Marilena Barbera (FIVI SICILIA): proteggiamo le piccole Doc, non le mercifichiamo

Marilena Barbera (FIVI SICILIA): proteggiamo le piccole Doc, non le mercifichiamo

11/07/2019 1 Di Redazione

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Mari­le­na Bar­be­ra del­le Can­ti­ne Bar­be­ra e Pre­si­den­te del­la FIVI SICILIA (Fede­ra­zio­ne Indi­pen­den­te Viti­col­to­ri Ita­lia­ni) ha com­men­ta­to l’arti­co­lo del Gam­be­ro Ros­so del 9 luglio a fir­ma di Lore­da­na Sot­ti­le che par­la del­le uni­tà geo­gra­fi­che aggiun­ti­ve su cui stan­no pun­tan­do sem­pre più Con­sor­zi di vini in Ita­lia.

Tenen­do a men­to il caso del Con­sor­zio Tute­la del Vino Doc di Pan­tel­le­ria che vuo­le appor­re inve­ce ad una uni­tà geo­gra­fi­ca già ben deli­nea­ta e rico­no­sci­bi­le, una dici­tu­ra più gene­ra­li­sta qua­le ‘Sici­lia’, appa­re chia­ro come que­sta deci­sio­ne sia in con­tro­ten­den­za anche a livel­lo nazio­na­le. Dopo la peti­zio­ne onli­ne fir­ma­ta dopo nem­me­no 24 ore da qua­si 500 per­so­ne (FIRMA QUI) per dire NO a que­sta deci­sio­ne del Con­sor­zio, l’ar­ti­co­lo del­la Sot­ti­le assu­me un’im­por­tan­za ed un inte­res­se par­ti­co­la­re per il caso Pan­tel­le­ria. Lo svi­li­men­to del pro­dot­to loca­le e la sua mer­ci­fi­ca­zio­ne, con un chia­ro rife­ri­men­to al caso di Pan­tel­le­ria, anche se mai aper­ta­men­te cita­ta, sono al cen­tro del­la sua cri­ti­ca, da leg­ge­re con atten­zio­ne.

Ecco quello che afferma Marilena Barbera:

Un bel lavo­ro quel­lo di Lore­da­na Sot­ti­le sul Gam­be­ro Ros­so di sta­mat­ti­na.
Si par­la di CRU, in Ita­lia­no MGA o UGA (se gli des­si­mo anche un acro­ni­mo miglio­re tut­to som­ma­to non sareb­be male).
Una stra­da per­cor­sa da alcu­ni Con­sor­zi che tute­la­no vini di gran­dis­si­ma qua­li­tà e rico­no­sci­bi­li­tà: Baro­lo, Bar­ba­re­sco, Dia­no d’Alba, Soa­ve, Cone­glia­no Val­dob­bia­de­ne (sì, pro­prio quel­lo del rico­no­sci­men­to Une­sco, che è il pun­to di arri­vo di un per­cor­so di valo­riz­za­zio­ne che par­te da mol­to lon­ta­no).
Una scel­ta che altri Con­sor­zi di tute­la stan­no valu­tan­do, Castel­li di Jesi e Chian­ti Clas­si­co in testa, pro­prio per­ché “l’unica via pos­si­bi­le per dif­fe­ren­ziar­si è radi­car­si ancor di più nel pro­prio ter­ri­to­rio. Al con­tra­rio del viti­gno o del­la tec­ni­ca di pro­du­zio­ne, l’unica cosa che non può esse­re repli­ca­ta altro­ve è, infat­ti, l’appartenenza al pro­prio ter­ri­to­rio. Ed è, quin­di, l’unico para­me­tro che può aggiun­ge­re valo­re”.
Uno quin­di pen­sa che anche in Sici­lia, dove esi­sto­no tan­ti ter­ri­to­ri con carat­te­ri­sti­che ben distin­te, que­sta sia la stra­da più logi­ca e più effi­ca­ce per valo­riz­za­re le pic­co­le pro­du­zio­ni spe­cia­li, quel­le tal­men­te par­ti­co­la­ri e tal­men­te non repli­ca­bi­li che ci vuo­le vera­men­te poco per far­lo capi­re al con­su­ma­to­re dedi­can­do­si ad una valo­riz­za­zio­ne deci­si­va e sen­sa­ta.
Uno quin­di si aspet­ta che le modi­fi­che ai disci­pli­na­ri vada­no nel­la dire­zio­ne, che ne so, per esem­pio di eli­mi­na­re i vini meno pre­gia­ti, come quel­li addi­zio­na­ti di alcol: per esem­pio lo zibib­bo liquo­ro­so, che si ven­de a due lire nei super­mer­ca­ti, è un pro­dot­to di bas­sa qua­li­tà (qual­cu­no non a caso lo para­go­nò al limon­cel­lo indu­stria­le o
al Mar­sa­la all’uovo) e oggi sta sof­fren­do le pene dell’inferno per­ché il con­su­ma­to­re non è stu­pi­do come pen­sia­mo, e pre­fe­ri­sce bere meglio che in pas­sa­to.
Oppu­re un’altra cosa che uno si aspet­ta è che una pic­co­la DOC sto­ri­ca con una pro­du­zio­ne minu­sco­la ven­ga tra­sfor­ma­ta in una DOCG, pro­prio per con­ta­re, attra­ver­so le fascet­te nume­ra­te, le bot­ti­glie pro­dot­te in quel ter­ri­to­rio, evi­tan­do più effi­ca­ce­men­te le con­traf­fa­zio­ni e le con­ta­mi­na­zio­ni che pos­so­no “capi­ta­re”.

E soprat­tut­to pos­so­no capi­ta­re quan­do da una pic­co­la iso­la il vino può esse­re legit­ti­ma­men­te tra­spor­ta­to su nave fino ad un impian­to di imbot­ti­glia­men­to che si tro­va casual­men­te fuo­ri dall’isola.
Uno si aspet­ta tut­te que­ste cose, e inve­ce no.
Quel­lo che suc­ce­de inve­ce è che la pic­co­la DOC con­ti­nua a fare vino alco­liz­za­to però gli cam­bia il nome, in osse­quio alla pri­ma leg­ge del Neu­ro­mar­ke­ting, che reci­ta: il vino medio­cre lo ven­di meglio se gli cam­bi l’etichetta e gli met­ti addos­so una bot­ti­glia bel­la pesan­te.

Marilena Barbera

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