Roma. Il PCI Lazio rinnova denuncia. Caporalato: la schiavitù nel terzo millennio Tutti sanno, nessuno interviene

Roma. Il PCI Lazio rinnova denuncia. Caporalato: la schiavitù nel terzo millennio Tutti sanno, nessuno interviene

14/07/2024 0 Di Maurizio Aversa

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Anche nelle ultime set­ti­mane, purtrop­po a segui­to dei liv­el­li di inu­man­ità ormai rag­giun­ti ma di cui trop­po poco si par­la anche nel­la infor­mazione quo­tid­i­ana, abbi­amo assis­ti­to a vit­time sul lavoro nei campi. Ciò ha deter­mi­na­to una grande mobil­i­tazione: ad esem­pio a Lati­na, dove il PCI ha parte­ci­pa­to alle man­i­fes­tazioni uni­tarie ed a quelle del­la comu­nità indi­ana.

Bruno Bar­bona, seg­re­tario regionale Lazio PCI


“Va sem­pre denun­ci­a­to l’aspetto che opera alla base di tut­to questo — com­men­ta il seg­re­tario regionale del PCI, Bruno Bar­bona — Nel set­tore agri­co­lo il 98% dei rap­por­ti è fuo­ri­legge. Sei­cen­toven­ti episo­di di capo­rala­to scop­er­ti dal­l’Is­pet­tora­to del lavoro nel 2023 in tut­to il Lazio, 608 dei quali soltan­to nel set­tore del­l’a­gri­coltura. Indi­vid­uati 8.981 dipen­den­ti con posizioni irre­go­lari, 1.274 in nero: 64 era­no clan­des­ti­ni. Nel Lazio si sti­mano cir­ca 50mila lavo­ra­tori clan­des­ti­ni, 15mila solo a Lati­na. Le nazion­al­ità più rap­p­re­sen­tate fra i lavo­ra­tori stranieri «assun­ti in ambito agri­co­lo sono rume­na, marocchi­na, albanese, indi­ana, sene­galese e pak­istana». Il Lazio ha il 40% di man­od­opera clan­des­ti­na nell’agricoltura (su una media del 20–30% nel Cen­tro Italia), insieme con regioni come Cam­pa­nia, Puglia, Cal­abria e Sicil­ia.

Lavo­ra­tori indi­ani e diri­gen­ti comu­nisti alla man­i­fes­tazione di Lati­na


La L. 199/2016 prevede la reclu­sione da uno a sei anni, oltre alla mul­ta da 500 a 1.000 euro per cias­cun lavo­ra­tore, chi­unque reclu­ti man­od­opera allo scopo di des­ti­narla al lavoro pres­so terzi in con­dizioni di sfrut­ta­men­to. La fat­tispecie aggra­va­ta del reato prevede la reclu­sione da 5 a 8 anni e una mul­ta da 1.000 a 2.000 euro per cias­cun lavo­ra­tore reclu­ta­to quan­do il reato di capo­rala­to è com­pi­u­to medi­ante vio­len­za o minac­cia. – con­tin­ua nel­la anal­isi cura­ta dal PCI Lazio e qui resa nota dal diri­gente comu­nista — Ciò nonos­tante questo sfrut­ta­men­to con­tin­ua a mietere vit­time. Man­cano i con­trol­li da parte delle isti­tuzioni e del­la forza pub­bli­ca, man­cano le denunce da parte dei sin­da­cati con­fed­er­ali che si accor­gono del fenom­e­no solo in casi di “lut­to”, man­cano gli ispet­tori del lavoro. L’ordinanza del 19 giug­no 2024 di Francesco Roc­ca, Pres­i­dente del­la Regione Lazio prevede il divi­eto delle le attiv­ità lavo­ra­tive all’aper­to dalle ore 12:30 alle 16:00, con effi­ca­cia imme­di­a­ta fino al 31 agos­to 2024, nei giorni in cui il ris­chio di espo­sizione al sole con attiv­ità fisi­ca inten­sa è seg­nala­to sul sito Work­il­mate 2.0. Ma, come sem­pre accade in Italia, ques­ta ordi­nan­za risul­ta del tut­to vana, let­tera mor­ta, sen­za i dovu­ti con­trol­li. Ma questo il Pres­i­dente lo sa…
Il PCI del Lazio da sem­pre – con­clude il seg­re­tario Bar­bona — denun­cia la con­dizione di schi­av­itù di questi come di altri lavo­ra­tori (pen­si­amo ai rid­ers o ai trop­pi cantieri edili sen­za regole). Capo­rala­to e lavoro nero sono due piaghe che, oltre ad essere uno scan­da­lo per una soci­età civile, tol­go­no risorse alla pub­bli­ca ammin­is­trazione con una eva­sione fis­cale totale men­tre padroni e padronci­ni si ingras­sano con la com­plic­ità dei loro capo­rali. E’ora di fer­mare questo scem­pio. E’ora di fer­mare le mor­ti sul lavoro. E’ ora di far­la pagare ai nuovi schi­av­isti.”

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