“Siamo addolorati per la morte di Willy, il ragazzo ucciso di botte a Colleferro dalla…
Roma/Colleferro. Il PCI ha chiesto ad un fine intellettuale umanista, lo scrittore Marco Onofrio, di mostrare pubblicamente con parole chiare, il sentire dei comunisti e di tante persone circa il tragico pestaggio di Willy Monteiro.
11/09/2020Questo articolo è stato letto 4540 volte!
Marco Onofrio, scrittore e dirigente comunista, così commenta la tragedia consumata a Colleferro: “Rabbia e sdegno. È ciò che tutte le persone dotate ancora di coscienza umana hanno provato alla notizia del brutale pestaggio di Colleferro. Ora giustizia e, sì, pene semplicemente adeguate, più che esemplari. Evitando – please – ogni tipo di facile strumentalizzazione politica (c’è un morto innocente da rispettare), nonché il balletto consueto dei patteggiamenti, dei depistaggi, degli scaricabarili. E quindi neutralizzando o limitando al massimo le “acrobazie” dialettiche degli avvocati difensori che certamente fanno il loro lavoro, ma non devono avere il potere giuridico – cavilli alla mano – di mistificare o cancellare la verità oggettiva di quanto accaduto. Che da questa brutta storia emerga, per Willy Monteiro così come a suo tempo per Stefano Cucchi, un messaggio etico fondamentale: in questo Paese chi sbaglia paga, chiunque sia, senza “se” e senza “ma”. È altresì impossibile, bypassando la reazione immediata, non porsi alcune domande che sorgono spontanee, dal cuore stesso dei fatti. 1) il pestaggio è avvenuto a pochi passi dalla caserma dei Carabinieri: perché i militari non sono intervenuti prontamente? perché non si sono accorti di quanto stava accadendo? perché nessuno li ha avvertiti? 2) perché la gente non ha applicato il principio del “pueblo unido”? dove erano e che cosa hanno fatto o, meglio, hanno omesso di fare coloro che hanno visto e che ora stanno testimoniando? i quattro “coatti” avrebbero continuato a infierire su Willy dinanzi al rischio concreto di essere linciati, linciati sì, da una massa compatta di cittadini, donne comprese? (una possibile e probabile risposta: i cittadini evitano di compromettersi per paura delle ripercussioni, perché sanno che ceffi come quelli – già tristemente noti nel circondario per le loro gesta – non vengono arrestati se non fanno qualcosa di grave, come un omicidio,e se anche poi vengono arrestati “rischiano” di tornare liberi, cioè di imperversare e vendicarsi, entro qualche mese; la gente dunque tace, diciamoci la verità, perché è terrorizzata e soprattutto perché non ha fiducia nelle leggi e nelle istituzioni)… 3) i quattro “coatti” erano fanatici di arti marziali, in particolare l’MMA (mixedmartialarts). Non sono sotto accusa le arti marziali in se stesse, ma le palestre dove vengono insegnate: con quali principi? secondo quale etica? se le palestre non vogliono essere ricettacolo di violenti e fascisti, come adesso tengono a precisare, perché non individuano e allontanano i soggetti che intendono imparare e praticare le arti marziali per picchiare e sopraffare il prossimo? – quindi, Marco Onofrio, continuando ad interpretare molto sentire comune così conclude — L’episodio apre una finestra inquietante sulla sottocultura di estrema destra che alligna sempre più nel degrado delle periferie e delle province, manovrata ad arte dai reclutatori di violenza e dai seminatori di odio. Le deboli menti di tanti ragazzi incolti vengono obnubilate – oltre che dall’uso regolare di sostanze psicotrope – da ideologie fondate sulla discriminazione, sul razzismo, sull’egocentrismo “eroico” e patologico, e dunque sulla conseguente ricerca di capri espiatori su cui sfogare rabbia, frustrazione, alienazione, tutto il plesso di conseguenze psicologiche e sociali prodotte da una società abbandonata a se stessa come una jungla, dove vige la logica omologante e violenta del “branco” sui presunti “deboli”, le vittime designate fin dagli anni della scuola (i colti, gli educati, i timidi, gli inabili, gli omosessuali, i neri, gli extracomunitari: i “diversi” in qualunque forma declinati). Ma, nella fattispecie, chi si è dimostrato debole? Willy, che è intervenuto per difendere un amico, o il branco di arroganti fascistelli che lo hanno massacrato in quattro contro uno? C’è un grande lavoro di recupero da fare, un lavoro di cultura, di educazione civica, di riprogrammazione familiare (dietro ognuno di certi soggetti c’è quasi sempre una famiglia manchevole o deviata, con genitori destrorsi che trasmettono i semi dell’odio, del disprezzo, della violenza). Il sacrificio di Willy non risulti vano.
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Un operatore dell’informazione. Un attivista culturale impegnato a diffondere le buone pratiche che aumentano ed estendono la fruizione del miglior bene immateriale di cui l’umanità dispone: il sapere, la conoscenza, la cultura. Questo il mio intimo a cui mi ispiro e la mia veste “giornalistica”. Professionalmente provengo da esperienze “strutturate” come sono gli Uffici Stampa pesanti: La Lega delle Cooperative, Botteghe Oscure. Ma anche esperienze di primo impatto: Italia Radio; e il mondo delle Rassegne Stampa cooperativa DIRE, Diretel, Rastel, Telpress. Per la carta stampata oltre una esperienza “in proprio” come direttore scientifico della rivista “Vini del Lazio”, ho collaborato con Paese Sera, con L’Unità, con Oggi Castelli.