L’Opinione. Priebke. Il funereality di un secolo irrisolto di Daniele Priori

L’Opinione. Priebke. Il funereality di un secolo irrisolto di Daniele Priori

18/10/2013 1 Di Redazione

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Daniele Priori

Danie­le Prio­ri

L’O­pi­nio­ne. Prie­b­ke. Il fune­rea­li­ty di un seco­lo irri­sol­to di Danie­le Prio­ri

I cen­to anni di Prie­b­ke, qual­che mese fa, e la sua mor­te, avve­nu­ta la set­ti­ma­na scor­sa con gli orri­bi­li stra­sci­chi di cui più che diret­ta­men­te sia­mo sta­ti testi­mo­ni, ci han­no por­ta­to a rivi­ve­re negli occhi e nel cuo­re i peg­gio­ri sen­ti­men­ti e le peg­gio­ri, tra­gi­che idee del Nove­cen­to.

Anco­ra una vol­ta comu­ni­sti con­tro fasci­sti. Rigur­gi­ti che, sal­va Roma dove l’ex uffi­cia­le nazi­sta ha scon­ta­to la pena dell’ergastolo ai domi­ci­lia­ri, sono cala­ti come un tri­stis­si­mo blob per l’ennesima vol­ta tut­ti sui Castel­li Roma­ni, sul­la pit­to­re­sca Alba­no che negli ulti­mi anni è sta­ta in più epi­so­di al cen­tro di que­sti scon­tri d’altri tem­pi.

Momen­ti, però, quel­li di mar­te­dì pome­rig­gio che – al di là del gesto comun­que brut­to del­la cac­cia al fere­tro – han­no mostra­to il cuo­re di un popo­lo che non dimen­ti­ca. Met­ten­do infat­ti a lato il der­by data­tis­si­mo tra fasci­sti e anti­fa­sci­sti, in quel­la piaz­za, anzi, in quel­la stra­da, via Tri­lus­sa, sono sce­si il cuo­re e la memo­ria di tan­te fami­glie. Chi ha avu­to i mor­ti e chi, come me che sto scri­ven­do, ha avu­to, for­tu­na­ta­men­te, un pro­zio scam­pa­to all’eccidio del­le Fos­se Ardea­ti­ne seb­be­ne fos­se tra gli ita­lia­ni cat­tu­ra­ti.

C’era la sag­gez­za arrab­bia­ta dei pro­fes­so­ri dei nostri licei, quel­le scuo­le che in qual­che modo ci han­no fat­to da chioc­ce ras­si­cu­ran­ti nei cin­que anni più bel­li del­la nostra vita. Mae­stri buo­ni che nul­la ave­va­no a che fare con mol­ti dei loro cat­ti­vi coe­ta­nei che pure, mar­te­dì pome­rig­gio, han­no sen­ti­to la neces­si­tà di scen­de­re di fron­te a quel tem­pio ana­cro­ni­sti­co, testi­mo­ne di una tra­di­zio­ne vete­ro­cat­to­li­ca for­tu­na­ta­men­te supe­ra­ta che anco­ra, con un soprac­ci­glio tira­to all’insù e un inspie­ga­bi­le sen­so di nor­ma­li­tà affer­ma che, in fon­do, gli ebrei la loro sor­te, il loro geno­ci­dio, la loro Shoah per­pe­tra­ta da Prie­b­ke e i suoi ami­ci tele­co­man­da­ti da Hitler, se la sono cer­ca­ta per aver ammaz­za­to Gesù Cri­sto. 

Pre­ti sedi­cen­ti cat­to­li­ci tra­di­zio­na­li­sti che non han­no esi­ta­to, nel giro furi­bon­do di agen­zie, nel vor­ti­ce di tele­ca­me­re giun­te in meno di un’ora ad Alba­no (c’era per­si­no Al Jazee­ra!) a met­te­re sul­lo stes­so pia­no la peco­rel­la smar­ri­ta nazi­sta di cui sta­va­no per cele­bra­re il fune­ra­le, in nome di una stra­na pie­tas che ave­va più il sapo­re del revan­sci­smo e del­la pro­vo­ca­zio­ne, e le per­so­ne omo­ses­sua­li e tran­ses­sua­li come Vla­di­mir Luxu­ria, inde­gna­men­te para­go­na­ta al car­ne­fi­ce del­le Fos­se Ardea­ti­ne da uno dei pre­ti lefeb­vria­ni. Così con la inspie­ga­bi­le chia­ma­ta in cau­sa dell’ex par­la­men­ta­re già vin­ci­tri­ce dell’Isola dei Famo­si si con­clu­de­va in far­sa il fune­rea­li­ty di un seco­lo tri­ste che ha lascia­to poco oltre i trop­pi brut­ti ricor­di e non rie­sce a dar­si degna sepol­tu­ra. Al pun­to che il fune­ra­le di Prie­b­ke, tan­to era impor­tan­te per loro, alla fine non si è nep­pu­re svol­to. Alle 20,21 di mar­te­dì sera, infat­ti, il pre­te ha get­ta­to i para­men­ti.

E face­va pen­sa­re, all’alba dell’indomani, men­tre il cada­ve­re nazi­sta da Pra­ti­ca di Mare annun­cia­va di pren­de­re final­men­te la stra­da più con­so­na, quel­la per la Ger­ma­nia che l’aveva visto nasce­re un seco­lo fa, riflet­te­re sull’Italia e le sue con­trad­di­zio­ni, rie­mer­se così pro­fon­de, lace­ran­ti, insi­gni­fi­can­ti quan­to tar­do­ro­man­ti­che di un Pae­se che con­ti­nua a indu­striar­si in silen­zio per scon­fig­ge­re la cri­si, sen­za indi­gnar­si mai al pari di altre popo­la­zio­ni euro­pee impe­la­ga­te con la cri­si eco­no­mi­ca ma che non aspet­ta un atti­mo a bloc­car­si e anda­re in tilt, scen­de­re in piaz­za, quan­do nel mez­zo ritor­na­no i bran­del­li del­le ideo­lo­gie che sono sta­te, per cui il mon­do si è divi­so e per­si­no le nostre cit­tà, fino a trent’anni fa, han­no cono­sciu­to san­gue e pro­iet­ti­li anco­ra figli di una guer­ra civi­le di fat­to mai con­clu­sa.

Un’Italia bel­la quan­to poco matu­ra che in occa­sio­ni così mostra il suo vol­to più vero, ade­gua­to ai tem­pi solo for­se gra­zie a obiet­ti­vi e display di tele­ca­me­re e smart­pho­ne che han­no tra­smes­so un po’ a tut­to il mon­do le imma­gi­ni di un Pae­se anco­ra in con­flit­to con se stes­so, sen­za alcu­na ver­go­gna di mostrar­si indi­gna­to per una memo­ria offe­sa che for­se, vivad­dio, non ha valo­re eco­no­mi­co e l’unico spread è sta­to quel­lo tra rab­bia e civil­tà al fune­ra­le mai cele­bra­to dell’ultima bestia nazi­sta e al fune­rea­li­ty con­su­ma­to ma dav­ve­ro rea­li­sti­co di un seco­lo ita­lia­no evi­den­te­men­te anco­ra irri­sol­to.

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