Triennale Milano presenta Carlo Aymonino: Fedeltà al tradimento

Triennale Milano presenta Carlo Aymonino: Fedeltà al tradimento

04/06/2021 0 Di Marco Montini

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Fedel­tà al tra­di­men­to, da una idea di Livia e Sil­via Aymo­ni­no e a cura di Manuel Ora­zi, una gran­de mostra che riper­cor­re tut­to il per­cor­so pro­get­tua­le di Aymo­ni­no, con la volon­tà di resti­tuir­ne l’impor­tan­za e la com­ples­si­tà e di far emer­ge­re attra­ver­so mate­ria­li d’archivio, pro­get­ti, dipin­ti, testi, foto­gra­fie e inter­vi­ste non solo l’architetto ma anche l’uomo.

 

Car­lo Aymo­ni­no (1926–2010) è sta­to uno dei pro­ta­go­ni­sti dell’architettura ita­lia­na, capa­ce di attra­ver­sa­re con trat­to ori­gi­na­le le diver­se fasi del­la secon­da metà del Nove­cen­to. L’impegno poli­ti­co, l’amore per il dise­gno e la pit­tu­ra, la vita fami­lia­re si intrec­cia­no in modo indis­so­lu­bi­le con il suo lavo­ro di archi­tet­to. Roma è sta­ta il luo­go cen­tra­le per Aymo­ni­no ma i suoi pro­get­ti lo han­no por­ta­to in giro per tut­ta l’Italia. Si è con­fron­ta­to con le peri­fe­rie didiver­se cit­tà, come testi­mo­nia­no le sue ope­re nei quar­tie­ri Gal­la­ra­te­se a Mila­no e Spi­ne Bian­che a Matera, per cita­re gli esem­pi più cele­bri.

 

Affer­ma Ste­fa­no Boe­ri, Pre­si­den­te di Trien­na­le Mila­no: “Uno degli obiet­ti­vi di Trien­na­le è resti­tui­re attra­ver­so le pro­prie mostre e ini­zia­ti­ve la gran­dez­za di figu­re com­ples­se del­la cul­tu­ra ita­lia­na del pro­get­to, por­tan­do all’attenzione nuo­ve chia­vi inter­pre­ta­ti­ve, supe­ran­do faci­li eti­chet­te e inqua­dra­men­ti, a vol­te anche con­tri­buen­do a risco­per­te e rilet­tu­re cri­ti­che ine­di­te. Uno sfor­zo di valo­riz­za­zio­ne che ha gui­da­to le gran­di mono­gra­fi­che dedi­ca­te ai mae­stri dell’architettura e del desi­gn, qua­li Etto­re Sott­sass, Mario Bel­li­ni, Osval­do Bor­sa­ni, Achil­le Casti­glio­ni, Gian­car­lo De Car­lo, Enzo Mari e Vico Magi­stret­ti e che con­ti­nua oggi con Car­lo Aymo­ni­no. Que­sta mostra offre l’opportunità per rivi­si­ta­re non solo il pro­fi­lo pro­fes­sio­na­le del pro­get­ti­sta, ma anche l’intreccio di vite e pas­sio­ni dell’uomo. Aymo­ni­no è sta­to in gra­do di pro­por­re un ori­gi­na­le discor­so sul­la cit­tà: la ha stu­dia­ta, discre­tiz­za­ta, scom­po­sta. Quel­lo di Aymo­ni­no, nei suoi pro­get­ti e nei suoi testi, è un invi­to a spo­sta­re lo sguar­do, da oriz­zon­ta­le a ver­ti­ca­le, come ben esem­pli­fi­ca­to dagli edi­fi­ci del com­ples­so del Mon­te Amia­ta nel quar­tie­re Gal­le­ra­te­se di Mila­no del 1967-1972”.

Loren­za Baron­cel­li, Diret­to­re arti­sti­co di Trien­na­le Mila­no, dichia­ra: “Il mon­do dell’architettura ha col­pe­vol­men­te sot­to­va­lu­ta­to Aymo­ni­no. Stu­dia­re la sua figu­ra è inve­ce un’opportunità pre­zio­sa. In que­sta mostra pro­via­mo a far­lo come sareb­be pia­ciu­to a lui. Non è una nor­ma­le espo­si­zio­ne di archi­tet­tu­ra per­ché il suo talen­to e la sua fan­ta­sia non pos­so­no cer­ta­men­te esse­re imbri­glia­te in que­ste cate­go­rie. Con la mostra par­tia­mo inve­ce dal­la liber­tà dell’uomo e dell’architetto. Una sfi­da, irri­ve­ren­te. For­se l’ultima”.

 

La mostra inten­de inda­ga­re l’opera diAymo­ni­no e i diver­si con­te­sti in cui ha vis­su­to e lavo­ra­to, arti­co­lan­do­si in un per­cor­so cro­no­lo­gico. L’attività di Car­lo Aymo­ni­no attra­ver­sa fasi sto­ri­che, espe­rien­ze e real­tà dif­fe­ren­ti: dall’impegno nel­la rico­stru­zio­ne del Dopo­guer­ra al lavo­ro sul­le peri­fe­rie, dall’insegnamento uni­ver­si­ta­rio allo IUAV di Vene­zia fino all’esperienza come Asses­so­re per gli inter­ven­ti al Cen­tro sto­ri­co di Roma, dall’amore gio­va­ni­le per la pit­tu­ra al costan­te eser­ci­zio del dise­gno.

 

Para­dos­sal­men­te la cen­tra­lità di Aymo­ni­no nel­la cul­tu­ra archi­tet­to­ni­ca ita­lia­na ed euro­pea cor­ri­spon­de a una rela­ti­va scar­sità di let­te­ra­tu­ra sul­la sua cospi­cua ope­ra di ricer­ca, pro­get­ta­zio­ne, didat­ti­ca e azio­ne poli­ti­ca. La sua posi­zio­ne all’interno dei con­te­sti in cui si è tro­va­to a ope­ra­re è sem­pre sta­tapara­dos­sal­men­te decen­tra­ta, deli­be­ra­ta­men­te sul­la soglia: pit­to­re, ma stu­den­te di archi­tet­tu­ra; moder­ni­sta, ma por­ta­to­re di valo­ri pre­mo­der­ni; roma­no, ma col­la­bo­ra­to­re di rivi­ste mila­ne­si; pro­get­ti­sta di peri­fe­rie, ma impe­gna­to poli­ti­ca­men­te nel­le bat­ta­glie sui cen­tri sto­ri­ci; pro­fes­so­re e poi ret­to­re vene­zia­no, ma cam­pio­ne del­la cosid­det­ta scuo­la roma­na di archi­tet­tu­ra.

 

Intel­let­tua­le ricet­ti­vo ed estro­ver­so, gene­ro­so e per­ciò inclu­si­vo, Aymo­ni­no ha ali­men­ta­to lo svi­lup­po di mol­ti testi e con­te­sti archi­tet­to­ni­ci gra­zie a una leg­ge­rez­za carat­te­ria­le, ma soprat­tut­to alla sua ori­gi­na­le fun­zio­ne di col­le­ga­men­to tra luo­ghi e per­so­ne sepa­ra­ti fra loro. Da qui la sua eccen­tri­ca cen­tra­lità.

 

Oltre ai suoi pro­get­ti, in mostra sono espo­sti mate­ria­li e docu­men­ti pro­ve­nien­ti dal lato piùinti­mo e bio­gra­fi­co di Aymo­ni­no. Il cuo­re di que­sta sezio­ne è rap­pre­sen­ta­to dagli album ros­si che per mol­ti anni l’architetto ha dise­gna­to e riem­pi­to di aned­do­ti insie­me con la sua fami­glia, pro­du­cen­do una ope­ra col­let­ti­va dove in con­tro­lu­ce si intra­ve­do­no mol­ti dei fat­ti e dei pro­ta­go­ni­sti evo­ca­ti nel per­cor­so del­le città. Altri qua­der­ni e dise­gni figu­ra­ti­vi sonoespo­sti insie­me a una sele­zio­ne di inter­vi­ste.

 

For­te il lega­me di Aymo­ni­no con alcu­ne cit­tà ita­lia­ne: Roma, Vene­zia, Mila­no, Pesa­ro, Mate­ra, luo­ghi in cui ha lascia­to un segno pre­ci­so e incon­fon­di­bi­le. A ogni cit­tà cor­ri­spon­do­no uno o più cen­tri tema­ti­ci che chia­ma­no in cau­sa influen­ze e inter­lo­cu­to­ri dif­fe­ren­ti. Que­ste cit­tà vis­su­te pos­so­no dun­que esse­re inte­se come quar­tie­ri di una “cit­tà inter­na”, par­ti di una uni­ca gran­de cit­tà che cor­ri­spon­de alla com­po­si­ta per­so­na­li­tà dell’architetto roma­no.

La fedel­tà al tra­di­men­to, a cui fa rife­ri­men­to il tito­lo del­la mostra, è la para­dos­sa­le capa­ci­tà di Car­lo Aymo­ni­no di con­fron­tar­si con tut­te i prin­ci­pa­li ambi­ti cul­tu­ra­li e poli­ti­ci del secon­do Nove­cen­to sen­za mai rima­ne­re ingab­bia­to in un’unica cate­go­ria sta­ti­ca, evol­ven­do cioè costan­te­men­te per pic­co­li strap­pi – inter­pre­ta­bi­li come tra­di­men­ti. Que­sta par­ti­co­la­re atti­tu­di­ne è riscon­tra­bi­le ad esem­pio nel­la sua ade­sio­ne all’Associazione per l’architettura orga­ni­ca (Apao) di Bru­no Zevi, con­ser­van­do al con­tem­po un inte­res­se per il clas­si­ci­smo così come la stes­sa iscri­zio­ne al Pci con­tra­sta­va con i valo­ri del­la fami­glia d’origine e anco­ra nel­la sua col­la­bo­ra­zio­ne con la rivi­sta di archi­tet­tu­ra mila­ne­se “Casa­bel­la” pur essen­do un espo­nen­te del­la scuo­la roma­na. Anche per que­sto è sta­to con­si­de­ra­to roma­no a Vene­zia e vene­zia­no a Roma, rea­liz­zan­do però la sua ope­ra più impor­tan­te (Il Gal­la­ra­te­se) a Mila­no insie­me con Aldo Ros­si. Car­lo Aymo­ni­no ha con­ser­va­to però un tena­ce pun­to fer­mo tra le con­trad­di­zio­ni ine­vi­ta­bi­li di una lun­ga car­rie­ra teo­ri­ca e pro­get­tua­le svol­ta al Sud (Mate­ra) come al Cen­tro (Roma, Pesa­ro) e al Nord: l’esercizio quo­ti­dia­no del dise­gno inte­so non come pra­ti­ca arti­sti­ca ma come for­ma auto­no­ma di cono­scen­za, un pen­sa­re per figu­re che ha let­te­ral­men­te dato for­ma sia ai suoi pro­get­ti urba­ni sia al suo uni­ver­so bio­gra­fi­co total­men­te figu­ra­ti­vo.

 

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