Sold-Out per il Cyrano di Giuliano Calandra a Officina Arte e Cultura

Sold-Out per il Cyrano di Giuliano Calandra a Officina Arte e Cultura

26/11/2023 0 Di Roberto Pallocca

Que­sto arti­co­lo è sta­to let­to 1513 vol­te!

Ulti­ma repli­ca a Offi­ci­na Arte e Cul­tu­ra di S. M. del­le Mole del­l’a­dat­ta­men­to del­la cele­bre ope­ra di Rostand, con la regia di Giu­lia­no Calan­dra, che veste anche i pan­ni del­lo spa­dac­ci­no inna­mo­ra­to.

 

Un momen­to del­la rap­pre­sen­ta­zio­ne.

Dome­ni­ca 26 è anda­ta in sce­na pres­so Offi­ci­na Arte e Cul­tu­ra, il tea­tro di S. M. del­le Mole, l’ultima repli­ca dell’adattamento moder­no del Cyra­no de Ber­ge­rac di Rostand, con Giu­lia­no Calan­dra nei pan­ni del cele­ber­ri­mo spa­dac­ci­no, Ali­ce Tem­pe­sta in quel­li di Ros­sa­na e Tom­ma­so Lo Cascio in quel­li di Cri­stia­no.

La sto­ria è nota. Cyra­no è uno spa­dac­ci­no dal naso lun­go, con l’animo da poe­ta e la lin­gua più affi­la­ta del­la sua spa­da. È da sem­pre segre­ta­men­te inna­mo­ra­to di sua cugi­na Ros­sa­na, la qua­le le con­fi­da, all’improvviso, di ama­re il cadet­to Cri­stia­no, bel­loc­cio e avve­nen­te ma pri­vo di sen­si­bi­li­tà. Cyra­no, pur di non veder sof­fri­re la sua ama­ta, pro­po­ne al cadet­to, con cui nasce una bel­la ami­ci­zia, di esse­re il suo cuo­re e la sua lin­gua, per con­qui­sta­re la don­na che anche lui ama dispe­ra­ta­men­te.

Ini­zial­men­te Cri­stia­no accet­te­rà di esse­re ama­to per le paro­le che Cyra­no scri­ve a Ros­sa­na al posto suo, e che poi a lui sug­ge­ri­sce di nasco­sto nei pres­si dei loro incon­tri amo­ro­si. Poi, quan­do Cri­stia­no e Cyra­no fini­ran­no insie­me al fron­te, e Ros­sa­na li rag­giun­ge­rà per fare una sor­pre­sa al suo cadet­to, Cri­stia­no si accor­ge­rà che Ros­sa­na ama in lui un uomo che lui non con­tie­ne, che lui non è. In real­tà, infat­ti, Ros­sa­na ama colui in gra­do di pro­nun­cia­re quel­le splen­di­de paro­le d’amore che lei ha rice­vu­to, con costan­za, ogni gior­no, in quei mesi di lon­ta­nan­za. Cri­stia­no deci­de di pro­va­re a esse­re ama­to per quel che è vera­men­te e costrin­ge Cyra­no a con­fes­sa­re a Ros­sa­na tut­ta la veri­tà, di esse­re lui l’au­to­re di tut­te quel­le let­te­re poe­ti­che e strug­gen­ti.

Se è vero che, al di là del lin­guag­gio arti­sti­co con cui sono comu­ni­ca­te, le gran­di ope­re let­te­ra­rie sono eter­ne per ciò che san­no tra­smet­te­re – per­ché sem­pre attua­le, tra­sver­sa­le e asso­lu­to, — allo­ra que­sto lavo­ro di Calan­dra è dav­ve­ro un bel col­po. Oltre a vesti­re i pan­ni del­lo scon­tro­so Cyra­no, infat­ti, Calan­dra cura anche la regia e tro­va l’alchimia giu­sta per con­dur­ci nel­le vita­li e tre­pi­dan­ti atmo­sfe­re del­la tra­ge­dia, nono­stan­te quel­la che pos­sa sem­bra­re un’evidente sem­pli­fi­ca­zio­ne dell’originale. Solo i tre per­so­nag­gi prin­ci­pa­li sono in sce­na, infat­ti. E gli altri? Legit­ti­mo chie­der­se­lo. Non ci sono. La sce­no­gra­fia pare qua­si scar­na: tre ret­tan­go­li appe­na che sepa­ra­no la sce­na in altret­tan­te zone di reci­ta­zio­ne. Dov’è tut­to quan­to?

Poi lo spet­ta­co­lo comin­cia e non c’è una sola vir­go­la a esse­re super­flua, e non c’è un det­ta­glio di cui si sen­ta la man­can­za. I ret­tan­go­li sono led, che si illu­mi­na­no con sapien­za a indi­ca­re sta­ti d’animo, inciam­pi, inti­mi­tà, in un gio­co di signi­fi­ca­ti che si appren­de fin dal­le pri­me bat­tu­te e sen­za nes­su­na fati­ca. Dei per­so­nag­gi che la regia ha omes­so non se ne avver­te caren­za. I ver­si che Calan­dra ha sele­zio­na­to dall’opera in cin­que atti di Rostand, e che gli atto­ri reci­ta­no alla per­fe­zio­ne, resti­tui­sco­no tut­te le par­ti salien­ti del capo­la­vo­ro fran­ce­se. I gran­di temi ci sono tut­ti: l’amore, l’amicizia, il rispet­to, la sof­fe­ren­za, la sin­ce­ri­tà.

Lo spet­ta­co­lo spa­ri­sce in un’ora appe­na. Via. E alla fine ci si alza dal­la sedia con­sa­pe­vo­li di aver assi­sti­to a qual­co­sa di uni­co, di nuo­vo: una sor­ta di “ridu­zio­ne” tea­tra­le di un’opera tea­tra­le, sen­za che quest’ultima sia sta­ta in alcun modo tra­scu­ra­ta. E fun­zio­na.

Magia? No, tea­tro. E tea­tro fat­to dav­ve­ro a rego­la d’arte.

Anche tra gli atto­ri si respi­ra­no sin­to­nia, affi­ni­tà e una cer­ta dose di diver­ti­men­to. Una nota va fat­ta alle coreo­gra­fie di Giu­lia Orten­zi, che ren­do­no dav­ve­ro mol­to bene i momen­ti e i movi­men­ti dei per­so­nag­gi in sce­na, e ai costu­mi di Mar­ti­na Tem­pe­sta, per­fet­ti per l’ambientazione. La colon­na sono­ra di Stro­mae emo­zio­na a trat­ti fino alle lacri­me.

Il nutri­to pub­bli­co del ter­zo sold-out con­se­cu­ti­vo riser­va applau­si scro­scian­ti a fine repli­ca e si fer­ma a par­la­re fuo­ri dal­la sala, nono­stan­te il fred­do, nono­stan­te l’o­ra, nono­stan­te tut­to.

W il tea­tro.

Applau­si.

Un momen­to del­la rap­pre­sen­ta­zio­ne.

La locan­di­na del­l’e­ven­to.

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