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PSI Marino: presto Comitato per riaprire l’Ospedale di Marino
16/01/2019Questo articolo è stato letto 4460 volte!
In una lettera indirizzata al Sindaco di Marino, Carlo Colizza, al Direttore Generale della ASL 6, Narciso Mostarda e al Presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, Giulio Santarelli e Sergio Mestici, a nome del PSI Marino contestano la scelta del Policlinico dei Castelli Romani e lanciano il Comitato per riaprire l’Ospedale di Marino.
“Stiamo raccogliendo le opinioni e le proposte di rappresentanti della politica,delle professioni, di comitati e associazioni. Conclusa questa fase è nostra intenzione arrivare alla costituzione di un comitato apolitico e apartitico per riattivare la riapertura dell’ospedale di Marino”.
CONSIDERAZIONI SULLA SANITA’ DEI CASTELLI ROMANI E SULLA INAUGURAZIONE DEI PRIMI REPARTI DEL NUOVO OSPEDALE SULLA VIA NETTUNENSE IN COMUNE DI ARICCIA
Con la presente desideriamo comunicarLe brevI considerazioni sulla inaugurazione dei primi reparti per 140 posti letto del nuovo ospedale dei Castelli Romani sulla via Nettunense del comune di Ariccia.
Con il segretario del PSI di Marino, pur non essendo stati invitati, abbiamo partecipato alla cerimonia del 18/12/2018.
E’ noto che la nostra posizione è stata di ferma opposizione al progetto del nuovo ospedale fin dalla prima delibera della Giunta Regionale del 1998 nella quale si parlò addirittura di Policlinico dei Castelli Romani.
Un progetto che avrebbe smantellato la rete ospedaliera diffusa sul territorio ubicata nei centri storici per trasferirne una buona parte nella campagna alla estrema periferia sud sud ovest dei Castelli aprendo la strada ad uno sviluppo incontrollato delle strutture private. Il nuovo ospedale a regime avrà 342 posti letto per 300.000 abitanti rispetto a una popolazione di 550.000. Alla fine degli anni ’80 i posti letto negli ospedali di Marino, Albano, Genzano erano oltre 500. In 30 anni le popolazioni dei Castelli Romani avranno meno opportunità di cura nel pubblico nonostante gli investimenti effettuati, che secondo i dati forniti dalla stampa oscillano tra i 130 e i 150 milioni di euro. In realtà la nuova struttura non servirà 300.000 abitanti ma soltanto gli abitanti di Albano, Ariccia, Genzano, Lanuvio e Nemi.
Nei discorsi ufficiali, il presidente Zingaretti e Lei avete molto insistito sul nuovo e moderno contrapposto al vecchio del passato; giudizio valido solo se riferito al recente passato ma assolutamente privo di valore se riferito alla fase costituente della Regione dato che il nuovo vero nella Regione Lazio e nei Castelli Romani inizia negli anni ’60 e si ferma nella seconda metà degli anni ’90, quando inizia l’opera di progressivo degrado della sanità pubblica.
Poiché le parole non possono essere separate dai fatti, proviamo a dimostrare la nostra affermazione:
la costruzione degli ospedali di Ostia e Pietralata, due popolarissimi municipi della Capitale rimasti per decenni senza ospedale, si porta a compimento negli anni ’70 – ’80 con progetti validi, spese contenute e tempi di realizzazione rapidi che, a nostra memoria non si sono più verificati..
Nel 1981, dalla visita mia e dell’assessore alla sanità Pietrosanti all’università di Oxford, mi convinsi dell’alta qualità del prototipo di progetto di ospedale realizzato in Inghilterra e di cui era concessionaria per l’Italia la società INSO dell’ENI.
Un progetto che si imponeva per la modernità e l’efficienza delle strutture ospedaliere e che prevalse rispetto alla proposta avanzata in precedenza dal sindaco di Roma Petroselli per trasformare in ospedale gli edifici dell’asilo Umberto I di Ostia.
Gli ospedali vennero realizzati con la formula delle chiavi in mano in 24 mesi, senza subire varianti in corso d’opera e senza aumenti di spesa.
Le aspettative degli abitanti di Ostia e del quadrante Est della Capitale vennero soddisfatte con un modello di ospedale validato in Inghilterra e realizzato nella Regione Lazio in tempi talmente rapidi, 24 mesi appunto, da essere considerati all’epoca una chimera e che invece vennero rispettati alla lettera.
Negli anni ’60 – 70 da sindaco di Marino, anche grazie alle sollecitazioni del primario prof. Mario Giordani (il carteggio è a disposizione), con due finanziamenti del Ministro dei Lavori Pubblici Giacomo Mancini, di 700 milioni e i di 300 milioni realizzammo un ospedale che a regime raggiunse 365 posti letto e 5 camere operatorie. L’efficacia e l’efficienza superò i confini della regione Lazio al punto che il 30% dei ricoveri provenivano dalle regioni del Mezzogiorno d’Italia.
In quella struttura oltre alla cura e alla assistenza vennero promossi meeting scientifici di livello nazionale ed internazionale in tal modo integrando l’eccellenza delle prestazioni medico chirurgiche con momenti di ricerca e innovazione delle cui risultanze si giovò l’intero sistema sanitario.
Il direttore della ASL, ove non lo abbia ancora fatto , potrà trovare gli atti e le risultanze di quegli incontri negli archivi della ASL. A testimonianza della notorietà internazionale acquisita in quegli anni l’ospedale accolse in visita il professor Christian Barnard, e la sua equipe che operò il primo trapianto di cuore in un ospedale del Sudafrica.
Anche il ministro della sanità Luigi Mariotti volle visitare l’ospedale e complimentarsi per i livelli di eccellenza raggiunti.
Nel 1991 promossi un incontro con la partecipazione del Presidente del Consiglio Regionale Antonio Signore per proporre una intesa operativa con la clinica medica dell’Università di Tor Vergata.
Purtroppo ci scontrammo con una visione autarchica e miope del direttore sanitario dell’epoca dottor Claps e di molti medici timorosi di soccombere, così dissero, di fronte ai colleghi universitari.
Con la mancata convenzione con l’università, che avrebbe consentito di continuare nell’opera prestigiosa del trentennio precedente e con le gestioni della USL carenti e incapaci di difendere la propria autonomia dalle interferenze della politica ebbe origine il declino e lo smantellamento progressivo dell’ospedale di Marino e della sanità pubblica nei Castelli Romani.
Contestualmente è andata via via espandendosi la spedalità privata che da complementare è divenuta competitiva e prevalente rispetto a quella pubblica.
Marino, salvo il breve periodo della giunta Onorati, abbattuta dalla sua stessa maggioranza di sinistra, è rimasta priva di amministratori e politici competenti ed è divenuta terra di patteggiamenti e scambio di favori tra il livello locale e quello regionale, anche tra parti politiche opposte, con il risultato di privare i cittadini di luoghi di cura efficienti ed efficaci. Il giudizio sul sindaco in carica Carlo Colizza è rinviato al compimento del mandato.
Deve essere anche ricordato che l’ospedale, a partire dagli anni ’70 e fino alla metà degli anni ’90 ha costituito il centro pulsante di vita e occasione per centinaia di giovani e donne di partecipare ai corsi di formazione e di essere assunti con notevole beneficio per l’occupazione giovanile e femminile per l’economia cittadina.
Va anche ricordato che la storia della costruzione dell’ospedale di Marino era iniziata negli anni ’30 con le rimesse degli emigrati marinesi negli USA che consentì il trasferimento dal vetusto edificio dell’”ospedale vecchio” situato dentro la parte storica della città alle spalle dell’attuale sede della BPM di Piazza Matteotti.
Il nuovo ospedale uscì malconcio dai combattimenti della II guerra mondale al punto che si resero necessari non pochi interventi per rimetterlo in funzione.
Nel 1961 con la combinata azione di due giovani: il 31enne e già brillante chirurgo Mario Giordani e il 25enne sindaco della prima giunta di centrosinistra d’Italia entrambi motivati e impegnati a superare le ferite della guerra e a dotare la città di infrastrutture e servizi al passo con lo sviluppo economico e sociale di quello che sarà definito il miracolo economico d’Italia.
Una alleanza di governo resa possibile dal prezioso apporto del servo di Dio Zaccaria Negroni che consentì di superare gli steccati storici tra DC e PSI e rese possibile l’incontro tra l’umanesimo cattolico e l’umanesimo socialista e che si diffuse in altre realtà locali d’Italia nel dicembre del 1963 rese possibile il governo Moro — Nenni .
Fatta questa doverosa premessa a beneficio di chi mostra di ignorare la storia del territorio e della grande opera svolta dalla sanità pubblica nella Regione Lazio dal 1970 fino alla vigilia del XXI secolo al solo scopo di affermare la superiore visione degli amministratori di oggi che sarebbero portatori del nuovo e moderno rispetto alla realtà vecchia ed obsoleta ragionamento che ha un suo fondamento se si precisa che il regresso degli ultimi anni non è ereditato dal secolo scorso ma è opera di chi ha governato Regione, Comune e ASL negli ultimi lustri.
L’abbandono dell’ospedale di Marino oltre che per la sua passata efficienza non si giustifica neppure per la sua dimensione dato che con le regole della programmazione ospedaliera della Regione Lazio si potevano chiudere solo piccoli ospedali con meno di 100 posti letto e che perciò se applicate correttamente non potevano portare alla chiusura dell’ospedale di Marino, che infatti più che chiuso è stato abbandonato e residuato piccole e marginali funzioni diurne con l’abolizione di interventi bisognosi di ricovero.
Tornando alla cerimonia si rileva che mentre dal presidente Zingaretti ci si poteva attendere un discorso di carattere politico generale tutto centrato sul futuro progetto Lazio , da Lei oltre alla illustrazione dei reparti che occupa l’intero pubblico redazionale di ” SANITA’ OGGI Latina” di martedì 18/12/18 distribuito agli intervenuti, era lecito attendersi una analisi complessiva della rete ospedaliera pubblica e privata comprensivo delle strutture chiuse oggi di Abano e Genzano e di quella di Marino abbandonata nell’ultimo decennio e dei relativi dati della spesa distinta tra pubblico e privato, della sua evoluzione a favore dei privati tenendo anche conto che chiuso l’ospedale i medici di Marino, ivi compreso il direttore sanitario chiamato a svolgere le stesse funzioni esercitate nell’ospedale non sono andati in pensione ma si sono trasferiti all’INI che è andato assumendo le funzioni di un piccolo policlinico favorito anche dalla sua posizione geografica baricentrica rispetto ai 16 comuni dei Castelli Romani e distante appena 2 KM dall’ospedale di Marino.
Da chi amministra la ASL non doveva mancare neppure la dovuta attenzione per gli anziani, per i quali più che alle macchine e attrezzature per la chirurgia, nella quotidianità necessitano di visite di controllo, di analisi cliniche e per immagini e di strutture che non li obblighino a lunghi percorsi.
Il presidente Zingaretti ha rivendicato l’ottimo risultato dell’azzeramento del pesante debito della sanità del Lazio che ha ereditato. Sarebbe stato necessario completare il discorso indicando con quale tipo di politica sanitaria. Una carenza alla quale poteva rimediare Lei aiutandoci a capire se le economie di spesa sono state realizzate con interventi di ristrutturazione — riqualificazione, eliminazione delle duplicazioni e lotta agli sprechi; o piuttosto con la chiusura degli ospedali con il conseguente allungamento delle liste di attesa.
Poteva dirci in che misura la ASL 6 ha contribuito a raggiungere questo importante risultato e con quali interventi , con un riferimento anche ai cittadini dei Castelli che vanno a curarsi in altre ASL e per quali patologie e quanti non di rado, per non attendere i tempi lunghi dell’attesa si mettono, se possono, le mani nelle tasche e vanno a curarsi privatamente
Anche in rapporto con l’università di Tor Vergata da Lei trattato solo in termini di consulenze avrebbe richiesto il necessario approfondimento per mettere in cantiere una convenzione per la utilizzazione degli spazi dismessi negli ospedali dei Castelli Romani data la disponibilità in proposito manifestata dal Rettore.
Anche sulla questione rilevante della necessità di non esaurire la cura e l’assistenza negli ospedali ma estenderla sul territorio siete risultati carenti dal momento che avete ribadito solo il principio contenuto nella riforma della sanità del 1978, senza indicare come, quando, dove e con quali risorse realizzarle.
Dai rilievi di merito che abbiamo elencato, a nostro avviso, emerge in tutta evidenza che il suo discorso tecnico specialistico diffuso nella pubblicazione “SANITA’ OGGI Latina”, che doveva e poteva essere affidato al competente direttore sanitario riservando per Lei la illustrazione della politica sanitaria necessaria alla eliminazione delle criticità del sistema che nell’area dei Castelli negli ultimi anni ha visto diminuire la sanità pubblica ed espandersi quella privata.
In una occasione così solenne non poteva mancare il Vostro riferimento all’attenzione dovuta alle esigenze dei cittadini.
Discorso che necessita di essere approfondito perché spesso in contrasto con la realtà di tutti i giorni.
Parlo a ragion veduta poiché quando ho cercato di rappresentare il disagio provato al termine di una visita oculistica allorché l’oculista mi ha informato che per l’operazione alla cataratta vi era una lista di attesa di oltre 9 mesi. Ho provato a chiamarLa, ma al di là della cortesia della sua segretaria nessuna possibilità di parlare con Lei né in quel giorno né mai malgrado avessi lasciato il mio recapito telefonico.
In conclusione restiamo convinti che chiudere gli ospedali dei centri abitati e trasferirli in campagna e all’estrema periferia del territorio dei Castelli in prossimità della provincia di Latina sia stato un errore nonostante la modernità e maestosità dell’impianto. Errore al quale tuttavia, si può in parte rimediare se c’è la volontà di mettere in campo un progetto che recuperi nelle forme possibili e senza duplicazioni con le altre strutture pubbliche esistenti gli ospedali dismessi o chiusi attraverso opportune connessioni con il nuovo ospedale, con l’università di Tor Vergata e con misure di assistenza diffuse sul territorio.
Quanto alla eventualità che i sindaci dei Castelli Romani, come da Lei affermato, abbiano approvato gli atti della sua amministrazione se può rappresentare avallo ad una politica non rappresenta sicuramente un modello di sanità che privilegi il pubblico, che avvicini le strutture ai cittadini, che vada incontro alle esigenze degli anziani con le indicazioni semplificate delle opportunità, dei luoghi reperibili e dei tempi strettamente necessari per l’ottenimento dei servizi richiesti.
La gestione burocratica ed economicistica della sanità volta a trasferire gli ospedali dai centri abitati alle periferie e i servizi dal pubblico al privato è la negazione di una sanità a costo zero per i cittadini.
Le ombre sull’economia italiana e mondiale che si ripercuoteranno sullo sviluppo economico e sulla occupazione impongono di tornare allo spirito della riforma sanitaria del 1978.
Il governo della sanità, in ultima analisi ha bisogno di superare la fase delle decisioni tecnocratiche, recuperare il contatto con i cittadini, capire i bisogni delle persone.
Si può fare. È sufficiente non rinchiudersi nella cittadella e aprirsi alla partecipazione dei cittadini.
On. Giulio Santarelli
Sergio Mestici, Segretario PSI sezione di Marino
Marino, 11/01/2019
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