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Iniziativa Comune: “Un giovane italiano su 4 è fuori dal mondo del lavoro”
21/06/2018Questo articolo è stato letto 2611 volte!
Riceviamo e pubblichiamo la riflessione di Rocco Tiso, presidente di Iniziativa Comune, associazione sensibile alle tematiche sociali e alle politiche giovanili:
Il sociale è un sistema complesso nel quale ci siamo tutti piccoli e grandi, giovani e anziani, ricchi e poveri, fortunati e sfortunati, giovani generazioni senza lavoro e senza speranza di pensionamento. Pur sapendo che il lavoro è dignità e che la pensione è il rifugio che accompagna l’Essere verso una dipartita meno traumatica, ciò che ci indigna è che si continua a praticare la cultura dello “scarto”! I colori dell’arcobaleno sono gli stessi della pace, ma il semicerchio non è eterno e prima o poi si dissolvono. Si abbandoni il vezzo dell’emarginazione, basta con l’esercizio dello scarto. Chi governa ha il dovere di ascoltare e di agire con equità, altrimenti non si è capaci di discernere e si cade nel qualunquismo e ci si ritrova intenti ad occupare poltrone e ad imporre le proprie volontà, camuffandole per esigenze di stato. Quando si entra nella spirale del comando, la parabola si è definitivamente appiattita. Cercare di risalire la china è esercizio proibitivo perché bisogna passare sul corpo degli anziani ma soprattutto ci si deve confrontare con i giovani ai quali il comandante non trasmette, tolleranza, convivenza, e nemmeno l’altruismo. Guardando i dati Eurostat, che riguardano il nostro Paese sono sempre impietosi ed evidenziano i nostri primati negativi rispetto all’Europa. In Italia i NEET sfiorano il 25% rispetto alla media europea che non supera il 15%. Not in Education, Employment or Training. L’acronimo NEET è un mantra che si abbatte sui giovani del terzo millennio. È il classico caso di una parola che nello stesso momento in cui descrive un fenomeno contribuisce ad alimentarlo. Da quando è diventata anche una chiave per accedere a fondi pubblici o privati, il gioco a chi scova più giovani NEET si è fatto anche piuttosto stucchevole. I NEET sono i giovani che non studiano, non hanno un lavoro e non sono impegnati in percorsi formativi. Era il 2002, e prima di allora milioni di giovani vivevano spensierati la loro transizione all’età adulta senza sapere che quelle quattro lettere li avrebbero presto marchiati come problema sociale. Ne consegue che, i giovani nulla facenti Italiani sono il doppio della media UE e sono i più numerosi in assoluto anche di Cipro, Grecia, Croazia Romania, Bulgaria. Anche se Francia, Spagna e Slovacchia, sono in linea della media Europa pari a circa il 15%.
Al contrario, nei paesi nordici il numero dei Neet in percentuale sono tutti ad una cifra. Paesi Bassi (5,3%), davanti a Slovenia (8%), Austria (8,1%), Lussemburgo e Svezia (entrambi a 8,2%), Repubblica Ceca (8,3 %), Malta (8,5%), Germania (8,6%) e Danimarca (9,2%). I giovani italiani meritano altro! Bene ricordare che, se nella vita non c’è fiducia, è come se non ci fosse campo! Non si riesce a parlare e ci si chiude in se stessi. Mettiamoci sempre dove “si prende”. La famiglia, la scuola la comunità, perché in questo modo avremo sempre qualcosa da dire di buono di reale e di vero. I giovani, non hanno bisogno di chi si sostituisce a loro, ma di gente capace di farsi loro autorevole compagna di strada, della disponibilità di mettersi continuamente in gioco. Intanto il 1° maggio scorso i Neet che risultano registrati al progetto GaGi sono circa 1milione e 300mila, non tutti però hanno spento la candelina e festeggiato il IV compleanno di Garanzia Giovani. Il programma europeo che mira ad aiutare i Neet ad entrare nel mondo del lavoro, anche sulla base dei dati forniti da Anpal, l’Agenzia nazionale delle politiche attive, al 31 gennaio 2018 tra quelli che si sono registrati, solo poco più di 230mila hanno un lavoro. Pertanto a fronte di un investimento di 3000 = milioni di euro della UE che ha finanziato il Progetto fino al 2020 estendendo i benefici ai giovani disoccupati delle regioni del Sud, il bilancio risulta insoddisfacente. A sentire Anpal: «I risultati nel complesso sono positivi, considerato che stiamo ragionando su un progetto rivolto ad una categoria ai margini della vita sociale e produttiva del Paese e che grazie alla Youth Guarantee si sono in qualche modo messi in gioco». Analizzando i dati, però, viene fuori che quasi i 2/3 dei registrati al programma si sono persi per strada. Un dato, questo, che dimostra la solita confusione che continua a regnare nel mercato del lavoro. Francamente ci sembra un narrare inceppato, ad oggi i Neet dello Stivale sono ancora poco meno di 2milioni e 500mila, l’Italia resta comunque la peggiore in Europa per numero di giovani non impiegati né nel lavoro né negli studi. Il 25% degli under 30 italiani rientra ancora in questa categoria, contro una media Ue del 13,4%, restando ben lontana dal 5,9% dell’Olanda e dall’8,5% della Germania. Con una maggiore concentrazione nel Mezzogiorno, dove i Neet sono il 34,4% degli under 30, cioè più di uno su tre. Questi numeri fanno pensare e disperare chi crede nel lavoro e nell’impegno delle Istituzioni. Oltre alle liste di prescrizione, e la danza del ventre di qualche ministro, non si sono sentite parole chiare sul lavoro, sulla cultura, sull’istruzione, sulla difesa della scuola pubblica, sulla sanità non meno pubblica, sulla laicità dello Stato. Insomma, la percezione che si ha finora del biglietto da visita del governo, è di segno reazionario e securitario (ordine pubblico) quasi che al mondo, anzi nel nostro piccino paese segnato da una mentalità piccolo borghese rionale, non esista altro problema se non l’invasione da parte dei migranti, cioè una forma di criminalizzazione della miseria, migrante come sinonimo di minaccia alla nostra sicurezza, tra i più intraprendenti novelli statisti si sono spinti a considerare i migranti come crocieristi. Di contro nessuna parola, sulla lotta alla mafia, sui diritti civili e costituzionali e stando alle affermazioni circolanti, oltre alla cancellazione di molti diritti elementari, si pensa di reintrodurre obblighi militari. Semmai il governo dovrebbe mettersi al lavoro per capire come regolare i flussi nel rispetto della dignità delle persone. Sui nostri ragazzi che vivono quasi nell’anonimato, rappresentano un segmento di popolazione che nel paese assume proporzioni molto rilevanti. Quando i numeri sono così grandi significa che le cause sono strutturali. Risiedono cioè nel modo in cui sono organizzate la società e l’economia. Sarebbe il caso che la politica, oltre a chiudere i porti e a contare i Rom, affrontasse seriamente e strutturalmente l’impalcatura del Belpaese, creando un contesto dove i giovani abbiano la possibilità e il desiderio di studiare, lavorare e vivere appieno come cittadini
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Classe ’82, giornalista pubblicista dal 2012, cronista di strada dal 2007, scrivo ormai da tempo di sport, politica, sociale e cultura. Attualmente collaboro con testate dei Castelli Romani e della Capitale, fornendo al contempo prestazioni e consulenze di comunicazione per numerose realtà territoriali, private e pubbliche. Laziale, teatrante, animale sociale, adoro viaggiare, conoscere e nutrirmi della diversità, del nuovo, dello sconosciuto.