Fino al 23 giugno a Roma “Il Mondo Fluttuante. Ukiyoe. Visioni dal Giappone”

Fino al 23 giugno a Roma “Il Mondo Fluttuante. Ukiyoe. Visioni dal Giappone”

23/02/2024 0 Di Francesca Marrucci

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IL MONDO FLUTTUANTE. UKIYOE.
VISIONI DAL GIAPPONE

Dal 20 febbraio al 23 giugno al Museo di Roma a Palazzo Braschi in mostra centocinquanta capolavori dell’arte giapponese tra il Seicento e l’Ottocento

 

Utagawa Hiroshige, Surugacho dalla serie Meisho Edo Hyakkei, 1856, Silografia, 50,9 x 35,9 cm, ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

Uta­ga­wa Hiro­shi­ge, Suru­ga­cho dal­la serie Mei­sho Edo Hyak­kei, 1856, Silo­gra­fia, 50,9 x 35,9 cm, ©Cour­te­sy of Museo d’Arte Orien­ta­le E. Chios­so­ne

Roma, 19 feb­bra­io 2024 — Apre al pub­bli­co al Museo di Roma a Palaz­zo Bra­schi da mar­te­dì 20 feb­bra­io a dome­ni­ca 23 giu­gno 2024 la gran­de mostra “Il mon­do flut­tuan­te. Ukiyoe. Visio­ni dal Giap­po­ne”, pro­mos­sa da Roma Capi­ta­le, Asses­so­ra­to alla Cul­tu­ra, Sovrin­ten­den­za Capi­to­li­na ai Beni Cul­tu­ra­li, copro­dot­ta e orga­niz­za­ta dal­la Sovrin­ten­den­za Capi­to­li­na e da Mon­do­Mo­stre, con il sup­por­to di Zète­ma Pro­get­to Cul­tu­ra, cura­ta da Ros­sel­la Mene­gaz­zo.

La mostra, inau­gu­ra­ta oggi dall’assessore alla Cul­tu­ra di Roma Capi­ta­le, Miguel Gotor, dal­la diret­tri­ce del­la Dire­zio­ne Musei Civi­ci del­la Sovrin­ten­den­za Capi­to­li­na, Ila­ria Mia­rel­li Maria­ni, dall’amministratore dele­ga­to di Mon­do­Mo­stre, Simo­ne Todo­row di San Gior­gio, e dal­la cura­tri­ce Ros­sel­la Mene­gaz­zo – pre­sen­ta cen­to­cin­quan­ta capo­la­vo­ri dell’arte giap­po­ne­se di epo­ca Edo, tra il Sei­cen­to e l’Ottocento, foca­liz­zan­do­si su quel­lo che è sta­to il filo­ne arti­sti­co più inno­va­ti­vo del tem­po e inter­na­zio­nal­men­te anco­ra oggi influen­te: l’ukiyoe.  Let­te­ral­men­te tra­du­ci­bi­le come “imma­gi­ni del mon­do flut­tuan­te”, si trat­ta di un gene­re pit­to­ri­co nato in epo­ca Edo (1603–1868) che inclu­de roto­li da appen­de­re e da sro­to­la­re tra le mani, ma anche para­ven­ti di gran­de for­ma­to, dipin­ti a pen­nel­lo su seta o car­ta, oltre a stam­pe rea­liz­za­te in poli­cro­mia con matri­ce in legno su car­ta.

Quel­lo che si rica­va dal­la mostra è una pano­ra­mi­ca dei cir­ca duecentocinquant’anni sot­to il gover­no mili­ta­re dei Toku­ga­wa, un lun­go perio­do di pace segna­to da gran­di cam­bia­men­ti socia­li, eco­no­mi­ci ed arti­sti­ci che si chiu­se con la ria­per­tu­ra for­za­ta del Pae­se agli scam­bi con le poten­ze occi­den­ta­li a par­ti­re dal­la metà dell’Ottocento e la Restau­ra­zio­ne Mei­ji che ripor­tò al cen­tro del pote­re l’Imperatore.

Kikugawa Eizan, Raccolta moderna di bambini come tesori, 1809, Silografia policroma, 26,3 x 38,6 cm, ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

Kiku­ga­wa Eizan, Rac­col­ta moder­na di bam­bi­ni come teso­ri, 1809, Silo­gra­fia poli­cro­ma, 26,3 x 38,6 cm, ©Cour­te­sy of Museo d’Arte Orien­ta­le E. Chios­so­ne

Sono rap­pre­sen­ta­ti i più impor­tan­ti mae­stri dell’ukiyoe, oltre 30 arti­sti, a par­ti­re dal­le pri­me scuo­le Sei­cen­te­sche come la Torii fino ai nomi più noti di Kita­ga­wa Uta­ma­ro, Katsu­shi­ka Hoku­sai, Tōshu­sai Sha­ra­ku, Kei­sai Eisen e alla gran­de scuo­la Uta­ga­wa con Toyo­ku­ni, Toyo­ha­ru, Hiro­shi­ge, Kuniyo­shi, Kuni­sa­da che rap­pre­sen­tò l’apice e for­se anche il dis­sol­vi­men­to del gene­re quan­do i tem­pi sta­va­no ormai cam­bian­do.

La tec­ni­ca dell’ukiyoe, impor­ta­ta dal­la Cina, imple­men­tò la dif­fu­sio­ne di imma­gi­ni e libri per­met­ten­do una pro­du­zio­ne in serie gra­zie anche al talen­to degli arti­sti ingag­gia­ti. La pro­du­zio­ne di stam­pe, infat­ti, rap­pre­sen­tò un vero e pro­prio mer­ca­to, tan­tis­si­mi furo­no gli arti­sti e i pro­fes­sio­ni­sti, tra pit­to­ri, inta­glia­to­ri, stam­pa­to­ri, cal­li­gra­fi, che lavo­ra­va­no in ate­lier sot­to la dire­zio­ne di un edi­to­re il qua­le soste­ne­va eco­no­mi­ca­men­te il pro­get­to, sce­glie­va arti­sti e sog­get­ti, e immet­te­va le ope­re sul mer­ca­to. 

La gran­de novi­tà che l’ukiyoe con­vo­glia­va era­no i sog­get­ti, com­ple­ta­men­te diver­si dal­la gran­de pit­tu­ra parie­ta­le ari­sto­cra­ti­ca al ser­vi­zio dei poten­ti e dal­le scuo­le clas­si­che di Kyo­to. A Edo a det­ta­re gusti e le mode era la clas­se cit­ta­di­na emer­gen­te, com­po­sta soprat­tut­to di mer­can­ti arric­chi­ti che, pur non aven­do pote­re poli­ti­co, comin­cia­ro­no a per­met­ter­si il godi­men­to del lus­so e di intrat­te­ni­men­ti di ogni gene­re. Ukiyo, che fino ad allo­ra era sta­to inte­so nel sen­so di attac­ca­men­to all’illusorio mon­do ter­re­no da cui rifug­gi­re, secon­do l’insegnamento bud­d­hi­sta, ora pren­de­va un sen­so oppo­sto di godi­men­to dell’attimo fuga­ce e di tut­to ciò che era alla moda.

In que­sto sen­so l’ukiyoe è una testi­mo­nian­za diret­ta del­la socie­tà giap­po­ne­se del tem­po, degli usi e dei costu­mi, del­le mode da indos­sa­re, dei luo­ghi natu­ra­li e del­le vedu­te urba­ne più ricer­ca­te. Dal­le imma­gi­ni del tea­tro kabu­ki con i vol­ti degli atto­ri più affer­ma­ti fino ai quar­tie­ri di pia­ce­re rav­vi­va­ti dal­la bel­lez­za di cor­ti­gia­ne e gei­sha altret­tan­to note, agli spet­ta­co­li di dan­za, musi­ca e di intrat­te­ni­men­ti con ogni for­ma d’arte. L’ukiyoe, tut­ta­via, die­tro al rac­con­to di nuo­ve mode e sti­li di vita, lascia tra­spa­ri­re anche una raf­fi­na­tez­za cul­tu­ra­le testi­mo­nia­ta dal­la dif­fu­sio­ne del­le arti inte­se come disci­pli­ne for­ma­ti­ve dell’individuo col­to, tal­vol­ta uti­liz­za­te come espe­dien­te per aggi­ra­re la cen­su­ra del gover­no che vie­ta­va sog­get­ti lega­ti a cor­ti­gia­ne e atto­ri, nasco­sti da arti­sti ed edi­to­ri sot­to vela­ti inse­gna­men­ti mora­li e mora­li­sti­ci.

Utagawa Kuniyoshi, Esibizione a Nishi Ryōgoku dalla serie Hayatake, Torakichi. Fiori di Edo, foglie che pendono dagli alberi, 1857, Silografia policroma, 35,5 x 24,5 cm, ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

Uta­ga­wa Kuniyo­shi, Esi­bi­zio­ne a Nishi Ryō­go­ku dal­la serie Haya­ta­ke, Tora­ki­chi. Fio­ri di Edo, foglie che pen­do­no dagli albe­ri, 1857, Silo­gra­fia poli­cro­ma, 35,5 x 24,5 cm, ©Cour­te­sy of Museo d’Arte Orien­ta­le E. Chios­so­ne

Spie­ga Ros­sel­la Mene­gaz­zo, cura­tri­ce del­la mostra: “L’ukiyoe, oggi cono­sciu­to in tut­to il mon­do come il filo­ne arti­sti­co giap­po­ne­se pre­mi­nen­te per la for­te influen­za che ha avu­to sull’arte euro­pea dell’Otto e del Nove­cen­to, in real­tà rap­pre­sen­tò per l’epoca anche un nuo­vo mez­zo di divul­ga­zio­ne — attra­ver­so le imma­gi­ni e i libri illu­stra­ti — di valo­ri cul­tu­ra­li nuo­vi che si anda­va­no impo­nen­do. Die­tro a rap­pre­sen­ta­zio­ni di un mon­do di pia­ce­ri e intrat­te­ni­men­ti ter­re­ni spes­so si cela­va­no inse­gna­men­ti, con­cet­ti mora­li e mes­sag­gi che veni­va­no pas­sa­ti abil­men­te, sca­val­can­do la for­te cen­su­ra gover­na­ti­va che vole­va col­pi­re il lus­so e le clas­si emer­gen­ti. Le ope­re in mostra ci rac­con­ta­no quan­to quel­la di Edo fos­se una socie­tà alfa­be­tiz­za­ta e come si usas­se­ro le arti come disci­pli­na for­ma­ti­va dell’individuo. Ma ci rac­con­ta­no anche l’apertura del Giap­po­ne all’Occidente e i rap­por­ti spe­cia­li che il pae­se ebbe con il Regno d’Italia, poi­ché tut­ti i pez­zi espo­sti pro­ven­go­no dal­le col­le­zio­ni di arti­sti o diplo­ma­ti­ci ita­lia­ni, i pri­mi viag­gia­to­ri e resi­den­ti in Giap­po­ne nel­la secon­da metà dell’Ottocento”.

Sono feli­ce che il Museo di Roma ospi­ti una così pre­sti­gio­sa e rap­pre­sen­ta­ti­va sele­zio­ne di un gene­re pit­to­ri­co che ha attra­ver­sa­to i seco­li, rap­pre­sen­tan­do un pun­to di svol­ta nel­la sto­ria dell’arte giap­po­ne­se e influen­zan­do non solo la cul­tu­ra nip­po­ni­ca ma quel­la di tut­to il mon­do. L’ukiyoe ha influen­za­to infat­ti nume­ro­si arti­sti occi­den­ta­li, da Van Gogh a Monet, fino agli odier­ni man­ga, diven­tan­do un pon­te cul­tu­ra­le tra Orien­te e Occi­den­te e Roma, che nel­la sua lun­ga sto­ria è sta­ta sem­pre aper­ta alle altre cul­tu­re, rap­pre­sen­ta il luo­go idea­le per acco­glie­re que­ste ope­re straor­di­na­rie”, così l’assessore alla Cul­tu­ra di Roma Capi­ta­le, Miguel Gotor.

Accan­to a dipin­ti e silo­gra­fie sono espo­sti anche stru­men­ti musi­ca­li, gio­chi da tavo­lo, un sopra­ki­mo­no (uchi­ka­ke) e acces­so­ri del cor­re­do fem­mi­ni­le e maschi­le alla moda, resti­tuen­do così la real­tà di mol­ti ogget­ti d’arte appli­ca­ta rap­pre­sen­ta­ti nell’ukiyoe e col­le­zio­na­ti a fine Otto­cen­to dai pri­mi arti­sti e pro­fes­sio­ni­sti ita­lia­ni resi­den­ti in Giap­po­ne.

Utagawa Hiroshige, Awa. I gorghi di Naruto dalla serie Illustrazioni di luoghi celebri delle sessanta e oltre province, 1855, Silografia policroma, 35,5 x 23,5 cm, ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

Uta­ga­wa Hiro­shi­ge, Awa. I gor­ghi di Naru­to dal­la serie Illu­stra­zio­ni di luo­ghi cele­bri del­le ses­san­ta e oltre pro­vin­ce, 1855, Silo­gra­fia poli­cro­ma, 35,5 x 23,5 cm, ©Cour­te­sy of Museo d’Arte Orien­ta­le E. Chios­so­ne

LA MOSTRA

L’esposizione si sno­da attra­ver­so un per­cor­so di set­te sezio­ni che accom­pa­gna­no il pub­bli­co alla sco­per­ta di aspet­ti mol­te­pli­ci del lun­go perio­do Edo: cul­tu­ra­li, este­ti­ci, arti­sti­ci. socia­li, poli­ti­ci ed eco­no­mi­ci.

Il per­cor­so pren­de avvio mostran­do come la rap­pre­sen­ta­zio­ne del­la bel­lez­za fem­mi­ni­le (bijin), sog­get­to cen­tra­le dell’ukiyoe, sia diven­ta­ta vei­co­lo di dif­fu­sio­ne non solo di mode e valo­ri nuo­vi, ma anche di con­cet­ti edu­ca­ti­vi e mora­li. Le don­ne di arti­sti come Uta­ga­wa Toyo­ha­ru e Kita­ga­wa Uta­ma­ro sono raf­fi­gu­ra­te impe­gna­te in atti­vi­tà arti­sti­che come la pit­tu­ra, la cal­li­gra­fia, il gio­co da tavo­lo di stra­te­gia, la poe­sia e la musi­ca, con­si­de­ra­te disci­pli­ne chia­ve per la for­ma­zio­ne di una per­so­na col­ta. Il tema del­la musi­ca è appro­fon­di­to nel­la sezio­ne anche attra­ver­so una sele­zio­ne di stru­men­ti musi­ca­li del tem­po, che ritro­via­mo rap­pre­sen­ta­ti nel­le stam­pe, pro­ve­nien­ti dal­la col­le­zio­ne di Vin­cen­zo Ragu­sa e Cri­sto­fo­ro Robec­chi.

La mostra pro­se­gue con un appro­fon­di­men­to sul­le arti per­for­ma­ti­ve, da una par­te la dan­za, quel­la uffi­cia­le ese­gui­ta sul pal­co­sce­ni­co sul­la scia del suc­ces­so del kabu­ki (buyō) e quel­la popo­la­re, ese­gui­ta in occa­sio­ne di festi­vi­tà e festi­val (matsu­ri) lun­go le vie, come la dan­za del Leo­ne per il Capo­dan­no, dall’altra il tea­tro kabu­ki, nato pro­prio nel Sei­cen­to, le cui locan­di­ne con­tri­bui­ro­no ai pri­mi svi­lup­pi dell’ukiyoe. La ritrat­ti­sti­ca di atto­ri diven­ne uno dei filo­ni più richie­sti e attra­ver­so le loro figu­re si dif­fu­se­ro mode e ten­den­ze: arti­sti come Tōshū­sai Sha­ra­ku diven­ta­ro­no mae­stri in quest’ambito. Ma non man­ca­ro­no anche le vedu­te dei quar­tie­ri del tea­tro e degli inter­ni dei tea­tri con gli atto­ri sul pal­co e il tut­to esau­ri­to di pub­bli­co: in par­ti­co­la­re Oku­mu­ra Masa­no­bu fu il pri­mo a intro­dur­re la pro­spet­ti­va linea­re in que­sto ambi­to, fino a quel momen­to assen­te nel­la pit­tu­ra orien­ta­le, per resti­tui­re la tri­di­men­sio­na­li­tà del­lo spa­zio in modo attraen­te e all’avanguardia per il tem­po.

Utagawa Kuniyoshi, Fa paura ma è veramente una buona persona, 1847 ca., Silografia policroma, 36,5 x 24,8 cm, ©Courtesy of Museo d’Arte Orientale E. Chiossone

Uta­ga­wa Kuniyo­shi, Fa pau­ra ma è vera­men­te una buo­na per­so­na, 1847 ca., Silo­gra­fia poli­cro­ma, 36,5 x 24,8 cm, ©Cour­te­sy of Museo d’Arte Orien­ta­le E. Chios­so­ne

La sezio­ne suc­ces­si­va è dedi­ca­ta ai quar­tie­ri di pia­ce­re, svi­lup­pa­ti­si appe­na fuo­ri cit­tà, dove, una vol­ta var­ca­to il por­to­ne, non vale­va­no più le rego­le sho­gu­na­li ma quel­le del­la moda, del­la sedu­zio­ne e dell’eleganza che le cor­ti­gia­ne con­tri­bui­va­no a costrui­re gra­zie anche alle finan­ze dei ric­chi clien­ti. Gli inter­ni del­le case da tè, lo stru­scio lun­go la via cen­tra­le del quar­tie­re di Yoshi­wara a Edo, ma anche la quo­ti­dia­ni­tà del­la vita di que­ste don­ne dei sogni era­no i sog­get­ti di gran­di mae­stri come Uta­ga­wa Toyo­ku­ni, Kita­ga­wa Uta­ma­ro, Katsu­shi­ka Hoku­sa, Chō­bun­sai Eishi, Kei­sai Eisen, e tan­ti altri. Imma­gi­na­rio arric­chi­to per il pub­bli­co attra­ver­so la pre­sen­ta­zio­ne di un pre­zio­so sopra­ki­mo­no (uchi­ka­ke) imbot­ti­to color inda­co e rica­ma­to in fili d’oro e colo­ra­ti dal­la col­le­zio­ne del Con­te di Bar­di, alcu­ni ven­ta­gli e acces­so­ri come i por­ta­ta­bac­co (inrō) e lo spec­chio da tolet­ta tut­ti pro­ve­nien­ti dal­le col­le­zio­ni del Museo del­le Civil­tà di Roma.

L’intrattenimento, i gio­chi e i pas­sa­tem­pi sono il focus del­la sezio­ne suc­ces­si­va in cui si coglie di nuo­vo il ritrat­to di una socie­tà scan­di­ta da atti­vi­tà sta­gio­na­li all’aperto, pas­seg­gia­te tra i fio­ri di cilie­gio, sot­to gli ace­ri, per rac­co­glie­re i cachi o le con­chi­glie, ma anche da festi­val e intrat­te­ni­men­ti sera­li, pas­sa­tem­pi come gare o intrat­te­ni­men­ti con gio­cat­to­li e ani­ma­li dome­sti­ci. Lavo­ri come quel­li di Uta­ga­wa Toyo­hi­ro, di Uta­ma­ro, ma anche di Kuniyo­shi, che dedi­cò inte­re serie di stam­pe al diver­ti­men­to (giga), come ritrat­ti in for­ma di graf­fi­ti, cari­ca­tu­re e com­po­si­zio­ni arcim­bol­de­sche, sce­ne di gio­co­le­ria e acro­ba­zia, esplo­ra­no in modo uni­co il godi­men­to di un perio­do di pace.

Par­ti­co­lar­men­te impor­tan­te nell’ukiyoe è la rap­pre­sen­ta­zio­ne di loca­li­tà cele­bri den­tro la cit­tà e di vedu­te natu­ra­li e archi­tet­to­ni­che di tut­te le pro­vin­ce del Giap­po­ne. Que­ste ulti­me due sezio­ni rap­pre­sen­ta­no un viag­gio lun­go il Giap­po­ne par­ten­do da Edo e dai suoi scor­ci, per intra­pren­de­re, attra­ver­san­do il Pon­te di Nihon­ba­shi (Pon­te del Giap­po­ne), con­si­de­ra­to il “chi­lo­me­tro zero”, un tra­git­to fino alla capi­ta­le impe­ria­le di Kyo­to. Guar­dan­do alla pro­spet­ti­va adot­ta­ta per rea­liz­za­re scor­ci di stra­de, infi­la­te di nego­zi, inter­ni di risto­ran­ti che domi­na­no le ope­re di Eirin e Hiro­shi­ge, ad esem­pio, soprat­tut­to nel­la pri­ma metà dell’Ottocento, si può evin­ce­re l’influenza che le vedu­te euro­pee, impor­ta­te dal­la pri­ma metà del Set­te­cen­to, ebbe­ro sul filo­ne arti­sti­co giap­po­ne­se. Il per­cor­so espo­si­ti­vo, dun­que, lascia per­ce­pi­re quel­lo che era il viag­gio attra­ver­so le mon­ta­gne lun­go il Kiso­kai­dō e lun­go il mare sul Tōkai­dō, per chi si spo­sta­va dal­le pro­vin­ce a Edo, con sce­na­ri natu­ra­li e vedu­te del Fuji da diver­se ango­la­zio­ni, più o meno note, del ter­ri­to­rio giap­po­ne­se. È a que­sta sezio­ne che appar­ten­go­no i capo­la­vo­ri come la Gran­de Onda di Kana­ga­wa par­te del­le Tren­ta­sei vedu­te del Mon­te Fuji di Katsu­shi­ka Hoku­sai, e i tre trit­ti­ci di Uta­ga­wa Hiro­shi­ge dedi­ca­ti ai “Tre Bian­chi”, quel­lo del­la neve, quel­lo del­la luna e quel­lo dei fio­ri di cilie­gio qui sosti­tui­to dal­la schiu­ma del­le onde, con le loca­li­tà di Kiso, Kana­za­wa e Naru­to.

Set per il gioco delle carte delle poesie (utagaruta), Periodo Edo (XIX secolo), Legno, lacca, carta, seta, pigmenti, avorio, ©Museo delle Civiltà, Collezione Vincenzo Ragusa

Set per il gio­co del­le car­te del­le poe­sie (uta­ga­ru­ta), Perio­do Edo (XIX seco­lo), Legno, lac­ca, car­ta, seta, pig­men­ti, avo­rio, ©Museo del­le Civil­tà, Col­le­zio­ne Vin­cen­zo Ragu­sa

VINCENZO RAGUSA E EDOARDO CHIOSSONE

La for­te influen­za eser­ci­ta­ta dall’arte giap­po­ne­se e dall’ukiyoe sul­la cul­tu­ra occi­den­ta­le di fine Otto­cen­to e ini­zio Nove­cen­to è resti­tui­ta in mostra attra­ver­so il rac­con­to dell’esperienza uni­ca di due arti­sti ita­lia­ni, lo scul­to­re Vin­cen­zo Ragu­sa e l’incisore Edoar­do Chios­so­ne, che furo­no invi­ta­ti dal gover­no giap­po­ne­se Mei­ji di fine Otto­cen­to come for­ma­to­ri e spe­cia­li­sti nei pri­mi isti­tu­ti di gra­fi­ca e arte.

Essi furo­no figu­re-chia­ve nel­lo svi­lup­po del­le pri­me pro­fes­sio­ni arti­sti­che di stam­po occi­den­ta­le, insie­me ad Anto­nio Fon­ta­ne­si per la pit­tu­ra e Gio­van­ni Vin­cen­zo Cap­pel­let­ti per l’architettura. La cono­scen­za pro­fon­da del Giap­po­ne nei lun­ghi anni di per­ma­nen­za per­mi­se loro di diven­ta­re anche col­le­zio­ni­sti, for­man­do due tra i più impor­tan­ti nuclei di arte orien­ta­le in Ita­lia, oggi con­ser­va­ti pres­so il Museo d’Arte Orien­ta­le Edoar­do Chios­so­ne di Geno­va e al Museo del­le Civil­tà di Roma.

In mostra la pre­sen­za ita­lia­na in Giap­po­ne di fine Otto­cen­to e l’affascinante aspet­to del col­le­zio­ni­smo orien­ta­le in Ita­lia sono anche testi­mo­nia­ti da alcu­ni pez­zi appar­te­nen­ti al Museo del­le Civil­tà di Roma, acqui­si­ti da Lui­gi Pigo­ri­ni e appar­te­nu­ti al pri­mo Con­so­le ita­lia­no in Giap­po­ne Cri­sto­fo­ro Robec­chi e al con­te Enri­co di Bor­bo­ne, con­te di Bar­di, gran par­te del­la cui col­le­zio­ne è oggi al Museo d’Arte Orien­ta­le di Vene­zia.

INFO

Il mon­do flut­tuan­te. UKIYOE. Visio­ne dal Giap­po­ne
A cura di Ros­sel­la Mene­gaz­zo
Con la col­la­bo­ra­zio­ne del
Museo d’Arte Orien­ta­le Edoar­do Chios­so­ne di Geno­va
Museo del­le Civil­tà di Roma

20 feb­bra­io – 23 giu­gno 2024
Museo di Roma a Palaz­zo Bra­schi
Piaz­za San Pan­ta­leo 10, Roma

Ora­ri
Dal mar­te­dì alla dome­ni­ca ore 10.00–19.00.
La bigliet­te­ria chiu­de alle ore 18.00. Gior­no di chiu­su­ra: lune­dì.

Bigliet­to “solo Mostra”: inte­ro € 15,00 ‑ridot­to € 13,00.
Pre­ven­di­ta: € 1,00

Le pre­ven­di­te sono dispo­ni­bi­li a que­sto link.

Per mag­gio­ri infor­ma­zio­ni: tel. 060608 (tut­ti i gior­ni ore 9.00 ‑19.00)
www.museodiroma.it; www.museiincomune.it

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