Giorgia Canton: “Scrivo per creare connessioni”

Giorgia Canton: “Scrivo per creare connessioni”

21/11/2022 0 Di Carola Piluso

Que­sto arti­co­lo è sta­to let­to 762 vol­te!

Gior­gia Can­ton ha pub­bli­ca­to il suo nuo­vo sin­go­lo Com’e­ra ave­re ven­t’an­ni”, scrit­to dal­la stes­sa arti­sta, pro­dot­to da Davi­de De Fave­ri, regi­stra­to al Ter­zo Mon­do Stu­dio di Paia­ne a Bel­lu­no e maste­riz­za­to da Fabio Tren­ti­ni. La can­zo­ne è in fina­le al Pre­mio Bian­ca d’A­pon­te. Noi di Pun­to a capo abbia­mo avu­to l’oc­ca­sio­ne di inter­vi­sta­re l’ar­ti­sta. Ecco cosa ci ha rac­con­ta­to Gior­gia Can­ton.

“Com’era ave­re vent’anni”, un tito­lo for­te e mol­to signi­fi­ca­ti­vo, cosa rap­pre­sen­ta per te?

Rap­pre­sen­ta una gran­de voglia di spen­sie­ra­tez­za, insie­me alla con­sa­pe­vo­lez­za che quei vent’anni non pos­so­no tor­na­re e che for­se in fon­do nean­che quan­do ave­vo vent’anni ero così spen­sie­ra­ta. Ogni età rap­pre­sen­ta una tap­pa impor­tan­te del­la nostra vita e ha i suoi aspet­ti posi­ti­vi e nega­ti­vi.

Ma que­sto al tem­po stes­so mi dà for­za e spe­ran­za per­ché non impor­ta quan­ti anni io abbia, il momen­to giu­sto per ripar­ti­re può arri­va­re anche ades­so, con la fre­schez­za e quel piz­zi­co di inco­scien­za dei vent’anni che mi sen­to anco­ra addos­so e la matu­ri­tà dei tren­ta.

La can­zo­ne è in fina­le al Pre­mio Bian­ca d’Aponte, come ti sen­ti a riguar­do? Come hai rea­gi­to quan­do hai sco­per­to di esse­re in fina­le?

Ero feli­cis­si­ma, Gae­ta­no D’Aponte mi ha chia­ma­ta l’unico gior­no in cui ero anda­ta al mare e per tut­to il tem­po vede­vo que­sto nume­ro sco­no­sciu­to e mi sono rifiu­ta­ta di rispon­de­re al tele­fo­no per­ché vole­vo stac­ca­re del tut­to, poi per for­tu­na ho deci­so di rispon­de­re. E’ sta­to come se in quel momen­to la can­zo­ne fos­se nata dav­ve­ro, come se fos­se usci­ta allo sco­per­to. Non scri­vo per i rico­no­sci­men­ti, ma quan­do arri­va­no dall’esterno, da per­so­ne che non mi cono­sco­no, è come se mi con­net­tes­si con qual­co­sa di più gran­de di me, con altre vite, altre sto­rie che entra­no in con­tat­to con me e si rico­no­sco­no. Ed è que­sto il moti­vo per cui scri­vo, per rac­con­tar­mi e crea­re con­nes­sio­ni, per sen­tir­ci tut­ti meno soli nel nostro sen­ti­re.

La cover del bra­no segna l’inizio di un nuo­vo cam­mi­no e rap­pre­sen­ta anche il pri­mo gior­no discuo­la… Tu lo ricor­di anco­ra il tuo pri­mo gior­no di scuo­la?

No, non lo ricor­do ma ado­ro quel­la foto per­chè è un modo di ricor­da­re attra­ver­so gli occhi degli altri, di mio papà in que­sto caso, appas­sio­na­to foto­gra­fo. Ricor­do altri pri­mi gior­ni di scuo­la, quan­do ero più gran­de, del liceo, dell’università, del con­ser­va­to­rio. Set­tem­bre per me è un mese qua­si più impor­tan­te di gen­na­io, c’è quell’aria friz­zan­ti­na che sa di nuo­vi ini­zi, di qua­der­ni bian­chi, di libri appe­na com­pra­ti, di mati­te inte­re, la ado­ro.

Cosa signi­fi­ca per te rico­min­cia­re?

Per me rico­min­cia­re signi­fi­ca innan­zi­tut­to fer­mar­mi e accet­ta­re il momen­to di vuo­to e in segui­to il cam­bia­men­to. Sia­mo esse­ri uma­ni, non sia­mo mac­chi­ne, è nor­ma­le aver biso­gno di pau­se. Io dico sem­pre che sono una pian­ta, ho biso­gno di luce, di acqua, di sta­re all’aria aper­ta e come una pian­ta non pos­so esse­re sem­pre in fio­re. Rico­min­cia­re signi­fi­ca rispet­ta­re i cicli natu­ra­li e vita­li. Signi­fi­ca tro­va­re un tem­po e un luo­go in cui le mie radi­ci di pian­ta pos­so­no ave­re spa­zio di espan­der­si per for­ti­fi­car­mi. E que­sto può com­por­ta­re spo­star­si, chiu­de­re capi­to­li per aprir­ne di nuo­vi. L’importante è accet­ta­re e per quel­lo ci vuo­le tem­po, ci vuo­le pazien­za.

Qua­li sono i pros­si­mi pas­si di Gior­gia Can­ton?

C’è un altro sin­go­lo in usci­ta e in segui­to il disco, quin­di c’è mol­ta car­ne al fuo­co. Sto lavo­ran­do per orga­niz­za­re una serie di “con­cer­ti a domi­ci­lio” in tut­ta Ita­lia, e maga­ri anche fuo­ri. Mi piac­cio­no le situa­zio­ni inti­me, i giar­di­ni, i salot­ti, i por­ti­ca­ti. Se inve­ce voles­si pen­sa­re più in gran­de, mi pia­ce­reb­be suo­na­re nei tea­tri. Sto lavo­ran­do anche per que­sto. Quin­di direi che i miei pros­si­mi pas­si sono por­ta­re la mia musi­ca nel­la real­tà e suo­na­re.

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