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17 maggio, giornata contro l’omotransbifobia. Preoccupanti i dati per la scuola.
17/05/2020Questo articolo è stato letto 13239 volte!
La denuncia di Fabrizio Marrazzo, presidente di Gay Center: “Nel ‘90 l’OMS dichiara che l’omosessualità non è una malattia. Dopo 30 anni le persone LGBT ancora vittime di violenze e discriminazioni”
GIORNATA CONTRO L’OMOFOBIA,
PERCHÉ HA ANCORA SENSO PARLARNE
“Ci auguriamo che la proposta di legge contro omofobia, transfobia e bifobia venga nuovamente calendarizzata in Parlamento. È una questione di civiltà”
Di Giammarco Graziano
“Il 17 maggio 1990 l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara che l’omosessualità non è più una malattia. Nonostante ciò, dopo 30 anni le persone LGBT (lesbiche, gay, bisex e trans) sono ancora vittime di violenze e discriminazioni”. È quanto ha affermato, purtroppo senza alcun timore di essere smentito, il presidente di Gay Center, Fabrizio Marrazzo in una intervista concessa a ‘Il Giornale’.
Riteniamo che sia il prologo più attinente alla data di domenica 17 maggio, in cui ricorre la 15^ giornata contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. Nel trentennale di una data tanto importante quanto misconosciuta, soprattutto in Italia, come quella richiamata dal presidente di Gay Center.
Era il 17 maggio del 1990, quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) reputò che fosse giunto il momento (alla buon’ora!) di togliere l’omosessualità dal novero delle malattie mentali. Da allora, da quel fatidico 17 maggio, sono passati trent’anni. Ma vi è da chiedersi, cos’è realmente cambiato, se qualcosa è cambiato, in Italia?
I dati di cui disponiamo, resi pubblici dallo stesso Gay Center, non sono incoraggianti.
Basti pensare che ad oggi sono oltre 50 le persone che contattano quotidianamente la linea telefonica di supporto alle persone LGBT+ vittime di violenza. E ancora meno incoraggianti sono, purtroppo, i dati che giungono dalla scuola.
In questo particolare e nevralgico settore, nell’utenza interessata la percentuale tra quanti non si sentono sicuri e nascondono il proprio orientamento sessuale o di genere, è di oltre il 90%.
Ma è nella valutazione che gli studenti hanno su cosa sia l’omosessualità che si resta davvero stupiti. Un recente sondaggio ha dato come risultato che il 34% del totale degli intervistati ritiene che l’omosessualità sia ‘sbagliata’, ma, fattore ancora più incredibile, il 10% di essi, ancora oggi, la considera una malattia o un problema estremamente serio.
Numeri scoraggianti, che ci fanno comprendere perché solo il 2% degli interessati compresi tra i 14 ed i 20 anni faccia coming out in famiglia e con gli amici.
Pochi giorni orsono si poneva favorevolmente in risalto il divieto posto dal governo tedesco alle cosiddette e famigerate ‘terapie riparative’ riservate agli omosessuali. È appena il caso di ricordare che le ‘terapie riparative’, o ‘terapie di conversione’, sono dei metodi, per fortuna non riconosciuti, di più, bandìti dalla comunità scientifica, con cui ci si propone di cambiare l’orientamento sessuale o l’identità di genere di una persona, ovviamente al fine di renderla eterosessuale…
Ebbene, in Italia, non solo non sono legalmente vietate le ‘terapie riparative’, seppure l’Ordine degli Psicologi ne neghi qualsiasi sia pure minima validità, ma manca ancora una legge contro l’omo – trans – bifobia.
E non desta quindi stupore se solo l’infima percentuale dell’8% delle persone LGBT+ si ritiene garantita nella propria sicurezza personale dalle leggi in vigore nel Bel Paese, ben poco a confronto del pure insufficiente 30% del resto d’Europa.
Proprio quì, nella stessa Italia, che nel ‘900 rappresentava un unicum, riuscendo, grazie ad interventi trasversali di tutte le forze politiche, a non fare ritenere reato l’omosessualità, come accadeva in moltissimi altri Paesi.
Fa specie quindi dover rimarcare come oggi il nostro Paese sia uno tra i ‘fanalini di coda’ in tema di politiche di inclusione per parità di genere e di orientamento sessuale.
In Italia le persone LGBT+ pagano il pesante prezzo dell’assenza di una legge contro l’omofobia, che crea gravi conseguenze, ma anche la mancanza di una seria programmazione sul matrimonio egualitario. Lo strumento delle unioni civili, giunto con colpevole ritardo rispetto al resto del mondo e dell’Europa, appare, a soli quattro anni dalla sua approvazione, obsoleto e superato.
Nel nostro ordinamento giuridico persistono disparità che non sono state colmate con interventi legislativi. In tema di inclusione e parità, e contro l’omofobia, nel febbraio di quest’anno, pochi giorni prima del lockdown dovuto al COVID 19, è iniziato un dibattito in Parlamento, poi sospeso.
Sovente in questi dibattiti, accade che le argomentazioni siano più ideologiche che politiche, e che si tiri in ballo, a sproposito, la Costituzione. Che invece, essendo sintesi perfetta ed armonica di numerose e molteplici istanze, dovrebbe consentire che al proprio interno vi sia un ampio margine di movimento.
Che dire, in questo lungo periodo di quarantena, anche psicologica, si è spesso sentito dire che “ne usciremo migliori”. Auguriamoci che sia così, dal momento che siamo alla vigilia della ripartenza del Paese. Ad oggi, la legge contro l’omotransbifobia depositata dall’On. Alessandro Zan del PD, è stata attualmente ricalendarizzata per il mese di luglio. Non diciamo nulla di inedito se riteniamo che, l’attuazione di quest’ultima, sia una questione di civiltà.
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Classe 1992, prof per vocazione, curioso di natura, sportivo… ma solo sulla teoria! Da oltre un decennio ruoto intorno allo sport, in particolare nel settore pallavolo. Ho collezionato svariate esperienze lavorative, fra cui la preziosa collaborazione con Punto a Capo. Dal 2014 sono arbitro di pallavolo, dal 2017 dirigente sportivo e dal 2018 sono allenatore “diplomato” FIPAV e coordinatore/responsabile territoriale pallavolo US ACLI di Roma. Oltre lo sport le mie passioni ruotano intorno alla politica, alla storia e alla filosofia.