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L’Editoriale. La Sicilia che esclude le donne di Francesca Ragno
03/01/2021Questo articolo è stato letto 3401 volte!
L’Editoriale
La Sicilia che esclude le donne
Record negativo nel 2020 per la Regione Sicilia per la presenza delle donne alle cariche politiche. Lo commenta per noi la giornalista e studiosa Francesca Ragno, specialista nel settore delle pari opportunità in ambito politico.
di Francesca Ragno
Il 2020 si è chiuso per la Regione Sicilia con un record negativo per quanto riguarda la promozione dell’equilibrio dei sessi nell’accesso alle cariche politiche: il Presidente della Regione Nello Musumeci ha, infatti, revocato l’incarico di assessora all’unica donna presente nella sua giunta, ponendosi come ultima regione italiana per democrazia paritaria.
Tra le dichiarazioni a caldo che hanno fatto seguito al rimpasto di giunta siciliano si è fatta notare quella del deputato dell’Assemblea regionale siciliana, esponente della Lega Vincenzo Figuccia, che ha dichiarato con parole tipiche di una cultura machista tanto cara al suo partito di appartenenza che “[..] Ciò che conta non è ciò che gli assessori hanno in mezzo alle gambe ma ciò che hanno in mezzo alle orecchie. E soprattutto come lo usano per il bene dei siciliani […]”.
È veramente come dice il deputato siciliano che per la nomina degli assessori non conta il loro sesso?
È il caso di porre uno sguardo al di là della Sicilia e soffermarci sui principi della nostra Costituzione e su una consolidata giurisprudenza che fuga ogni dubbio sulle dichiarazioni del deputato Figuccia: nella nomina dei componenti della giunta il sesso degli assessori conta e come!
La Sicilia all’avanguardia per le nomine che assicurano un equilibrio di genere, ma dalla prossima consiliatura!
Solo poco più di due mesi fa, la Regione Sicilia si è posta all’avanguardia in Italia approvando la legge regionale 28 ottobre 2020, n. 26 recante norme di attuazione dello Statuto regionale e che in riferimento proprio alla nomina e alla revoca degli assessori prevede specifiche disposizioni di riequilibrio di genere. All’articolo 3 la legge dispone che il Presidente di Regione nomina i componenti della giunta “assicurando che ogni genere sia rappresentato in misura non inferiore a un terzo”, una disposizione che entrerà in vigore a partire dalla prossima consiliatura e che dimostra che senza apposite norme di riequilibrio di genere le donne vengono sistematicamente escluse dagli incarichi di governo.
È sufficiente che la norma che garantisce la presenza di entrambi non sia vigente per lavarsi la coscienza per la totale esclusione delle donne dal governo regionale? No, perché intervengono i principi costituzionali e la giurisprudenza in casi simili a quello siciliano.
Musumeci non è il primo a fare una giunta solo maschile, ma i giudici sono stati chiari: non si può fare!
Tra i presidenti di Regione, Nello Musumeci non è il primo e forse non sarà nemmeno l’ultimo a dotarsi di una squadra di governo di monocolore celeste, ma nei precedenti casi i giudici amministrativi sono stati chiari: una giunta tutta al maschile non s’ha da fare.
Come non ricordare il caso della giunta regionale sarda del 2011 dove l’allora Presidente Ugo Cappellacci venne tacciato dai giudici del TAR Sardegna di portare avanti “una tenace e riaffermata volontà politica di escludere le donne dalla gestione dell’ente regionale”, come scritto chiaramente nella sentenza 864 del 2 agosto 2011.
Sì, perché 10 anni fa la situazione della Regione Sardegna era del tutto similare a ciò che sta accadendo in questi giorni in Sicilia: nessuna norma regionale e statutaria che imponeva al Presidente di regione di nominare una giunta con un equilibrio tra i sessi e quindi quale soluzione migliore che optare per tutti uomini?
I giudici amministrativi sardi, forti anche di una serie di precedenti sentenze, non si sono soffermati alle norme regionali, ma hanno fatto leva sulle disposizioni costituzionali e in particolare sull’articolo 51 della nostra Costituzione, che dispone come “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.”
I giudici sardi hanno affermato la precettività diretta dell’articolo 51 della Costituzione: quei provvedimenti di cui si parla nel secondo periodo dell’articolo hanno un carattere impositivo nei confronti di chi è chiamato a darne attuazione, ovvero la Repubblica anche nelle sue articolazioni territoriali.
Non solo il TAR, anche la Corte Costituzionale è chiara: niente giunte monogenere
A confermare, quanto disposto dal Tar Sardegna, ci ha pensato niente di meno che la Corte Costituzionale in riferimento alla composizione della giunta della Regione Campania, che con la sentenza 81/2012 ha stabilito come i poteri di scelta nella nomina degli assessori da parte del presidente di Regione sono limitati dai canoni stabiliti dallo Statuto Regionale, là dove attua gli articoli 51 e 117 settimo comma della Costituzione, che assumono un carattere prescrittivo per l’operatore politico al fine di darne completa e piena attuazione con azioni volte a favorire la rappresentanza di genere non solo in via promozionale.
La sentenza della Corte Costituzionale lascia pochissimi margini per la sopravvivenza di giunte monogenere anche in assenza di una specifica disposizione statutaria, come nel caso della Regione Sicilia: gli statuti, infatti, non sono altro che il recepimento dei principi costituzionali che in assenza di norme primarie e sub-primarie di attuazione trovano un’applicazione diretta e precettiva.
Ricorso amministrativo?
Un possibile ricorso amministrativo contro l’atto di nomina della nuova giunta del Presidente Musumeci, potrebbe, quindi, imporre all’attuale presidente di fare ciò che la stessa legge regionale imporrà di fare al Presidente che verrà eletto nel 2022: nominare nella propria squadra di governo sia uomini che donne.
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Laureata in Studi Europei è giornalista pubblicista e ha collaborato con diverse testate occupandosi di politica e cultura. Nel 2013 ha conseguito il Dottorato di ricerca in Teoria dello Stato e istituzioni politiche comparate presso l’Università di Roma La Sapienza. Dalla XVII Legislatura lavora per l’Ufficio Legislativo del gruppo parlamentare del Movimento 5 stelle in Senato dove si occupa di politiche europee.