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L’Arte ai tempi del COVID-19: come sopravviveranno gli addetti ai lavori nel mondo della spettacolo e dell’Arte?
26/05/2020Questo articolo è stato letto 5545 volte!
Il segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana di Frosinone, è un giovane artista. Forte della propria esperienza, seppur giovane, e proprio perché giovane artista, ha scelto di rendere note riflessioni che intrecciano aspetti di contenuto culturale filosofico e sociale; che intrecciano umanesimo ed economia e valori e dettato costituzionale e rivendicazione pan sindacale come meglio non si potrebbe. Probabilmente perché c’è la commistione tra pensiero coerente comunista ed esperienza personale che testimonia e vive quotidianamente la stessa medesima riflessione. Di seguito ecco la nota.
“Che l’improvviso avvento della malattia denominata Covid-19 avrebbe avuto delle ripercussioni disastrose sulla società e sull’economia italiana (e globale) lo sapevamo da mesi. Dagli inizi di Marzo ad oggi abbiamo assistito ad un qualcosa di totalmente inedito, di cui, con ogni probabilità, avremo memoria finché vivremo. – inizia ad esporre Costantino Mizzoni, giovane artista e segretario della FGCI Frosinone — Tutte le imprese, dalle più grandi alle più piccole, le attività commerciali di varia natura, i lavoratori autonomi hanno subito danni più o meno gravi, che ad oggi continuano a minarne la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica. C’è poi chi sta ancora peggio: dipendenti in cassa integrazione, lavoratori occasionali, precari, disoccupati che per due mesi non hanno avuto possibilità di ricevere un reddito adeguato (se non addirittura nullo) a garantire la tanto decantata vita dignitosa prevista dalla nostra Costituzione. Tra questi però c’è una categoria di lavoratori di cui mai si parla e a cui la società e il governo italiano hanno voltato le spalle già da decenni: gli artisti e gli addetti ai lavori del mondo dello spettacolo (non quello che si vede in tv). Io scrivo da musicista, e in questi anni e anni di gavetta infinita ne ho viste di cotte e di crude: noi artisti, nello specifico, molto spesso siamo costretti a lavorare gratuitamente, per farci un nome e poter iniziare a guadagnare le famose 50 euro a serata, un paio di volte a settimana, se tutto va bene. Purtroppo però, quelle 50 euro non sono mai assicurate: non essendo tutelati da alcun contratto vincolante con la persona che ci ingaggia e spesso ci ritroviamo a lamentarci ell’ennesima serata andata male. Mi piace rammentare (perché è importante che sia tutto molto chiaro) che un’artista deve mettere sul piatto un capitale di avviamento (per la formazione, per l’acquisto della strumentazione adeguata a garantire il tipo di spettacolo che si vuole proporre, per effettuare le prove, per la promozione, per l’incisione di dischi nel caso dei musicisti) che è pari se non superiore a quello di una S.R.L. (che, tanto per essere precisi ammonta a 10.000 euro). Purtroppo, un’artista – continua il giovane musicista — però per riuscire a coprire le spese ci impiega anni, decenni e il più delle volte non arriva mai a ripagarle perché i continui investimenti per lo svolgimento della propria professione superano i guadagni. Purtroppo viviamo in un paese che, pur professandosi la culla della cultura mondiale, non lascia alcuna possibilità all’arte di sopravvivere. Quante volte un musicista, un fotografo, un poeta, un attore, un pittore ha partecipato ad un dialogo del genere “cosa fai nella vita?” “il musicista (o qualsiasi altra categoria su elencata)” “sì ma oltre questo? Cosa fai per vivere?”. Il problema di oggi, in Italia ribadisco, è che l’arte non è considerata un lavoro, eppure sappiamo tutti quanto l’arte abbia influito storicamente ed influisca ancora oggi sulla cultura e sulla vita quotidiana di tutte le persone: quante volte ci mettiamo ad ascoltare musica durante un giorno? Quante volte abbiamo curato i nostri dolori ascoltando una canzone o leggendo un libro o assistendo ad uno spettacolo teatrale ecc.? Quante volte tutte queste cose ci hanno restituito forza, energie, emozioni? Quante volte ci hanno cambiato la vita o ci hanno indirizzato? Fare l’artista vuol dire regalare emozioni, vuol dire far star bene la comunità, vuol dire essere il cuore della cultura della società e sappiamo che la cultura, come anche l’economia, muove il mondo verso l’emancipazione, verso la conoscenza, le chiavi per vivere una vita degna e serena. Immaginate ora in una situazione del genere, con la maggior parte degli artisti, che hanno studiato per una vita, hanno investito migliaia di euro ed hanno fatto un’infinita gavetta, e che già prima del virus stentavano a sopravvivere. Parliamo di una categoria – prosegue Mizzoni — che spesso lavora con contratti a prestazioni occasionali, o addirittura in nero perché i guadagni già non coprono le spese, figuriamoci se ci si dovessero pagare su le imposte. Pare abbastanza chiaro come delle persone che lavorino in questo specifico settore possano trovarsi in una situazione non solo disperata, ma senza via d’uscita in un momento storico del genere, perché non sono stati solo questi due mesi di lockdown, che da soli basterebbero a mettere in ginocchio tutta la categoria, ma gli spettacoli artistici e culturali di qualsiasi tipo (danza, teatro, mostre, concerti) non si sa quando potranno riprendere, forse fra un anno, forse ci vorrà anche di più e nel frattempo? Come faranno queste persone ad alimentarsi, a pagare le bollette, a sopravvivere? Forse a sopravvivere potranno anche farcela, ci si può anche alimentare dalla spazzatura in effetti, ma parliamo di dignità, quella che per la nostra straordinaria ( e lo penso davvero non sono ironico) Costituzione riconosce come un diritto di tutti! Ma passiamo ai dati:
secondo i numeri raccolti da Enpals e dalla Fondazione Symbola, in questo momento ci sono tra le 300.000 e le 380.000 persone legate al mondo dello spettacolo e della cultura che in Italia non stanno lavorando. Nel 2018 il rapporto stilato dalla Siae parlava di 7.794.399 presenze nel settore, di cui 82.641 erano organizzatori di eventi. Questi sono solo i dati ufficiali, ma pensate a quante persone non sono iscritte alla Siae, già perché per un’artista emergente l’iscrizione alla Siae è solo una nuova voce di perdite da aggiungere al bilancio che pende sempre e solo verso il lato negativo. Ho parlato di artisti fino ad ora, ma il mondo dello spettacolo è ampio, gli artisti sono i “protagonisti”, ma ci sono tanti attori co-protagonisti, un numero indefinito di comparse e molti altri che lavorano dietro le quinte: agenzie che si occupano di gestire gli artisti, uffici stampa, gli organizzatori di eventi, i tecnici, i fonici, i proprietari di service… Se consideriamo tutti coloro che orbitano attorno al mondo dello spettacolo si arriva ad un numero così enorme da fare impressione, da mandare in crisi una nazione intera. Perchè sì, se milioni di persone smettono di lavorare e guadagnare, non possono neanche più spendere, non possono neanche più ripagare eventuali debiti che hanno posto in essere per finanziare i propri investimenti e si innesca una catena di insolvenze talmente enormi che non oso neanche immaginarne le conseguenze. Artisti, organizzatori di eventi, tecnici che operano nel mondo dello spettacolo sono pur sempre consumatori – conclude Costantino Mizzoni — e se non guadagnano non consumano e se non consumano la domanda si abbassa, i produttori riducono la propria produzione, tagliano le spese, riducono il personale e si ritorna a monte, continua a diminuire la domanda e così via, fino al collasso definitivo. Sono quasi 8 milioni le persone che lavorano nello spettacolo, almeno quelle registrate, tante altre non lo sono, non possono farlo… Credo che sia un numero molto rilevante che può portarci ad ipotizzare, a ragion veduta, la distopica situazione di collasso di cui sopra. In altri luoghi del mondo gli artisti hanno un reddito fisso assicurato dallo Stato (sempre, non solo in questa situazione di pandemia) per il semplice fatto di essere artisti: gente che lavora a servizio della comunità, in Italia la società e il governo ci hanno voltato le spalle… Se non volete necessariamente vederci come esseri umani che hanno bisogno di sopravvivere almeno vedeteci come consumatori che se non consumano possono portare ad una flessione del PIL e ad un collasso economico di proporzioni enormi, forse mai viste. Fatelo almeno per questo…”.
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Un operatore dell’informazione. Un attivista culturale impegnato a diffondere le buone pratiche che aumentano ed estendono la fruizione del miglior bene immateriale di cui l’umanità dispone: il sapere, la conoscenza, la cultura. Questo il mio intimo a cui mi ispiro e la mia veste “giornalistica”. Professionalmente provengo da esperienze “strutturate” come sono gli Uffici Stampa pesanti: La Lega delle Cooperative, Botteghe Oscure. Ma anche esperienze di primo impatto: Italia Radio; e il mondo delle Rassegne Stampa cooperativa DIRE, Diretel, Rastel, Telpress. Per la carta stampata oltre una esperienza “in proprio” come direttore scientifico della rivista “Vini del Lazio”, ho collaborato con Paese Sera, con L’Unità, con Oggi Castelli.