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È uscito il documentario ‘Maccaruni – siciliani di Tunisia’
03/05/2021Questo articolo è stato letto 11415 volte!
È uscito ‘MACCARUNI — Siciliani di Tunisia’, un toccante documentario di Massimo Ferrara che ripercorre attraverso le testimonianze di 9 sopravvissuti, la vita dei siciliani in Tunisia prima della fuga del 1964.
Eccone due frammenti delle testimonianze raccolte a Latina e l’intervista all’autore, che ora vive a Parigi.
di Francesca Marrucci
Massimo Ferrara sta presentando in questi giorni il suo documentario ‘MACCARUNI — Siciliani di Tunisia’, un escursus approfondito sulla presenza dei siciliani in Tunisia fino al 1964. Molte delle interviste sono state girate a Latina dal regista che ora vive a Parigi. I sopravvissuti intervistati, soprattutto contadini, delle tante comunità di siciliani presenti all’epoca in Tunisia, forniscono un racconto toccante e profondo di quegli anni. Ce lo siamo fatti raccontare dall’Autore e vi presentiamo anche due brevi trailer del documentario.
Da cosa nasce l’idea di questo documentario?
L’idea nasce nel preservare la memoria di questi emigranti, siciliani e italiani, che hanno contribuito allo sviluppo culturale, sociale ed economico della Tunisia. Infatti, a causa della nazionalizzazione delle terre da parte di Bourguiba nel 1964, furono costretti a lasciare la loro terra natia. Molti di questi non furono rimborsati dallo Stato italiano per l’esproprio subito. La senatrice Marinella Pacifico, nel 2020, ha presentato DDL per l’indennizzo del patrimonio espropriato agli agricoltori italiani in Tunisia.
Spesso, parlando della cosiddetta ‘invasione siciliana’ in Tunisia, si fa un ritratto dei siciliani molto negativo, ha riscontrato questo pregiudizio durante le riprese?
Utilizzando fonti francesi, certi autori tendono a presentare i siculi-tunisini come delinquenti, analfabeti, clandestini o colonizzatori, adottando senza critica i pregiudizi, purtroppo classici e documentati, dei testi francesi dell’epoca. Però dimenticano di aggiungere che la cosiddetta ‘invasione siciliana’ avvenne pacificamente e in virtù dei trattati del 1834 tra la Tunisia e il Regno delle Due Sicilie, del 1861 con il Regno d’Italia e infine quello del 1891 con gli occupanti francesi. Inoltre, la storia documentale ci rimanda una verità più articolata, fatta anche di persone oneste e di gran lavoratori, che seppero integrarsi nelle varie componenti etniche tunisine, lasciando tracce della loro presenza e della loro sicilianità.
Gli italiani in Tunisia erano davvero clandestini?
Solo nel settembre del 1943, allorquando, in assenza di un governo in Italia, De Gaulle stracciò unilateralmente i trattati e chiuse le scuole pubbliche italiane, i siciliani divennero in seguito i nuovi ‘clandestini’.
Parliamo del documentario.
Il documentario è autoprodotto. Le musiche originali sono firmate da Roberta Cauli e Massimo Ferrara ed arrangiate da Giuseppe Laudanna. Le interviste sono state girate per la maggior parte a Latina, dove vi sono raggruppate 540 famiglie di italiani-tunisini, arrivate fra il ‘60 e il ’64, e a Parigi.
Quello che raccontano gli Italiani intervistati è la loro Tunisia, il loro Paese natale, la loro infanzia e le loro radici. A volte ancora increduli, ancora indignati, ancora arrabbiati dall’ingiustizia e dalla malafede dalle quali sono stati vittime, hanno in comune un passato intenso, i ricordi delle comunità di allora e la cultura rimasta.
Come è stato l’approccio con questi testimoni che hanno dovuto rivivere ricordi a volte dolorosi?
Ci hanno fatto entrare con fiducia nell’intimità delle loro vite, in quelle dei loro genitori. Nel documentario, sfilano davanti ai nostri occhi affascinati ragazzi innamorati, famiglie terrificate dalla mafia, fuijtine notturne, fratelli che controllano le sorelle, partenze per l’America, contrabbando di zibbibo, pizzini nascosti, genitori che rifiutano i propri figli… Ma ci fanno anche intravedere il più bello della natura umana: estati di sogno sulla spiaggia, solidarietà al di là dell’appartenenza nazionale. Dai loro racconti emerge una fortissima energia: così aperti al mondo e pronti a testimoniare senza lasciarsi distruggere dalla rabbia, dall’amarezza e dal rimpianto.
Sono i degni eredi di quei Siciliani coraggiosi partiti all’avventura per raggiungere la Tunisia. Nelle loro parole emerge il ricordo orgoglioso delle famiglie d’origine, attraversato da un filo d’amarezza. Perché si sono sentiti maltrattati.
Raccontano il loro rapporto con la Tunisia come un amore mai consumato. Lì, fino al ’64, stavano bene, avevano le terre, avevano la spensieratezza di chi si sente a casa sua e la felicità tratta da un’integrazione globalmente armoniosa tra le diverse comunità. Poi, ad un certo punto, la Tunisia li tradì sequestrando loro le terre. Ma l’Italia non offrì loro più di tanto. Quando arrivarono in Italia, finirono nei campi d’accoglienza e gli venne assicurato solo vitto e alloggio. Per il resto si dovevano arrangiare.
Quanti furono gli italiani in Tunisia?
È ragionevole supporre non meno di 200mila. Solo a Tunisi, nel censimento del 1936, gli iscritti al Consolato erano: 67.125. Aziende agricole circa 8.000.
Il documentario è stato presentato in vari festival, in quali è stato selezionato?
- Festival Pellegrinando (Castelli Romani e Prenestini),
- İnternational Silk Road Film Awards (Istanbul),
- Lift-Off Global (Los Angeles),
- Liberation Docfest Bangladesh,
- Inventa un Film (Latina).
Quante persone hanno partecipato e come sono state contattate?
Nove persone sono state intervistate, tutte dell’ultima generazione. Quelli di Latina fanno parte di una associazione, mentre quelli naturalizzati francesi, li abbiamo trovati attraverso ricerche.
Verrà a Pantelleria a presentarlo?
Mi piacerebbe tanto! Mio nonno e mio papà hanno prestato servizio al faro di Pantelleria e una mia zia e mio fratello sono nati in questa meravigliosa isola. Ma attualmente vivo a Parigi… Vediamo cosa il Covid ci consentirà di fare!
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Ho iniziato a 16 anni a scrivere sui giornali locali, per poi crearne uno, Punto a Capo, passando poi ai quotidiani e infine all’online.
Oggi, oltre a dirigere Punto a Capo Online e Punto a Capo Sport, collaboro con altri quotidiani online e dirigo l’Ufficio Stampa di Punto a Capo.
Inoltre, sono traduttrice, insegnante e Presidente della Onlus che pubblica il giornale. Faccio tante cose, probabilmente troppe, adoro scrivere, leggere e viaggiare e ho bisogno sempre di nuovi stimoli, di iniziare nuove avventure e creare nuovi progetti.