Intervista al Presidente della Consulta Nazionale di Servizio Civile Giovanni Bastianini

Intervista al Presidente della Consulta Nazionale di Servizio Civile Giovanni Bastianini

18/02/2017 0 Di Alessio Colacchi

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Appro­va­to da pochi gior­ni il Decre­to attua­ti­vo ine­ren­te il Ser­vi­zio Civi­le Uni­ver­sa­le, incon­tria­mo oggi l’at­tua­le Pre­si­den­te del­la Con­sul­ta Nazio­na­le di Ser­vi­zio Civi­le, Gio­van­ni Bastia­ni­ni.

Dia­mo uno sguar­do allo sce­na­rio che si potreb­be deli­nea­re, qua­lo­ra doves­se per­si­ste­re l’as­sen­za di una dele­ga sul Ser­vi­zio Civi­le.
Quan­to acca­du­to è il segna­le di una pro­ble­ma­ti­ca che ha più risvol­ti. Innan­zi­tut­to sul ver­san­te ammi­ni­stra­ti­vo vi è sta­ta una len­tez­za nel­la sua nomi­na, che cre­do si andrà a risol­ve­re nel bre­ve perio­do. Sono fidu­cio­so, in quan­to gli effet­ti di que­sta assen­za, anche nel bre­ve perio­do, potreb­be­ro sca­gio­na­re con­se­guen­ze nega­ti­ve. Il 2017 regi­stra infat­ti un’a­gen­da ammi­ni­stra­ti­va par­ti­co­lar­men­te ric­ca per il Dipar­ti­men­to, per­tan­to non cre­do ver­rà per­mes­so il bloc­co del­la sua azio­ne ammi­ni­stra­ti­va. Le con­se­guen­ze potreb­be­ro mani­fe­star­si nei man­ca­ti emo­lu­men­ti per i volon­ta­ri e nel ritar­do degli avvii dei nuo­vi volon­ta­ri.
Dal­l’al­tro lato rav­vi­so il pro­ble­ma di una deci­sio­ne poli­ti­ca, di cui non so deci­fra­re le sue sfu­ma­tu­re. Cer­to è che una fase di rifles­sio­ne sul decre­to occor­re, tan­to che sul pia­no del­l’at­tua­zio­ne del­la rifor­ma sono meno pre­oc­cu­pa­to, in quan­to i suoi prin­cì­pi sono con­di­vi­si e il suo cam­mi­no, sep­pur con dei ral­len­ta­men­ti, è sta­to avvia­to.
La rifor­ma infat­ti apre una sta­gio­ne nuo­va, anche sul ver­san­te del valo­re del­l’e­spe­rien­za di Ser­vi­zio Civi­le. Vie­ne chia­ri­to final­men­te il suo ruo­lo sia ai gio­va­ni che alla socie­tà.
La legi­sla­zio­ne pre­ce­den­te infat­ti lascia­va aper­te nume­ro­se que­stio­ni che han­no inte­res­sa­to il dibat­ti­to di que­sti ulti­mi anni, dal­lo sta­tus giu­ri­di­co dei volon­ta­ri all’a­per­tu­ra ai ragaz­zi stra­nie­ri, dal­la dimen­sio­ne euro­pea di que­sto isti­tu­to alla cer­ti­fi­ca­zio­ne del­le com­pe­ten­ze acqui­si­te duran­te il ser­vi­zio.
Nes­su­no può dimen­ti­ca­re la que­rel­le rela­ti­va alla par­te­ci­pa­zio­ne dei ragaz­zi stra­nie­ri, che pri­ma anco­ra del pano­ra­ma legi­sla­ti­vo ha inte­res­sa­to un vero e pro­prio scon­tro tra isti­tu­zio­ni diver­se del­lo Sta­to.
Inol­tre per la socie­tà le novi­tà intro­dot­te dal­la rifor­ma sono mol­to impor­tan­ti: pas­sa­re dal regi­me del­la pro­get­ta­zio­ne a quel­lo del­la pro­gram­ma­zio­ne costi­tui­sce ovvia­men­te una rivo­lu­zio­ne di por­ta­ta sto­ri­ca per il siste­ma del Ser­vi­zio Civi­le. Fino ad ora sono sta­ti ela­bo­ra­ti dei pro­get­ti scol­le­ga­ti tra loro, al di fuo­ri di una cor­ni­ce socia­le defi­ni­ta di biso­gni ed esi­gen­ze, e ogni pro­get­to era fine a sè stes­so, ovve­ro fon­da­to sul­l’i­dea che il suo ciclo si com­ple­ta­va in un anno, all’in­ter­no del qua­le ne anda­va­no misu­ra­ti i risul­ta­ti. L’i­dea inve­ce che sta alla base del nuo­vo model­lo è quel­la che il trien­nio sia un arco tem­po­ra­le otti­ma­le per misu­ra­re i risul­ta­ti di un pro­ces­so, per­tan­to tut­to vie­ne com­mi­su­ra­to al mede­si­mo, dal regi­me dei finan­zia­men­ti alla pro­gram­ma­zio­ne degli inter­ven­ti, che rispon­do­no ora a un qua­dro nazio­na­le, dove ven­go­no ana­liz­za­ti i biso­gni e le esi­gen­ze del­la socie­tà, non­chè indi­vi­dua­te le prio­ri­tà d’in­ter­ven­to e i rela­ti­vi set­to­ri.
Se guar­dia­mo indie­tro nel tem­po i pas­si avan­ti com­piu­ti sono note­vo­li; nel 1972 nac­que un siste­ma dove addi­rit­tu­ra l’u­ni­co obiet­ti­vo era impe­gna­re dei ragaz­zi che non vole­va­no svol­ge­re una deter­mi­na­ta espe­rien­za. Non c’e­ra uno sguar­do al con­te­sto socia­le dove essi inter­ve­ni­va­no e ai suoi biso­gni. Con il Ser­vi­zio Civi­le volon­ta­rio si è appro­da­ti a un siste­ma basa­to sul­la pro­get­tua­li­tà, dove l’in­ter­ven­to dei gio­va­ni vie­ne anco­ra­to al risul­ta­to di un deter­mi­na­to pro­get­to da rea­liz­za­re. Si è ini­zia­to ad inter­ve­ni­re su un deter­mi­na­to set­to­re, sen­za indi­vi­dua­re però una sca­la di prio­ri­tà, cosa d’al­tra par­te pre­vi­sta dal­la leg­ge 64.
Ora il nuo­vo siste­ma si basa su una dia­gno­si socia­le, che ci rac­con­ta i biso­gni del­la socie­tà, per defi­ni­re un qua­dro di inter­ven­ti spe­ci­fi­ci. Pos­sia­mo defi­ni­re ciò un gran­de pas­so avan­ti, che va a defi­ni­re final­men­te la dimen­sio­ne di Patria all’in­ter­no del­la qua­le voglia­mo inter­ve­ni­re, quel­la sle­ga­ta dai con­fi­ni fisi­ci, ma lega­ta al tes­su­to di una comu­ni­tà che vive un deter­mi­na­to ter­ri­to­rio.

Ha par­la­to di prio­ri­tà e biso­gni del ter­ri­to­rio: come pos­so­no esse­re per­se­gui­ti que­sti se il nuo­vo siste­ma esclu­de i pic­co­li enti?
Cre­do one­sta­men­te che il cri­te­rio sul­la dimen­sio­ne e strut­tu­ra di un ente di Ser­vi­zio Civi­le sia sta­to impo­sta­to in manie­ra cor­ret­ta.
Esclu­de­re le pic­co­le enti­tà asso­cia­ti­ve signi­fi­che­reb­be non saper affron­ta­re que­sta sfi­da; nel­la real­tà acca­de altro. Si impri­me una for­te spin­ta alla col­la­bo­ra­zio­ne tra i pic­co­li enti, razio­na­liz­zan­do gli inter­ven­ti pro­gram­ma­ti in un ter­ri­to­rio. Non si esclu­de nes­sun sog­get­to, ma vie­ne avvia­ta una nuo­va moda­li­tà per per­met­te­re a chi ha del­le capa­ci­tà di poter col­la­bo­ra­re. Nel mon­do del­le pic­co­le real­tà asso­cia­ti­ve ci sono situa­zio­ni dif­fe­ren­zia­te, da chi ha pic­co­le strut­tu­re a chi può met­te­re in cam­po del­le com­pe­ten­ze sen­za aver però del­le ade­gua­te strut­tu­re. La col­la­bo­ra­zio­ne tra le real­tà di que­sto mon­do è la solu­zio­ne miglio­re per ope­ra­re. D’al­tra par­te, lan­cian­do uno sguar­do agli ulti­mi anni, di espe­rien­ze di par­te­na­ria­to il mon­do del ter­zo set­to­re ne è ric­co.
Inol­tre la nuo­va impo­sta­zio­ne di un albo nazio­na­le ci per­met­te di cono­sce­re tut­ti gli atto­ri in cam­po. Sin ad ora c’è sta­ta una frat­tu­ra tota­le tra il mon­do degli enti nazio­na­li e quel­lo degli enti regio­na­li, e mol­ti atto­ri del siste­ma non si cono­sce­va­no tra loro. Inse­ri­re tut­ti gli ope­ra­to­ri in uno stes­so albo che iden­ti­fi­ca del­le carat­te­ri­sti­che ben pre­ci­se per rea­liz­za­re l’ac­cre­di­ta­men­to è un’im­por­tan­te novi­tà, che ci per­met­te­rà di lavo­ra­re meglio.

Le Regio­ni però esco­no inde­bo­li­te da que­sto nuo­vo siste­ma?
In que­sti anni il ruo­lo gio­ca­to dal­le Regio­ni non è sta­to omo­ge­neo. Mol­te di que­ste han­no valo­riz­za­to un’e­spe­rien­za qua­le quel­la del Ser­vi­zio Civi­le, imple­men­tan­do­la a livel­lo ter­ri­to­ria­le, men­tre altre se ne sono ser­vi­te come un mero stru­men­to. Il ruo­lo del­le Regio­ni nel nuo­vo sce­na­rio non vie­ne abo­li­to, ben­sì omo­lo­ga­to den­tro del­le rego­le ben pre­ci­se ed uni­for­mi: la gover­nan­ce ter­ri­to­ria­le divie­ne così omo­ge­nea, sen­za che il loro fun­zio­na­men­to sia subor­di­na­to alle risor­se di cui dispon­go­no. Esse saran­no un sog­get­to atti­vo che inter­ver­rà nel­la for­ma­zio­ne e nei con­trol­li; inol­tre potran­no rea­liz­za­re, come già acca­de oggi in mol­te Regio­ni, dei ser­vi­zi civi­li regio­na­li.

Il Ser­vi­zio Civi­le Uni­ver­sa­le par­la di oppor­tu­ni­tà per tut­ti, con 100.000 posti l’anno, ma la dota­zio­ne finan­zia­ria per il 2017, di 257 milio­ni di euro, potrà garan­tir­ne sol­tan­to 47.000. Come si con­ci­lia­no que­sti due aspet­ti?
Il lato finan­zia­rio di que­sta rifor­ma è quel­lo dolen­te. Oltre­tut­to c’è da ammet­te­re che l’at­tua­le siste­ma fati­che­reb­be a gesti­re un Ser­vi­zio Civi­le con 100.000 ragaz­zi impe­gna­ti. Sicu­ra­men­te que­sto resta un otti­mo risul­ta­to, se solo guar­dia­mo indie­tro nel tem­po, a quan­do il Ser­vi­zio Civi­le entrò in cri­si. A Mat­teo Ren­zi rico­no­sco il meri­to di aver inver­ti­to la rot­ta, tor­nan­do ad imple­men­ta­re le risor­se sul Ser­vi­zio Civi­le, e que­sto ci per­met­te comun­que di poter par­la­re oggi di cifre così alte. Il moto­re è sta­to avvia­to, ora dob­bia­mo com­ple­ta­re un per­cor­so, che impe­gne­rà alme­no il pros­si­mo trien­nio.
Sicu­ra­men­te c’è un altro aspet­to da non tra­scu­ra­re, ovve­ro il fat­to che, men­tre da un lato rilan­cia­mo il Ser­vi­zio Civi­le, dal­l’al­tro dob­bia­mo far­ne per­ce­pi­re alla socie­tà la sua impor­tan­za. Non basta dire che è una bel­la espe­rien­za, ma dob­bia­mo pun­ta­re sui suoi effet­ti bene­fi­ci per i ragaz­zi e la socie­tà.
Una del­le cri­ti­ci­tà riscon­tra­te è che si con­ti­nui, alla vigi­lia del­l’ap­pro­va­zio­ne del Decre­to, a pro­por­re un ser­vi­zio civi­le obbli­ga­to­rio, come una par­te del­la clas­se poli­ti­ca con­ti­nua a fare. Pro­por­re que­sto signi­fi­ca aver per­so il con­tat­to con la real­tà e non aver mai par­la­to con i gio­va­ni ita­lia­ni. Il Ser­vi­zio Civi­le è una poli­ti­ca con i gio­va­ni e non per i gio­va­ni. Que­sto pas­sag­gio ci aiu­te­reb­be ad aumen­ta­re la cre­di­bi­li­tà del­la poli­ti­ca ver­so la socie­tà.
Un Ser­vi­zio Civi­le che fun­zio­na com­por­ta la cre­sci­ta dei ragaz­zi, che costi­tui­sce una risor­sa stra­te­gi­ca per il pae­se.
Ales­sio Colac­chi

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