*REDDITO DI CITTADINANZA, CHIARA SARACENO (SOCIOLOGA): “ATTEGGIAMENTO DEL GOVERNO NON DEGNO DI UN PAESE CIVILE”

*REDDITO DI CITTADINANZA, CHIARA SARACENO (SOCIOLOGA): “ATTEGGIAMENTO DEL GOVERNO NON DEGNO DI UN PAESE CIVILE”

02/08/2023 0 Di Marco Montini

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“Sareb­be sta­ta una cosa decen­te, di mini­ma buo­na edu­ca­zio­ne e mini­ma buo­na pras­si ammi­ni­stra­ti­va avvi­sa­re i bene­fi­cia­ri pri­ma e per tem­po, for­se non con un SMS”. Così ha soste­nu­to la socio­lo­ga Chia­ra Sara­ce­no duran­te un’in­ter­vi­sta al pro­gram­ma “Gaz­zet­ta Ladra” su Radio Cusa­no Cam­pus, espri­men­do le sue opi­nio­ni in meri­to alla chiu­su­ra dell’erogazione del Red­di­to di Cit­ta­di­nan­za per 169mila fami­glie, noti­fi­ca­ta attra­ver­so un SMS invia­to dal­l’Inps.

“Il red­di­to di cit­ta­di­nan­za ave­va cer­ta­men­te alcu­ni difet­ti di costru­zio­ne – ha spie­ga­to la socio­lo­ga — la com­mis­sio­ne che ho pre­sie­du­to, ma anche altri, ave­va­no segna­la­to que­sti aspet­ti come meri­te­vo­li di cor­re­zio­ne, pur­trop­po però nes­su­no ha ascol­ta­to”.
Nono­stan­te que­sto, la pro­fes­so­res­sa ha comun­que evi­den­zia­to il pre­gio del Red­di­to di Cit­ta­di­nan­za nel suo carat­te­re uni­ver­sa­li­sti­co, basa­to sul biso­gno e sen­za distin­zio­ne fra cate­go­rie di per­so­ne: “Per la pri­ma vol­ta in Ita­lia una misu­ra uni­ver­sa­li­sti­ca che non distin­gue­va fra cate­go­rie di per­so­ne, ma sol­tan­to sul­la base del biso­gno: defi­ni­ta cioè una soglia sot­to alla qua­le non sareb­be accet­ta­bi­le anda­re, garan­ti­va la dif­fe­ren­za. Non distin­gue­va fra per­so­ne con figli o sen­za. Cer­to – ha pre­ci­sa­to Sara­ce­no — se la fami­glia era nume­ro­sa, dove­va rice­ve­re di più e su que­sto biso­gna­va inter­ve­ni­re e cor­reg­ge­re”.
Tut­ta­via, ha con­ti­nua­to la socio­lo­ga, la fine del Red­di­to di Cit­ta­di­nan­za è sta­ta vista come “una discri­mi­na­zio­ne per colo­ro che han­no rice­vu­to l’SMS dal­l’Inps. Si è intro­dot­to un prin­ci­pio cate­go­ria­le: si sono divi­si i pove­ri non in base al biso­gno ma in base alle carat­te­ri­sti­che del­la loro fami­glia. Le qua­li dovreb­be­ro esse­re rile­va­te solo per iden­ti­fi­ca­re l’entità del biso­gno e la qua­li­tà (se ci sono mino­ren­ni, anzia­ni, disa­bi­li ecc …)”.
“Quin­di a oggi – sostie­ne la socio­lo­ga Sara­ce­no — i pove­ri dovran­no esse­re mol­to più pove­ri per rice­ve­re un soste­gno mol­to più bas­so, per un tem­po mol­to più ridot­to e non più ripe­ti­bi­le. Que­sto non è degno per un pae­se civi­le. Da una par­te il gover­no riba­di­sce di aver dato avvi­so del­la fine del sus­si­dio, ma non ha dato al con­tem­po impul­so ai cor­si e alla pre­pa­ra­zio­ne per il mon­do del lavo­ro”.
Infi­ne, in meri­to al sala­rio mini­mo, la socio­lo­ga con­clu­de soste­nen­do che: “Pur essen­do una misu­ra posi­ti­va, non è suf­fi­cien­te per risol­ve­re com­ple­ta­men­te il pro­ble­ma del­la pover­tà e del­l’e­sclu­sio­ne socia­le. Va benis­si­mo che chi può lavo­ra­re sia mes­so in gra­do di far­lo, ma deve effet­ti­va­men­te avve­ni­re. Non basta dire ‘dat­ti da fare, men­tre ti do un soste­gno e il resto sono fat­ti tuoi’. Per­ché que­sto è quel­lo che stia­mo dicen­do: son fat­ti tuoi”.

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