Iniziativa Comune: “Un giovane italiano su 4 è fuori dal mondo del lavoro”

Iniziativa Comune: “Un giovane italiano su 4 è fuori dal mondo del lavoro”

21/06/2018 0 Di Marco Montini

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Rice­via­mo e pub­bli­chia­mo la rifles­sio­ne di Roc­co Tiso, pre­si­den­te di Ini­zia­ti­va Comu­ne, asso­cia­zio­ne sen­si­bi­le alle tema­ti­che socia­li e alle poli­ti­che gio­va­ni­li:

Il socia­le è un siste­ma com­ples­so nel qua­le ci sia­mo tut­ti pic­co­li e gran­di,  gio­va­ni e anzia­ni, ric­chi e pove­ri, for­tu­na­ti e sfor­tu­na­ti, gio­va­ni gene­ra­zio­ni sen­za lavo­ro e sen­za spe­ran­za di pen­sio­na­men­to. Pur sapen­do che il lavo­ro è  digni­tà e che la pen­sio­ne è  il rifu­gio che accom­pa­gna l’Es­se­re ver­so una dipar­ti­ta meno trau­ma­ti­ca, ciò che ci indi­gna è che si  con­ti­nua a pra­ti­ca­re  la cul­tu­ra  del­lo “scar­to”! I colo­ri del­l’ar­co­ba­le­no sono gli stes­si del­la pace, ma il semi­cer­chio non è eter­no e pri­ma o poi si dis­sol­vo­no. Si abban­do­ni il vez­zo del­l’e­mar­gi­na­zio­ne, basta con l’e­ser­ci­zio del­lo scar­to. Chi gover­na ha il dove­re di ascol­ta­re e di agi­re con equi­tà, altri­men­ti non si è  capa­ci di discer­ne­re e si cade nel qua­lun­qui­smo e ci si ritro­va inten­ti ad occu­pa­re pol­tro­ne e ad impor­re le pro­prie volon­tà, camuf­fan­do­le per esi­gen­ze di sta­to. Quan­do si entra nel­la spi­ra­le del coman­do, la para­bo­la si è defi­ni­ti­va­men­te appiat­ti­ta. Cer­ca­re di risa­li­re la chi­na è eser­ci­zio proi­bi­ti­vo per­ché  biso­gna pas­sa­re sul cor­po degli anzia­ni ma soprat­tut­to ci si deve con­fron­ta­re con i gio­va­ni ai qua­li il coman­dan­te non tra­smet­te, tol­le­ran­za,  con­vi­ven­za, e nem­me­no l’al­trui­smo. Guar­dan­do i dati Euro­stat, che riguar­da­no il nostro Pae­se sono sem­pre impie­to­si ed evi­den­zia­no i nostri pri­ma­ti nega­ti­vi rispet­to all’Eu­ro­pa. In Ita­lia i NEET sfio­ra­no il 25% rispet­to alla media euro­pea che non supe­ra il 15%. Not in Edu­ca­tion, Employ­ment or Trai­ning. L’acronimo NEET è un man­tra che si abbat­te sui gio­va­ni del ter­zo mil­len­nio. È il clas­si­co caso di una paro­la che nel­lo stes­so momen­to in cui descri­ve un feno­me­no con­tri­bui­sce ad ali­men­tar­lo. Da quan­do è diven­ta­ta anche una chia­ve per acce­de­re a fon­di pub­bli­ci o pri­va­ti, il gio­co a chi sco­va più gio­va­ni NEET si è fat­to anche piut­to­sto stuc­che­vo­le.  I NEET sono i gio­va­ni che non stu­dia­no, non han­no un lavo­ro e non sono impe­gna­ti in per­cor­si for­ma­ti­vi.  Era il 2002, e pri­ma di allo­ra milio­ni di gio­va­ni vive­va­no spen­sie­ra­ti la loro tran­si­zio­ne all’età adul­ta sen­za sape­re che quel­le quat­tro let­te­re li avreb­be­ro pre­sto mar­chia­ti come pro­ble­ma socia­le. Ne con­se­gue  che, i gio­va­ni nul­la facen­ti Ita­lia­ni sono il dop­pio del­la media UE e sono i più nume­ro­si in asso­lu­to anche di Cipro, Gre­cia, Croa­zia Roma­nia, Bul­ga­ria. Anche se Fran­cia, Spa­gna e Slo­vac­chia, sono in linea del­la media Euro­pa pari a cir­ca il 15%.

 

Al con­tra­rio, nei pae­si nor­di­ci il nume­ro dei Neet in per­cen­tua­le sono tut­ti ad una cifra. Pae­si Bas­si (5,3%), davan­ti a Slo­ve­nia (8%), Austria (8,1%), Lus­sem­bur­go e Sve­zia (entram­bi a 8,2%), Repub­bli­ca Ceca (8,3 %), Mal­ta (8,5%), Ger­ma­nia (8,6%) e Dani­mar­ca (9,2%). I gio­va­ni ita­lia­ni meri­ta­no altro! Bene ricor­da­re che, se nel­la vita non c’è fidu­cia, è come se non ci fos­se cam­po! Non si rie­sce a par­la­re e ci si chiu­de in se stes­si. Met­tia­mo­ci  sem­pre  dove  “si  pren­de”. La fami­glia, la scuo­la la comu­ni­tà, per­ché  in que­sto  modo avre­mo  sem­pre qual­co­sa  da dire di buo­no di rea­le e di vero. I gio­va­ni, non han­no biso­gno di chi si sosti­tui­sce a loro, ma di gen­te capa­ce di far­si loro auto­re­vo­le com­pa­gna di stra­da, del­la dispo­ni­bi­li­tà di met­ter­si con­ti­nua­men­te in gio­co. Intan­to il 1° mag­gio scor­so i Neet che risul­ta­no regi­stra­ti al pro­get­to GaGi sono cir­ca 1milione e 300mila, non tut­ti però han­no spen­to la can­de­li­na e festeg­gia­to il IV com­plean­no di Garan­zia Gio­va­ni. Il pro­gram­ma euro­peo che mira ad aiu­ta­re i Neet ad entra­re nel mon­do del lavo­ro, anche sul­la base dei dati for­ni­ti da Anpal, l’Agenzia nazio­na­le del­le poli­ti­che atti­ve, al 31 gen­na­io 2018 tra quel­li che si sono regi­stra­ti, solo poco più di 230mila han­no un lavo­ro. Per­tan­to a fron­te di un inve­sti­men­to di 3000 = milio­ni di euro del­la UE  che ha finan­zia­to  il Pro­get­to fino al 2020 esten­den­do i bene­fi­ci  ai gio­va­ni disoc­cu­pa­ti del­le regio­ni del Sud, il bilan­cio risul­ta insod­di­sfa­cen­te. A sen­ti­re Anpal: «I risul­ta­ti nel com­ples­so sono posi­ti­vi, con­si­de­ra­to che stia­mo ragio­nan­do su un pro­get­to rivol­to ad una cate­go­ria ai mar­gi­ni del­la vita socia­le e pro­dut­ti­va del Pae­se e che gra­zie alla Youth Gua­ran­tee si sono in qual­che modo mes­si in gio­co». Ana­liz­zan­do i dati, però, vie­ne fuo­ri che qua­si i 2/3  dei regi­stra­ti al pro­gram­ma si sono per­si per stra­da. Un dato, que­sto, che dimo­stra la soli­ta con­fu­sio­ne che con­ti­nua a regna­re nel mer­ca­to del lavo­ro. Fran­ca­men­te ci sem­bra un nar­ra­re incep­pa­to, ad oggi i Neet del­lo Sti­va­le sono anco­ra poco meno di 2milioni e 500mila, l’Italia resta comun­que la peg­gio­re in Euro­pa per nume­ro di gio­va­ni non impie­ga­ti né nel lavo­ro né negli stu­di. Il 25% degli under 30 ita­lia­ni rien­tra anco­ra in que­sta cate­go­ria, con­tro una media Ue del 13,4%, restan­do ben lon­ta­na dal 5,9% dell’Olanda e dall’8,5% del­la Ger­ma­nia. Con una mag­gio­re con­cen­tra­zio­ne nel Mez­zo­gior­no, dove i Neet sono il 34,4% degli under 30, cioè più di uno su tre. Que­sti nume­ri fan­no pen­sa­re e dispe­ra­re chi cre­de nel lavo­ro e nel­l’im­pe­gno del­le Isti­tu­zio­ni. Oltre alle liste di pre­scri­zio­ne, e la dan­za del ven­tre di qual­che mini­stro, non si sono  sen­ti­te paro­le chia­re  sul lavo­ro, sul­la cul­tu­ra, sull’istruzione, sul­la dife­sa del­la scuo­la pub­bli­ca, sul­la sani­tà non meno pub­bli­ca, sul­la lai­ci­tà del­lo Sta­to. Insom­ma, la per­ce­zio­ne che si ha  fino­ra del bigliet­to da visi­ta del gover­no, è di segno rea­zio­na­rio e secu­ri­ta­rio (ordi­ne pub­bli­co) qua­si che al mon­do, anzi nel nostro pic­ci­no pae­se segna­to da una men­ta­li­tà pic­co­lo bor­ghe­se rio­na­le, non esi­sta altro pro­ble­ma se non l’invasione da par­te dei migran­ti, cioè una for­ma di cri­mi­na­liz­za­zio­ne del­la mise­ria, migran­te come sino­ni­mo di minac­cia alla nostra sicu­rez­za, tra i più intra­pren­den­ti novel­li sta­ti­sti si sono spin­ti a con­si­de­ra­re i migran­ti come cro­cie­ri­sti. Di con­tro nes­su­na paro­la, sul­la lot­ta alla mafia, sui dirit­ti civi­li e costi­tu­zio­na­li e stan­do alle affer­ma­zio­ni cir­co­lan­ti, oltre alla can­cel­la­zio­ne di mol­ti dirit­ti ele­men­ta­ri, si pen­sa di rein­tro­dur­re obbli­ghi mili­ta­ri. Sem­mai il gover­no dovreb­be met­ter­si al lavo­ro per capi­re come rego­la­re i flus­si nel rispet­to del­la digni­tà del­le per­so­ne. Sui nostri ragaz­zi che vivo­no qua­si nel­l’a­no­ni­ma­to, rap­pre­sen­ta­no un seg­men­to di popo­la­zio­ne che nel  pae­se assu­me pro­por­zio­ni mol­to rile­van­ti. Quan­do i nume­ri sono così gran­di signi­fi­ca che le cau­se sono strut­tu­ra­li. Risie­do­no cioè nel modo in cui sono orga­niz­za­te la socie­tà e l’economia.  Sareb­be il caso che la poli­ti­ca, oltre a chiu­de­re i por­ti e a con­ta­re i Rom, affron­tas­se seria­men­te e strut­tu­ral­men­te l’im­pal­ca­tu­ra del Bel­pae­se, crean­do un con­te­sto dove i gio­va­ni abbia­no la pos­si­bi­li­tà e il desi­de­rio di stu­dia­re, lavo­ra­re e vive­re appie­no come cit­ta­di­ni

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