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Coronavirus: dalla Terra Santa un vaccino in tre settimane?
01/03/2020Questo articolo è stato letto 4933 volte!
di Mauro Abate — Italia Nostra, sezione di Marino
Contro il coronavirus le attuali misure, sicuramente utili, servono a contenere la diffusione dell’infezione, ma c’e’ il rischio che infine si propaghi comunque gradualmente in tutto il pianeta. Si tratta inoltre di misure assai disagevoli, dal sapore medievale, che causano danni sociali e alle economie dei Paesi in cui vengono adottate. Una soluzione ideale sarebbe di avere a disposizione un VACCINO, perche’ preverrebbe l’infezione sul nascere. Sappiamo che si tratta di un virus parente di quello dell’influenza, e che causa una malattia simile, ma piu’ grave e contagiosa. Stranamente pochi ricordano i circa 60.000 morti ogni anno nel mondo per le complicazioni dell’influenza “normale”, per cui tuttavia e’ disponibile un vaccino, e, anche se la vaccinazione crea non pochi problemi organizzativi e qualche disagio, siamo rassicurati dall’avere una protezione.
Tuttavia le previsioni di realizzare un vaccino contro il coronavirus Covid-19 (l’acronimo del virus, sta per Corona Virus Disease 2019 — “disease”, o malattia in inglese) sono fosche. Alcuni sanitari parlano di tempi record ma improbabili di 8 mesi, altri di almeno un anno, altri ancora di circa diciotto mesi… giusto il tempo per fare sprofondare il mondo intero nell’alto medioevo con migliaia di decessi, misure restrittive, economie in declino, tensioni sociali, e la caccia agli untori. In questo quadro fosco si e’ aperto uno sprazzo di luce: un istituto israeliano in Galilea, il MIGAL, informa che sarebbe in grado di realizzare il vaccino in tre settimane, e dopo 3 mesi di test clinici d’obbligo e di allestimento di capacità produttive su larga scala, sarebbe pronta la diffusione e somministrazione di massa. Inoltre il vaccino avrebbe somministrazione orale, non intramuscolare, quindi più accetta e agevole.
All’istituto lavorano 80 medici e 260 ricercatori in 53 laboratori. Il motivo della celerità è che hanno appena finito di lavorare sul vaccino contro il virus della bronchite infettiva aviaria (IBV — infectious bronchitis virus) che è un coronavirus simile al Covid-19, e che usa le stesse modalità infettive. La proteina antigene (macromolecola simile al virus, innocua e che lo emula) sarebbe introdotta dalle cellule tramite “endocitosi”, cioè con la formazione da parte della membrana cellulare di piccole vescicole che la contengono e la portano all’interno, stimolando nelle cellule chiamate linfociti B, o plasmacellule, la produzione di anticorpi.
Altri enti o aziende che lavorano alla realizzare di un vaccino contro il Covid-19 sono: Moderna (USA, previsione: entro 18 mesi), l’Università Baylor del Texas, l’Universita’ del Queensland in Australia, ed ancora le aziende farmaceutiche multinazionali Inovio, GlaxoSmithKline, Sanofi e Johnson & Johnson. Tutte prevedono tempi lunghi, specialmente per i test clinici, propedeutici alla distribuzione del vaccino.
Chiunque troverà il vaccino comunque troverà un tesoro. Sia chi lo prenderà, ma soprattutto chi lo produrrà. Ma stranamente, di fronte al disastro mondiale che il Covid-19 sta compiendo alle vite, alla salute, alle società e alle economie, se ne parla poco. Di polemiche, specie tra politici, invece scorrono fiumi di parole.
Con 7 miliardi di abitanti del pianeta che necessitano disperatamente di un vaccino, e con nazioni dalle economie bloccate che necessitano di trovare soluzioni al piu’ presto, si tratterebbe anche di un affare di dimensioni colossali, uno dei piu’ grandi della storia umana. I servizi sanitari pubblici e le piu’ grandi aziende farmaceutiche procedono seguendo protocolli di ricerca clinica sperimentale molto rigorosi, con molta prudenza, giustificabile in altri tempi ma che andrebbero accellerati al massimo nella drammatica situazione in cui versa il pianeta, in cui non si intravede la fine del tunnel.
Mauro Abate — Italia Nostra, sezione di Marino