Marino. Aversa, PCI Lazio, sul Governo: giudizio negativo!

Marino. Aversa, PCI Lazio, sul Governo: giudizio negativo!

05/09/2019 0 Di Maurizio Aversa

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Mau­ri­zio Aver­sa, diri­gen­te comu­ni­sta mari­ne­se del PCI Lazio, let­ti i pri­mi i com­men­ti sul neo­na­to gover­no Con­te II (in real­tà avrà pre­su­mi­bil­men­te il voto posi­ti­vo alle Came­re lune­dì pros­si­mo), e in spe­cie l’in­ter­ven­to, luci­do e pun­tua­le del­l’on. San­ta­rel­li, ha volu­to imme­dia­ta­men­te pro­por­re un dif­fe­ren­te giu­di­zio. Che, da un lato non si sof­fer­mas­se alla sem­pli­ce con­ten­tez­za di aver cac­cia­to (auto­de­fe­ne­stra­to) un inu­ti­le qua­qua­ra­quà del qua­lun­qui­smo; e che nep­pu­re si faces­se sedur­re da pro­mes­se di super­fi­cie che non intac­ca­no in nul­la la sto­ri­ca que­stio­ne di chi sfrut­ta e chi è sfrut­ta­to. Una doman­da su tut­te: fisco, tas­se, cuneo, ecc. ma pren­de­re i sol­di dove sono (patri­mo­nia­le) per­chè non si sce­glie? Per que­sto pro­po­ne, sce­na­ri e visio­ni.

Foto giu­ra­men­to nuo­vo gover­no con Pre­si­den­te Mat­ta­rel­la

Sce­na­ri e visio­ni.
Pro­via­mo a com­pi­la­re gli sce­na­ri in cui si immet­te, si ritro­va, que­sta nuo­va espe­rien­za di gover­no in Ita­lia.
5G, demo­gra­fia, via del­la seta.
Sen­za dub­bio, chi richia­ma l’attenzione sul muta­men­to dei para­me­tri e dell’espletamento del­le fun­zio­ni lavo­ra­ti­ve, nel­la acce­zio­ne dei modi, degli stru­men­ti e dei tem­pi, ha pie­na­men­te ragio­ne. Così come han­no ragio­ne colo­ro che capar­bia­men­te sot­to­li­nea­no che, muta­ti gli stru­men­ti e i tem­pi, inno­va­ti i modi, il tema resta lo stes­so che addi­tò Marx: chi è pro­prie­ta­rio degli stru­men­ti, ogget­ti­va­men­te sfrut­ta chi li uti­liz­za a fine di pro­fit­to. Padro­ni e pro­le­ta­ri, con altre vesti, con dif­fe­ren­ti tem­pi di gestio­ne, resta­no lega­ti a que­sto indis­so­lu­bi­le nodo. Ovve­ro, risol­vi­bi­le se deca­de lo sfrut­ta­men­to, quin­di la pro­prie­tà e quin­di chi deci­de l’organizzazione del lavo­ro. Per­ciò lo sce­na­rio del 5G che alle­via le fati­che, che digi­ta­liz­za, che crea (fasul­la­men­te) i dato­ri di se stes­si , non è riso­lu­ti­vo di nul­la se non si inter­vie­ne sul capi­ta­li­smo moren­te sop­pian­tan­do­lo. Così come non è magi­co per le gio­va­ni gene­ra­zio­ni che saran­no “più libe­re” nel­la gestio­ne spa­zio tem­po­ra­le, sem­pli­ce­men­te per­ché è una cate­na cor­ta che nul­la con­ce­de.
Del resto, con tut­te le pos­si­bi­li­tà in seno ai cam­bia­men­ti pro­dut­ti­vi, una gran­dis­si­ma quan­ti­tà di esple­ta­zio­ne di man­sio­ni lavo­ra­ti­ve, gros­so­la­ne, umi­li, spe­cia­liz­za­te, ovve­ro ripe­ti­ti­ve, nell’industria come nell’agricoltura o nel com­mer­cio e nei ser­vi­zi, non sono debel­la­te. Anzi, erro­nea­men­te inte­se come mino­ri, come lavo­ro di ripie­go, sono la spi­na dor­sa­le del fun­zio­na­men­to del­la socie­tà. Pen­sa­te ai por­tan­ti­ni, agli ope­ra­to­ri eco­lo­gi­ci, al per­so­na­le ata del­le scuo­le, ai brac­cian­ti, ai mano­va­li, agli addet­ti alle cate­ne di mon­tag­gio. Sono milio­ni di lavo­ra­to­ri e lavo­ra­tri­ci che, spar­si nel decen­tra­men­to e spez­zet­ta­men­to pro­dut­ti­vo, par­cel­liz­za­te la for­ma del­le squa­dre di lavo­ro – non più a deci­ne, ma a poche uni­tà – sono comun­que pre­sen­ti quo­ti­dia­na­men­te nel­la base di fun­zio­na­men­to di ogni moder­na socie­tà come la nostra. Da noi però, c’è un aggra­van­te – for­se per il con­nu­bio per­ver­so di una bor­ghe­sia che non è sta­ta mai nazio­na­le, ma tut­to al più fami­lia­re che ha pre­fe­ri­to segui­re il pro­fit­to piut­to­sto che la fedel­tà al Pae­se – che la disce­sa del­la pro­spet­ti­va futu­ra simi­le ormai a incu­bo o disil­lu­sio­ne comun­que, è sta­ta ragio­ne del calo demo­gra­fi­co. Che non è un dato per ana­li­sti. No è la con­tro­pro­va che non aven­do futu­ro c’è la fuga a voler scom­met­te­re a voler­si impe­gna­re per una pro­spet­ti­va posi­ti­va. Risul­ta­to trop­pe poche nasci­te che impe­di­sco­no pro­gram­ma­zio­ne e faci­li­ta­no rapi­na socia­le. Una del­le più note lo sfrut­ta­men­to del­le migra­zio­ni che sup­pli­sco­no le man­ca­te nasci­te, ma che al con­tem­po, ren­do­no più dif­fi­ci­le e com­pli­ca­to una tenu­ta socia­le anche e per­fi­no nel­le riven­di­ca­zio­ni dei dirit­ti, del lavo­ro e del­la per­so­na.
La Cina, che per mil­le moti­vi – non ulti­mo che vive il pro­ble­ma al con­tra­rio, non ulti­mo che è capa­ce di pre­ve­de­re temi per lo svi­lup­po mon­dia­le e non solo di casa pro­pria, non ulti­mo per­ché da sta­to socia­li­sta che inse­gue gli idea­li comu­ni­sti vuo­le aiu­ta­re i popo­li e le nazio­ni del mon­do dispo­ste ad accet­ta­re que­ste pre­oc­cu­pa­zio­ni – è in gra­do di indi­ca­re solu­zio­ni, in que­sta fase sto­ri­co-poli­ti­ca inter­na­zio­na­le, nel fran­gen­te glo­ba­le non nega­ti­vo e non di appiat­ti­men­to, sta pro­po­nen­do la via del­la seta. Un modo di pen­sa­re a lun­go ter­mi­ne – 2050 è l’orizzonte – in cui si pro­po­ne come part­ner per pro­get­ti infra­strut­tu­ra­li loca­li e inter­na­zio­na­li; pro­get­ti di amplia­men­to e cre­sci­ta cul­tu­ra­le e socia­le di tut­ti i popo­li e le nazio­ni che vor­ran­no bene­fi­cia­re di tale oppor­tu­ni­tà. Con una uni­ca con­se­guen­za ogget­ti­va: il rag­giun­gi­men­to del­la pace per reci­pro­che con­ve­nien­ze e non per non bel­li­ge­ran­za o per la pre­sen­za del­le cosid­det­te “guer­re regio­na­li” di cui se ne con­ta­no ormai a deci­ne.
Ed ora illu­stria­mo qual­che visio­ne pros­si­ma ven­tu­ra.
Ambien­te, pro­dut­ti­vi­tà, lavo­ro.
Pen­sa­re alla que­stio­ne ambien­ta­le sen­za con­na­tu­rar­la con la manu­ten­zio­ne ordi­na­ria e straor­di­na­ria del ter­ri­to­rio, dei beni pub­bli­ci del­le infra­strut­tu­ra­zio­ne a rete, signi­fi­ca fare gli ambien­ta­li­sti dell’ampolla. Cioè quel­li che par­la­no e ser­vo­no a poco per­ché si con­cen­tra­no a recin­ta­re due metri qua­dra­ti di “natu­ra incon­ta­mi­na­ta” sen­za inter­ve­ni­re e risol­ve­re le que­stio­ni dell’inurbamento e del­la antro­piz­za­zio­ne, cioè i luo­ghi in cui l’umanità vive quo­ti­dia­na­men­te. Quin­di il pri­mo inter­ven­to vero in Ita­lia, di natu­ra ambien­ta­le per l’odierno che è pro­spet­ti­co per il futu­ro, ad esem­pio è la gran­de ope­ra di manu­ten­zio­ne straor­di­na­ria ed ordi­na­ria dell’assetto idro­geo­lo­gi­co: del ter­ri­to­rio, del­le infra­strut­tu­re ed aree a rischio, del­le urba­niz­za­zio­ni da sana­re (ricor­dia­mo Livor­no?).
Così come pen­sa­re alla pro­dut­ti­vi­tà, non sog­gio­ga­ta dal pro­fit­to ma ispi­ra­ta dal cosa si pro­du­ce e per chi si pro­du­ce, aiu­ta a sce­glie­re inter­ven­ti di ristrut­tu­ra­zio­ne ambien­ta­le dei siti pro­dut­ti­vi (abbia­mo pre­sen­te ILVA?). E se tale linea di poli­ti­ca eco­no­mi­ca e pro­dut­ti­va ambien­ta­le non si con­fà con i desi­de­ra­ta degli appe­ti­ti padro­na­li, si nazio­na­liz­zi. Pri­ma si inter­vie­ne per i cit­ta­di­ni e la loro salu­te, poi per la pos­si­bi­li­tà di pro­dur­re, quin­di per la qua­li­tà di pro­du­zio­ne che il siste­ma ita­lia­no è capa­ce di mostra­re e rea­liz­za­re, in ulti­mo se c’è l’utile è meglio, altri­men­ti si lavo­ra a pari­tà di bilan­cio aven­do: rispet­ta­to l’ambiente e quin­di il futu­ro e la salu­te, dato lavo­ro in sicu­rez­za, pro­dot­to beni di qua­li­tà.
Il lavo­ro. Non va con­fu­so con red­di­to mini­mo, col red­di­to di cit­ta­di­nan­za o col sala­rio mini­mo. Le misu­re di wel­fa­re, sep­pu­re pen­sa­te per la nuo­va socie­tà digi­ta­liz­za­ta che taglia posti di lavo­ro per­ché la robo­ti­ca etc… sono pos­si­bi­li e da adot­ta­re. Ma la stra­te­gia per il lavo­ro, sia esso clas­si­co, o pen­sa­to in nuo­va veste ora­ria (lavo­ra­re meno per lavo­ra­re tut­ti è pos­si­bi­le. Soprat­tut­to è pos­si­bi­le se gio­ca­to come scel­ta non in una sola nazio­ne: qual­cu­no del Gover­no glie­lo dirà all’Europa ? O si teme la rea­zio­ne padro­na­le?) ha biso­gno di scel­te fon­da­men­ta­li che impat­ta­no con pro­gram­mi a lun­ga sca­den­za come un pia­no per l’industria, per l’agricoltura, per i ser­vi­zi, e cosi via.
Alla luce di que­sti sce­na­ri (som­ma­ri), e di que­ste visio­ni (par­zia­li e primarie)il que­si­to sul Gover­no, per dar­ne un giu­di­zio non di lavo­ro (vedia­mo cosa fa e poi giu­di­chia­mo), ma di indi­riz­zo (che è il cuo­re del­la poli­ti­ca: altro che con­trat­ti­ni di gover­nuc­ci, o anti­po­li­ti­ca del caso per caso e né destra né sini­stra). Ed a que­sto pro­po­si­to, chi spez­za già lan­cia a favo­re, cer­ta­men­te si assu­me la respon­sa­bi­li­tà (legit­ti­ma e tra­spa­ren­te) di schie­rar­si poli­ti­ca­men­te, ma mal giu­sti­fi­ca la pro­pria scel­ta. Per­ché? Per­ché gli indi­riz­zi filoeu­ro­pei e, peg­gio, euroa­tlan­ti­ci, da tut­te le par­ti riven­di­ca­te, men­tre depo­ten­zia la autoap­par­te­nen­za alla sini­stra di LeU, con­se­gna mani e pie­di M5S e PD alle poli­ti­che del tur­bo­ca­pi­ta­li­smo moren­te, e del gio­go al fiscal com­pact. Lo sap­pia­mo che la con­tin­gen­za può favo­rir­ci in quan­to la Ger­ma­nia in dif­fi­col­tà abbas­se­rà la guar­dia e con­sen­ti­rà una fles­si­bi­li­tà dei con­ti, ma è tutt’altro dall’autonomia vera del nostro Pae­se per le pro­prie scel­te che potreb­be sop­por­ta­re una sot­to­mis­sio­ne di linea solo nel caso di una altra Euro­pa che non c’è. Né in fie­ri né sul­la car­ta: è solo vagheg­gia­ta inu­til­men­te in qual­che spraz­zo con­ve­gni­sti­co di manie­ra!
Quin­di, pur sen­za man­ca­re di rispet­to a chi cre­de che stia com­pien­do una gran­de azio­ne inno­va­tri­ce, le gran­di scel­te, quel­le che pos­so­no ricon­se­gna­re l’Italia alle nostre auto­no­me deci­sio­ni (al limi­te con l’uscita da UE ed euro, sicu­ra­men­te dal­la dan­no­sa NATO) in atte­sa di pro­muo­ve­re una vera Euro­pa poli­ti­ca e dei popo­li, non sono ora nel­le cor­de del­le volon­tà di que­sti con­traen­ti: né del M5S, né del PD, e nep­pu­re di LeU. Que­sto l’unico giu­di­zio pos­si­bi­le oggi.

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