NO al referendum costituzionale. Paolo Ciofi ne spiega le ragioni a Cori

NO al referendum costituzionale. Paolo Ciofi ne spiega le ragioni a Cori

19/10/2016 0 Di Marco Castaldi

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All’incontro orga­niz­za­to dal­la sezio­ne core­se del PCI inter­vie­ne colui che fu segre­ta­rio del­la Fede­ra­zio­ne di Lati­na del Par­ti­to Comu­ni­sta Ita­lia­no tra il 1966 e il 1969 e tra i tra i pro­mo­to­ri del­le lot­te ope­ra­ie con­tro le gab­bie sala­ria­li nel­le fab­bri­che dell’agro pon­ti­no, oltre che stret­to col­la­bo­ra­to­re di Enri­co Ber­lin­guer.   Appun­ta­men­to vener­dì 21 Otto­bre, alle ore 17:00, pres­so la sala con­si­lia­re del Comu­ne di Cori.

Vener­dì 21 Otto­bre, alle ore 17:00, pres­so la sala con­si­lia­re del Comu­ne di Cori, il secon­do incon­tro di pre­sen­ta­zio­ne del­le ragio­ni del NO al refe­ren­dum costi­tu­zio­na­le del 4 Dicem­bre orga­niz­za­to dal­la sezio­ne loca­le del Par­ti­to Comu­ni­sta Ita­lia­no ‘Enri­co Ber­lin­guer’. Inter­ver­rà Pao­lo Cio­fi, eco­no­mi­sta e sag­gi­sta; ex-depu­ta­to, con­si­glie­re regio­na­le e vice pre­si­den­te del­la Regio­ne Lazio; oggi pre­si­den­te di Futu­ra Uma­ni­tà — Asso­cia­zio­ne per la sto­ria e la memo­ria del Pci e vice pre­si­den­te dell’Associazione per il rin­no­va­men­to del­la sini­stra – ARS.

Pao­lo Cio­fi è sta­to segre­ta­rio del­la Fede­ra­zio­ne del PCI di Lati­na tra il 1966 e il 1969, e tra i pro­mo­to­ri del­le lot­te ope­ra­ie con­tro le gab­bie sala­ria­li nel­le fab­bri­che dell’agro pon­ti­no. Nel 1989 si oppo­se allo scio­gli­men­to del PCI, ade­ren­do per un bre­ve perio­do alla cor­ren­te dei comu­ni­sti demo­cra­ti­ci del PDS dal qua­le uscì, rite­nen­do quel par­ti­to sra­di­ca­to dal­la sua base ope­ra­ia e popo­la­re e spo­sta­to su posi­zio­ni neo­li­be­ri­ste. Da allo­ra è impe­gna­to nel­la ricer­ca dei fon­da­men­ti di una nuo­va sini­stra auto­no­ma e uni­ta­ria, cui dedi­ca nume­ro­si scrit­ti.

Cio­fi è uno stre­nuo soste­ni­to­re del NO al pros­si­mo refe­ren­dum del­la Costi­tu­zio­ne. Come si leg­ge nel­le sue dichia­ra­zio­ni la rifor­ma del­la Costi­tu­zio­ne, in com­bi­na­zio­ne con una leg­ge elet­to­ra­le iper­mag­gio­ri­ta­ria, è sta­ta pen­sa­ta non solo in fun­zio­ne di un sta­gio­ne di gover­no, sta­bi­liz­zan­do il pote­re per­so­na­le del pre­mier, ma in vista una fero­ce moder­niz­za­zio­ne capi­ta­li­sti­ca che spaz­zi via i vec­chi grup­pi di coman­do e apra le por­te in Ita­lia a una nuo­va oli­gar­chia del capi­ta­le nel­la dimen­sio­ne euro­pea e mon­dia­le.

Si pun­ta a limi­ta­re la demo­cra­zia e la par­te­ci­pa­zio­ne popo­la­re e a tra­sfor­ma­re una mino­ran­za asso­lu­ta di voti in una mag­gio­ran­za asso­lu­ta di elet­ti, in gra­do di impa­dro­nir­si del gover­no, del­la Came­ra, del Sena­to e del­la pre­si­den­za del­la Repub­bli­ca. Il bica­me­ra­li­smo zop­po idea­to ser­ve a fare del Sena­to uno stru­men­to a dispo­si­zio­ne del par­ti­to mag­gio­ri­ta­rio per con­so­li­da­re un deter­mi­na­to siste­ma di pote­re. Un auto­ri­ta­ri­smo che tra­du­ce il pro­ble­ma dell’efficienza demo­cra­ti­ca nel­la pra­ti­ca anti­de­mo­cra­ti­ca di ridu­zio­ne dei pote­ri del Par­la­men­to.

I mali dell’Italia secon­do Cio­fi non dipen­do­no dal­la Costi­tu­zio­ne che ral­len­ta ed osta­co­la l’azione del gover­no, ma dal­le poli­ti­che pra­ti­ca­te nell’interesse di pochi e dal fat­to che la Costi­tu­zio­ne sia rima­sta per la mag­gior par­te inap­pli­ca­ta e ven­ga siste­ma­ti­ca­men­te pic­co­na­ta nei prin­ci­pi gene­ra­li e nel­la sua par­te più inno­va­ti­va, quel­la dei dirit­ti socia­li e del lavo­ro, come chie­de la gran­de finan­za. La con­tro­ri­for­ma ren­zia­na, al pari di quel­la ber­lu­sco­nia­na, non toc­ca i prin­ci­pi, i dirit­ti e i dove­ri, ma li ste­ri­liz­za can­cel­lan­do le con­di­zio­ni che li ren­do­no esi­gi­bi­li.

L’impianto costi­tu­zio­na­le, che tro­va il suo fon­da­men­to nel lavo­ro, vacil­la da quan­do il lavo­ro non ha più rap­pre­sen­tan­za poli­ti­ca. Una con­di­zio­ne che si è aggra­va­ta con la cri­si glo­ba­le e il con­cor­so del­le poli­ti­che euro­pee. In tale con­te­sto il gover­no ita­lia­no agi­sce con un obiet­ti­vo pre­ci­so: dopo il Jobs Act, con il sì al refe­ren­dum vor­reb­be sta­bi­liz­za­re la can­cel­la­zio­ne defi­ni­ti­va del­la rap­pre­sen­tan­za poli­ti­ca del lavo­ro e l’abbattimento dei dirit­ti socia­li, ripri­sti­nan­do il domi­nio asso­lu­to del capi­ta­le nel­le for­me del­la glo­ba­liz­za­zio­ne finan­zia­ria.

Mar­co Castal­di

Addet­to Stam­pa & OLMR

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