinquant’anni, pro­ve­nien­ti dal­le Car­ce­ri Nuo­ve di Tori­no. Tra loro Lidia Bec­ca­ria Rol­fi che ave­va matri­co­la 44140 e Anna Cher­chi matri­co­la 44145…

Olga …mol­te di noi, a sca­glio­ni, comin­cia­ro­no a par­ti­re su dei gros­si pull­man blu. Dopo un po’ tor­na­va­no indie­tro solo gli indu­men­ti pesan­ti, giac­che gon­ne e cap­pot­ti che ci ordi­na­va­no di redi­stri­bui­re alle nuo­ve arri­va­te. Tut­te ci chie­de­va­mo: dove spa­ri­va­no que­ste don­ne? Ci orga­niz­zam­mo e quel­le che era­no d’accordo, por­ta­ro­no con se pez­zet­ti di mati­ta e fogliet­ti di car­ta su cui scri­ve­re i luo­ghi rico­no­sciu­ti duran­te il tra­git­to e che avreb­be­ro poi infi­la­to in un buchet­to pra­ti­ca­to negli orli di gon­ne o cap­pot­ti. Dopo mesi riu­scim­mo ad inter­cet­ta­re qual­che fogliet­to, por­ta­va­no tut­ti lo stes­so nome: Bern­burg…

 Lidia …il lavo­ro nel cam­po ini­zia nel momen­to in cui le depor­ta­te ven­go­no sve­glia­te dal­la sire­na del cam­po e dura per tut­to il gior­no, inter­rot­to sol­tan­to dal­la lun­ga ceri­mo­nia dell’appello e dal­le bre­vi pau­se per i pasti. La situa­zio­ne è anco­ra piu dif­fi­ci­le per chi, come me, è una ‘ver­füg­bar’, cioè una ope­ra­ia dispo­ni­bi­le. Sono sta­ta ver­füg­bar per i pri­mi cin­que mesi di pri­gio­nia, in pra­ti­ca una ver­füg­bar è un cor­po reclu­ta­bi­le per lavo­ri mas­sa­cran­ti e inu­ti­li; sca­va­re fos­se, sca­ri­ca­re bat­tel­li sul lago, affre­sca­re vago­ni, tagliar legna, puli­re le fogne ecc. ecc…

Olga …per non impaz­zi­re nei pen­sie­ri ho tro­va­to il modo di scol­pi­re degli scac­chi nel­la mol­li­ca che, col tem­po, raci­mo­lai nel­la men­sa del­la Sie­men­sla­ger dove ci dan­no il pane di sega­le (…) con la fib­bia dei san­da­li ho graf­fia­to una scac­chie­ra sul­le tavo­le del dor­mi­to­rio e, gio­can­do, ingan­no il tem­po, non pen­so. Fui sco­per­ta e puni­ta…

 Lidia …per poter soprav­vi­ve­re a Raven­sbrück, occor­re­va sali­re di alme­no un gra­di­no la sca­la socia­le, occor­re­va affran­car­si dal­la con­di­zio­ne di sot­to­pro­le­ta­rie e diven­ta­re ope­ra­ie; soprav­vi­ve­re signi­fi­ca lavo­ra­re nel Sie­men­sla­ger, den­tro una fab­bri­ca, con ora­ri di lavo­ro anche di 14 ore, un tet­to sopra la testa e pasti miglio­ri. Per que­sto un gior­no ho ruba­to una divi­sa a righe indi­spen­sa­bi­le per lavo­ra­re in fab­bri­ca…

Olga …nel gen­na­io 1940 in un solo gior­no la popo­la­zio­ne rad­dop­piò. Da Polo­nia, Austria e Ceco­slo­vac­chia sono arri­va­te 2940 don­ne. Qual­che mese dopo ven­ne Himm­ler per pas­sa­re in ras­se­gna il cam­po, il rice­vi­men­to fu alle­sti­to col mas­si­mo rigo­re. Men­tre Himm­ler pas­sa­va in ras­se­gna le trup­pe, da una barac­ca mai iden­ti­fi­ca­ta e in per­fet­ta lin­gua tede­sca, echeg­giò: Hein­ricch Himm­ler non sei altro che un pede­ra­sta assas­si­no!! Himm­ler finì la ras­se­gna, salì sull’enorme Daim­ler-benz nera e andò via col suo segui­to. Quan­do spa­rì le SS anda­ro­no in com­ple­ta iste­ria, assa­li­ro­no le barac­che, ci fece­ro usci­re nude sul­la neve ma nes­su­no con­fes­sò. Io, per­ché oltre che tede­sca e comu­ni­sta, anche ‘jüdin’, ed altre, fum­mo puni­te per un mese inte­ro nei sot­ter­ra­nei del bun­ker…

 Maria …dopo di loro altre depor­ta­te arri­va­ro­no a Raven­sbruck. Un tra­spor­to di 45 don­ne il 5 ago­sto, da Vero­na, con pri­gio­nie­re pro­ve­nien­ti anche da Fos­so­li di Car­pi. Tra que­ste depor­ta­te, Nel­la Baron­ci­ni matri­co­la 49553, con le sorel­le Ange­li­na, Iole e la madre Tere­sa. Un altro tra­spor­to arri­vò l’11 otto­bre da Bol­za­no. Il nume­ro del­le depor­ta­te ita­lia­ne è sti­ma­to in 110. Tra loro Mirel­la Stan­zio­ne matri­co­la 77415 con la madre e Bian­ca Paga­ni­ni matri­co­la 77399 con la madre Ame­lia e la sorel­la…

 Olga …dal­la men­sa del­la Sie­men­sla­ger io e Kate, un’olandese, ruba­va­mo fet­te di pane e mar­ga­ri­na che incar­ta­va­mo in fogli dove scri­ve­va­mo mes­sag­gi o poe­sie, i pac­chet­ti­ni li por­ta­va­mo di not­te alle don­ne trat­te­nu­te in infer­me­ria per gli ‘espe­ri­men­ti’, ci sco­pri­ro­no e fum­mo puni­te…

 Lidia …una mat­ti­na all’appello mi sono intru­fo­la­ta nel­le colon­ne del­le ope­ra­ie sta­bi­li ma ven­ni imme­dia­ta­men­te sco­per­ta dal­le SS e fui sal­va­ta da una depor­ta­ta ceco­slo­vac­ca che mi rac­co­man­dò al capo del per­so­na­le del­la Sie­mens e non fui nean­che puni­ta. Il gior­no dopo all’appello fui chia­ma­ta tra le ope­ra­ie del­la ‘Kolon­ne­Sie­mens’, lo ero diven­ta­ta a tut­ti gli effet­ti e lo devo ad una ceco­slo­vac­ca che nean­che cono­sce­vo.

Olga …le uni­che noti­zie dall’esterno giun­ge­va­no con le nuo­ve depor­ta­te che di vol­ta in vol­ta arri­va­no a Raven­sbrück (…) per fis­sar­le, così da ave­re un mini­mo di cogni­zio­ne su come avan­za­va l’occupazione nazi­sta e come si orga­niz­za­va­no Resi­sten­za e Allea­ti, con altre don­ne ci riu­ni­va­mo di not­te, ognu­na por­ta­va noti­zie che rac­co­glie­va ovun­que nel cam­po, poi con la mati­ta si tra­scri­ve­va­no su dei car­ton­ci­ni ruba­ti negli uffi­ci del­la Sie­men­sla­ger rita­glia­ti e ricol­lo­ca­ti su di un ‘atlan­te’ com­po­sto a memo­ria (…) una spia­ta ripor­tò alle SS del­le nostre riu­nio­ni e mi indi­ca­ro­no come respon­sa­bi­le, cer­ca­ro­no l’atlante che Kate sal­vò sot­to le vesti. Fui di nuo­vo puni­ta in iso­la­men­to per tre set­ti­ma­ne…

 Maria …la pri­ma vit­ti­ma ita­lia­na fu la madre di Marian­na Mur­ri – anch’essa depor­ta­ta­ta a Raven­sbruck da Roma — mor­ta nell’inverno 1944 di pol­mo­ni­te…

 Olga …gli ‘espe­ri­men­ti’ li con­du­co­no su don­ne sele­zio­na­te a caso per ‘segui­re lo svi­lup­po del bacil­lo del teta­no’, degli sta­fi­lo­coc­chi e del­le malat­tie vene­ree del­le don­ne. Le inie­zio­ni ven­go­no pra­ti­ca­te sul­le gam­be per pro­vo­ca­re infe­zio­ni, poi, nel­le pia­ghe, intro­du­co­no scheg­ge di legno e fer­ro. Sen­za ane­ste­sia per non ‘com­pro­met­te­re il carat­te­re scien­ti­fi­co degli espe­ri­men­ti’. Ad altre scam­bia­no e tra­pian­ta­no gli arti. Quan­do arri­va­ro­no gli uomi­ni, comin­cia­ro­no anche con loro, espo­nen­do i testi­co­li ai rag­gi X, poi aspor­ta­ti per esa­mi­nar­li. Qual­che ‘cavia’ soprav­vi­ve, la mag­gior par­te no…

 Maria …altri cin­que tra­spor­ti arri­va­ro­no dall’Italia, da Trie­ste e da Bol­za­no. Le depor­ta­te ita­lia­ne arri­va­ro­no in un momen­to par­ti­co­la­re, pro­prio quan­do il cam­po era nel caos più tota­le e estre­ma­men­te popo­la­to. Ven­ne­ro desti­na­te a lavo­ri sal­tua­ri nei ‘kom­mand’ ester­ni, alla costru­zio­ne del nuo­vo lager desti­na­to alle ope­ra­ie del­la Sie­mens, a taglia­re legna, a costrui­re ter­raz­za­men­ti, a spa­la­re car­bo­ne, a tira­re il rul­lo spia­na­to­re…

 Olga …le puni­zio­ni con­si­sto­no in soste più e meno pro­lun­ga­te, nel­le cel­le del bun­ker dove, duran­te gli inter­ro­ga­to­ri o nel­le cel­le le SS ci basto­na­no, oppu­re ci fru­sta­no sul ‘prü­gel­bock’, una sor­ta di sga­bel­lo di legno con pia­no supe­rio­re con­ca­vo e lac­ci di cuo­io sul­le quat­tro gam­be dove, immo­bi­liz­za­te nude, ci fru­sta­no fino allo sve­ni­men­to…

 Lidia …un gior­no vidi spa­lan­car­si i can­cel­li di Raven­sbrück, le SS gri­da­va­no ‘fünf zu fünf’ un ordi­ne al qua­le tut­te capi­va­mo di alli­near­ci cin­que per cin­que, così inco­lon­na­te e a suon di spin­te e fru­sta­te ci spin­se­ro fuo­ri dal cam­po. Var­ca­to il gran­de can­cel­lo d’ingresso, cam­mi­nai pri­ma in riva al lago poi nel­la pine­ta dove mi resi con­to che for­se ave­vo lascia­to Raven­sbrück defi­ni­ti­va­men­te ma che que­sto non vole­va dire anco­ra: liber­tà! Le trup­pe allea­te era­no nei pres­si del cam­po. Le SS ci face­va­no mar­cia­re fünf zu fünf per usar­ci come scu­di uma­ni alla loro fuga. Poi vidi arri­va­re l’esercito rus­so a caval­lo e mi sal­va­ro­no, ci sal­va­ro­no tut­te…

Le nostre Maria, Lidia e tan­te altre usci­ro­no vive dall’inferno di Raven­sbrück. Pur­trop­po Olga morì in una came­ra a gas e poi bru­cia­ta nei for­ni. Una vita sfor­tu­na­ta­men­te bre­ve. Ci ha lascia­to con la sua ulti­ma let­te­ra scrit­ta in fret­ta a sua figlia dopo aver appre­so dell’imminente tra­sfe­ri­men­to a Bern­burg. Con­se­gna­ta ad una ami­ca di came­ra­ta che, libe­ra­ta, riu­scì a far­la arri­va­re ad Ani­ta. Stral­ci dell’ulti­ma let­te­ra di Olga, chiu­do­no que­sto sem­pli­ce con­tri­bu­to alla Memo­ria. L’esempio con­se­gna­to da que­ste Don­ne all’intera uma­ni­tà, è ben altra cosa!

Nel­la con­vin­zio­ne che anche Maria, Lidia e le soprav­vis­su­te di Raven­sbrück potreb­be­ro sot­to­scri­ver­la per Tut­te e Tut­ti noi…

  …doma­ni avrò biso­gno di tut­ta la mia for­za e di tut­ta la mia volon­tà. Per que­sto, non pos­so pen­sa­re alle cose che mi tor­tu­ra­no il cuo­re, che mi sono più care del­la mia stes­sa vita. E per que­sto mi acco­mia­to ora da voi.

 

Mi è total­men­te impos­si­bi­le imma­gi­na­re, ama­ta figlia, che non ti rive­drò, che non ti strin­ge­rò mai più tra le mie brac­cia ane­lan­ti. Vor­rei poter­ti pet­ti­na­re, far­ti le trec­ce… ma no, quel­le te le han­no taglia­te. Ma ti stan­no meglio i capel­li sciol­ti, un po’ spet­ti­na­ti.

 

Pri­ma di tut­to devi diven­ta­re for­te. Devi cam­mi­na­re scal­za o con i san­da­li, cor­re­re all’aria aper­ta con me. Tua non­na all’inizio non sarà d’accordo, ma poi ci capi­re­mo mol­to bene. Devi rispet­tar­la e voler­gli bene per tut­ta la vita, come fac­cia­mo io e tuo padre. Tut­te le mat­ti­ne fare­mo gin­na­sti­ca… vedi? Ho rico­min­cia­to a sogna­re, come tan­te not­ti, e dimen­ti­co che que­sto è il mio addio. E ora, quan­do ci pen­so di nuo­vo, l’idea che non potrò più strin­ge­re il tuo cor­pi­ci­no tie­pi­do è per me come mori­re (…)

 

cara Ani­ta, caro amo­re mio, pian­go sot­to le coper­te per­ché nes­su­no mi sen­ta, poi­ché oggi sem­bra che non avrò la for­za di sop­por­ta­re una cosa così ter­ri­bi­le. Ed è per que­sto che mi sfor­zo di dir­vi addio ades­so, per non far­lo nel­le ulti­me e dif­fi­ci­li ore. Dopo que­sta not­te voglio vive­re per il bre­ve futu­ro che mi resta (…)

 

Ho lot­ta­to per ciò che c’è di più giu­sto e di più buo­no al mon­do.

 

Ti pro­met­to ades­so che fino all’ultimo istan­te non dovrai ver­go­gnar­ti di me. Spe­ro che mi capia­te: pre­pa­rar­mi alla mor­te non vuol dire che mi arren­do, ma che saprò affron­tar­la quan­do arri­ve­rà. Ma nel frat­tem­po pos­so­no anco­ra suc­ce­de­re tan­te cose… Con­ser­ve­rò fino all’ultimo momen­to la voglia di vive­re. Ades­so vado a dor­mi­re per esse­re più for­te doma­ni.

Vi bacio per l’ultima vol­ta. Olga

 

 

rife­ri­men­ti:

Til­lion Ger­mai­ne Raven­sbrück Fazi — Cam­po dei Fio­ri 2012;
Fer­nan­do Morais Olga. Vita di un’ebrea comu­ni­sta*** il Sag­gia­to­re 2005;
Valen­ti­na Gre­co La costru­zio­ne di una bio­gra­fia nel pas­sag­gio dal­la memo­ria alla testi­mo­nian­za di Lidia Bec­ca­ria Rol­fi. DEP n.2/2005

(DEP: depor­ta­te — esu­li — pro­fu­ghe) rivi­sta tele­ma­ti­ca di ana­li­si sul­la memo­ria fem­mi­ni­le

Maria Ara­ta Mas­sa­riel­lo Il pon­te dei cor­vi. Dia­rio di una depor­ta­ta a Raven­sbrück Mur­sia 2005;
Lidia Bec­ca­ria Rol­fi

e Anna Maria Bruz­zo­ne

Le don­ne di Raven­sbrück Einau­di 2003;
Bru­no Mai­da Eti­ca del­la testi­mo­nian­za: la memo­ria del­la depor­ta­zio­ne fem­mi­ni­le e Lidia Bec­ca­ria Rol­fi Fran­coAn­ge­li 1997;
Lidia Bec­ca­ria Rol­fi L’esile filo del­la memo­ria Einau­di 1995;
Han­nah Arendt la bana­li­tà del male Fel­tri­nel­li 1963

 *** il libro di Morais vie­ne pub­bli­ca­to in Bra­si­le nel 1984, poi in tut­to il mon­do (in Ita­lia nel 2005). Le testi­mo­nian­ze rac­col­te da Raven­sbrück tro­va­no ampio riscon­tro anche nel­le memo­rie del­le nostre Ara­ta e Bec­ca­ria, Nel 2004 il regi­sta bra­si­lia­no Jay­me Mon­jar­dim, ne fa un film giu­di­ca­to ‘eccel­len­te’ per ambien­ta­zio­ne e rico­stru­zio­ne sto­ri­ca. Olga è inter­pre­ta­ta da una gio­va­nis­si­ma e sor­pren­den­te Cami­la Mor­ga­do. Il film, pro­iet­ta­to in tut­te le sale del mon­do, rice­ve­rà mol­ti ed impor­tan­ti pre­mi inter­na­zio­na­li; nono­stan­te ciò, mai dop­pia­to quin­di mai pro­iet­ta­to nel­le sale ita­lia­ne. Tut­ta­via la sua ver­sio­ne ori­gi­na­le in lin­gua por­to­ghe­se è rin­trac­cia­bi­le on-line o pres­so il sot­to­scrit­to che, qua­lo­ra lo voglia­te, sarà lie­to di for­nir­ve­ne copia (even­tua­li con­tat­ti pres­so: ivano.ciccarelli@libero.it).

(il par­ti­co­la­re di imma­gi­ne a pag.1 è trat­to da una sce­na del film di Mon­jar­dim)

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