ICAR — HIV: UN ITALIANO SU DUE NON SA COSA SIA

ICAR — HIV: UN ITALIANO SU DUE NON SA COSA SIA

10/06/2016 0 Di Redazione

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Da sx Maggiolo, Lazzarin, GoriSi è con­clu­so a Mila­no-Bicoc­ca, l’8a edi­zio­ne di ICAR: i mas­si­mi esper­ti del set­to­re, 150 ricer­ca­to­ri, oltre mil­le spe­cia­li­sti, le Asso­cia­zio­ni dei Pazien­ti, la Socie­tà 

ICAR — HIV: UN ITALIANO SU DUE NON SA COSA SIA

I ragaz­zi più gio­va­ni sono con­vin­ti che esse­re HIV+ pos­sa com­por­ta­re l’essere rifiu­ta­ti in una rela­zio­ne sen­ti­men­ta­le e ses­sua­le (61%), e esse­re deni­gra­ti o insul­ta­ti (40%). Il 32% del­le per­so­ne, soprat­tut­to quel­le che per età han­no vis­su­to la pri­ma fase dell’infezione lega­no anco­ra HIV con tos­si­co­di­pen­den­za e cate­go­rie a rischio

Gli ita­lia­ni cono­sco­no poco l’Hiv, han­no dif­fi­col­tà a dire con esat­tez­za come si tra­smet­te il virus e poco o nul­la san­no sul­le cure che esi­sto­no per con­tra­sta­re l’infezione. Rico­no­sco­no però che quan­do i media trat­ta­no di casi ecla­tan­ti in cui sia­no coin­vol­te per­so­ne con Hiv, l’approccio dei gior­na­li­sti evi­den­zia sem­pre il lato scan­da­li­sti­co o allar­mi­sti­co degli epi­so­di. Ma c’è di più. Qua­si un ita­lia­no su 3, con più di 45 anni, ritie­ne di aver visto asso­cia­ti nel­la comu­ni­ca­zio­ne HIV e “peste” o “can­cro dei gay”, ste­reo­ti­pi che col tem­po si pen­sa­va di aver supe­ra­to. Inve­ce, ad oltre trent’anni dal­la sua sco­per­ta, sono for­ti anco­ra i luo­ghi comu­ni che   impe­di­sco­no di ave­re un pie­na e con­sa­pe­vo­le cono­scen­za del­la malat­tia.

È quan­to comu­ni­ca­no i dati allar­man­ti di un’indagine svol­ta dal­la socie­tà di ricer­che demo­sco­pi­che SWG per con­to di Nps Ita­lia Onlus, che ha con­tat­ta­to un cam­pio­ne rap­pre­sen­ta­ti­vo di mil­le per­so­ne stra­ti­fi­ca­to secon­do quat­tro para­me­tri: età, gene­re, luo­go di resi­den­za e ampiez­za del comu­ne di resi­den­za. L’indagine ha inda­ga­to il livel­lo d’informazione sull’Hiv/Aids, l’opinione su come i mass media trat­ta­no que­sto argo­men­to, il per­ma­ne­re di pre­giu­di­zi e l’idea di cosa voglia dire oggi esse­re una per­so­na Hiv+.

IL CONGRESSO — I dati sono sta­ti pre­sen­ta­ti nel cor­so dell’ottava edi­zio­ne di ICAR (Ita­lian Con­fe­ren­ce of AIDS and Anti­vi­ral Research), che si è con­clu­sa ieri a Mila­no, pres­so l’U­ni­ver­si­tà Mila­no Bicoc­ca. Il con­gres­so è pre­sie­du­to dai pro­fes­so­ri Andrea Gori, (Mon­za), Adria­no Laz­za­rin, (Mila­no), e Fran­co Mag­gio­lo, (Ber­ga­mo): oltre 150 gli scien­zia­ti e i ricer­ca­to­ri pre­sen­ti, dall’Italia e dall’estero, e mil­le gli spe­cia­li­sti pre­sen­ti. ICAR (Ita­lian Con­fe­ren­ce on Anti­vi­ral Research) è orga­niz­za­ta sot­to l’egida del­la SIMIT, Socie­tà Ita­lia­na di Malat­tie Infet­ti­ve e Tro­pi­ca­li,

“Abbia­mo com­mis­sio­na­to que­sta ricer­ca – dice Rosa­ria Iar­di­no, Pre­si­den­te ono­ra­rio di Nps Ita­lia Onlus – pro­prio per­ché alcu­ni recen­ti fat­ti di cro­na­ca, let­ti sui gior­na­li, ci han­no por­ta­to a pen­sa­re che for­se il livel­lo di cono­scen­za degli ita­lia­ni sull’Aids non era così avan­za­to come ci aspet­ta­va­mo. Sono pas­sa­ti tan­tis­si­mi anni dal­la sco­per­ta del­la malat­tia ad Atlan­ta nel 1981 ed altret­tan­ti dall’ingresso del­la stes­sa nel nostro Pae­se, ma leg­ge­re di recen­te sui gior­na­li di ‘unto­ri’ e anco­ra del­lo stig­ma da riser­va­re alle per­so­ne con Hiv, è sta­to deso­lan­te e chi ha spin­to a moni­to­ra­re scien­ti­fi­ca­men­te i livel­li di disin­for­ma­zio­ne degli ita­lia­ni”.

“Ciò che pre­oc­cu­pa – ter­mi­na Rosa­ria Iar­di­no – è il livel­lo di scar­sa cono­scen­za che denun­cia­no le fasce gio­va­ni di inter­vi­sta­ti, che sta­ti­sti­ca­men­te rap­pre­sen­ta­no quel­le più a rischio con­ta­gio. Tut­to que­sto dimo­stra che a livel­lo di pre­ven­zio­ne, e comu­ni­ca­zio­ne, sul tema Aids/Hiv biso­gna fare anco­ra mol­to”.

“Biso­gna pri­ma di tut­to inter­ve­ni­re con­tro lo stig­ma che anco­ra riguar­da le per­so­ne con HIV — dice Mar­ghe­ri­ta Erri­co, Pre­si­den­te di Nps Ita­lia Onlus – addi­ta­ti come poten­zia­li ‘peri­co­li socia­li’, come con­fer­ma cer­ta ter­mi­no­lo­gia e cer­to ger­go usa­to in alcu­ni arti­co­li di cro­na­ca. Tut­to ciò rischia di infi­cia­re quan­to fat­to in que­sti anni; rischia di met­te­re in for­se le con­qui­ste avu­te sul pia­no del wel­fa­re, per­ché una pau­ra irra­zio­na­le ed ingiu­sti­fi­ca­bi­le potreb­be tor­na­re a discri­mi­na­re chi è posi­ti­vo al virus dell’HIV. Ecco per­ché di recen­te abbia­mo pre­sen­ta­to un espo­sto all’Ordine nazio­na­le dei gior­na­li­sti per denun­cia­re un modo sba­glia­to di far cro­na­ca sul­la malat­tia”.

 

“In ogni modo l’indagine Swg – ter­mi­na Mar­ghe­ri­ta Erri­co – fa pen­sa­re che la cau­sa prin­ci­pa­le di que­sta cat­ti­va infor­ma­zio­ne, sia la scar­sa cono­scen­za che si con­ti­nua ad ave­re dell’infezione e del­le vita quo­ti­dia­na e con­cre­ta del­le per­so­ne con Hiv ver­so la qua­le ulti­me doman­de evi­den­zia­no degli imma­gi­na­ri ana­cro­ni­sti­ci. Le isti­tu­zio­ni quin­di devo­no inter­ve­ni­re, poten­zian­do quei pro­get­ti che nasco­no per tene­re alta la guar­dia con­tro l’Aids e per dif­fon­de­re la cor­ret­ta cono­scen­za dei rischi anco­ra pre­sen­ti del­la malat­tia”. 

L’indagine com­mis­sio­na­ta da Nps Ita­lia Onlus ed ese­gui­ta da Swg, non lascia scan­so ad equi­vo­co.

IL LIVELLO DI INFORMAZIONE - Gli ita­lia­ni sono piut­to­sto sod­di­sfat­ti del loro livel­lo d’informazione sull’HIV/AIDS, oltre il 70% del­le per­so­ne inter­vi­sta­te ritie­ne di esse­re mol­to o abba­stan­za infor­ma­to in mate­ria, con poche dif­fe­ren­ze tra le età. In real­tà per mol­ti aspet­ti la situa­zio­ne è assai diver­sa. Solo cir­ca il 50% del­le per­so­ne ha sapu­to rispon­de­re alla doman­da su cosa sia l’HIV, con qual­che dif­fe­ren­za tra le fasce di età e, fat­to più pre­oc­cu­pan­te, tra i gio­va­ni tra 25 e 34 anni, poten­zial­men­te i più inte­res­sa­ti al con­ta­gio ses­sua­le, solo poco più del­la metà (57%) ha rispo­sto cor­ret­ta­men­te alla doman­da su come sia pos­si­bi­le che si tra­smet­ta il virus dell’HIV, men­tre le per­so­ne con più di 64 anni ne sono infor­ma­te nel 70% dei casi. Evi­den­te­men­te anni di man­ca­ta infor­ma­zio­ne si comin­cia­no a sen­ti­re.

La disin­for­ma­zio­ne può ave­re riper­cus­sio­ni gra­vi: solo il 37% dei ragaz­zi tra i 25 e i 34 anni con­si­de­ra l’HIV cura­bi­le, con­tro il 62% del­le per­so­ne con più di 64 anni. In que­sta situa­zio­ne, di fron­te ad un sospet­to di con­ta­gio, è pre­ve­di­bi­le una scar­sa pro­pen­sio­ne in que­sti ragaz­zi a fare il test o a comu­ni­ca­re al medi­co i pro­pri timo­ri. Anche rispet­to all’esistenza di tera­pie per la cura di AIDS e HIV il livel­lo d’informazione è risul­ta­to diret­ta­men­te pro­por­zio­na­le al cre­sce­re dell’età: i più gio­va­ni, le per­so­ne peral­tro mag­gior­men­te a rischio, sono le meno infor­ma­te e con­sa­pe­vo­li.

La doman­da su cosa signi­fi­chi ave­re la cari­ca vira­le azze­ra­ta vede i ragaz­zi più gio­va­ni e i 45–55enni con­vin­ti, rispet­ti­va­men­te nel 28% e 25% dei casi, che voglia dire non esse­re infet­ti­vi. Nel­le altre fasce di età que­sta per­cen­tua­le è net­ta­men­te più bas­sa: 15% — 19%. Rispet­to a que­sta doman­da, più “tec­ni­ca” ma con for­te valen­za per la pre­ven­zio­ne, i “non so” si col­lo­ca­no tra il 26% e il 40%.

LA QUALITA’ DELL’INFORMAZIONE - Per inda­ga­re l’opinione degli inter­vi­sta­ti sul­la qua­li­tà dell’informazione in mate­ria di HIV/AIDS sono sta­te poste alcu­ne doman­de su come fos­se sta­ta trat­ta­ta l’informazione nei casi di Valen­ti­no T., Char­lie Sheen e Clau­dio T. che han­no avu­to ampia eco da par­te dei mass media. Poche per­so­ne han­no ricor­da­to auto­no­ma­men­te que­sti epi­so­di ed è sta­to neces­sa­rio ricor­da­re loro di cosa si trat­tas­se. A que­sto pun­to, tra chi ha ricor­da­to, più del­la metà ha rile­va­to un approc­cio da par­te dei mass media fina­liz­za­to a evi­den­zia­re il lato scan­da­li­sti­co o allar­mi­sti­co degli epi­so­di.

Una malat­tia come l’HIV/AIDS, che di suo com­por­ta una cari­ca emo­zio­na­le mol­to ele­va­ta, deve esse­re trat­ta­ta in modo mol­to tec­ni­co, equi­li­bra­to e com­pe­ten­te, poi­ché ogni sci­vo­lo­ne comu­ni­ca­ti­vo è in gra­do di sca­te­na­re le pau­re del­le per­so­ne e di fis­sa­re nel tem­po idee e pre­giu­di­zi immo­ti­va­ti; ne è una pro­va il fat­to che oltre il 30% del­le per­so­ne con più di 45 anni ritie­ne di aver visto asso­cia­ti nel­la comu­ni­ca­zio­ne HIV e “peste” o “can­cro dei gay”, quan­do que­sta asso­cia­zio­ne  da diver­si anni è mol­to rara.

Il 32% del­le per­so­ne, soprat­tut­to quel­le che per età han­no vis­su­to la pri­ma fase dell’infezione lega­no anco­ra HIV con tos­si­co­di­pen­den­za e cate­go­rie a rischio: evi­den­te­men­te per un lun­go perio­do non si è fat­to nul­la, o mol­to poco, per spie­ga­re che l’HIV da anni è un pro­ble­ma che riguar­da tut­ti. Sono bas­sis­si­me, per for­tu­na, le per­cen­tua­li di per­so­ne che lega­no la paro­la HIV a ter­mi­ni come vizio­so o immo­ra­le.

Una doman­da riser­va una sor­pre­sa posi­ti­va: i più gio­va­ni sono meno pro­pen­si a cre­de­re al web del­le altre gene­ra­zio­ni; con­si­de­ran­do le cri­ti­ci­tà evi­den­zia­te da que­sto stru­men­to di divul­ga­zio­ne rispet­to all’HIV/AIDS que­sta pru­den­za appa­re quan­to mai oppor­tu­na. Come pre­ve­di­bi­le sono inve­ce le per­so­ne oltre i 64 anni a mostra­re una mag­gio­re pro­pen­sio­ne a cre­de­re che i mass media pos­sa­no esse­re fon­ti infor­ma­ti­ve affi­da­bi­li, men­tre per tut­te le fasce di età, il cana­le più affi­da­bi­le è il per­so­na­le sani­ta­rio.

VIVERE CON L’HIV — L’infezione HIV vie­ne con­si­de­ra­ta soprat­tut­to gra­ve e peri­co­lo­sa, mol­to meno dolo­ro­sa. Sono soprat­tut­to i gio­va­ni e gli anzia­ni a vede­re più l’aspetto del­la gra­vi­tà e del­la con­ta­gio­si­tà, men­tre la fascia di età 35–54 sem­bra mag­gior­men­te con­sa­pe­vo­le del risvol­to di dolo­re che l’HIV può com­por­ta­re. I ragaz­zi più gio­va­ni pen­sa­no più degli altri che una per­so­na HIV+ che deci­da di vive­re pub­bli­ca­men­te la pro­pria con­di­zio­ne sia inco­scien­te, men­tre a con­si­de­ra­la corag­gio­sa sono soprat­tut­to le per­so­ne tra 55 e 64 anni.

I ragaz­zi più gio­va­ni sono con­vin­ti che esse­re HIV+ pos­sa com­por­ta­re l’essere rifiu­ta­ti in una rela­zio­ne sen­ti­men­ta­le e ses­sua­le (61%), e esse­re deni­gra­ti o insul­ta­ti (40%). Al cre­sce­re dell’età que­ste per­cen­tua­li ten­do­no a cala­re sen­si­bil­men­te. La fascia 25–34 è inve­ce quel­la in cui è più alta la pau­ra che ven­ga­no dif­fu­se noti­zie sul pro­prio sta­to di salu­te (40%). Un ulti­mo dato pre­oc­cu­pan­te: la pau­ra del con­tat­to con una per­so­na HIV + dimi­nui­sce al cre­sce­re dell’età in una pro­gres­sio­ne qua­si linea­re: si pas­sa dal 55% a vent’anni al 36% oltre i 64; una pro­va ulte­rio­re del­la ina­de­gua­tez­za del­la infor­ma­zio­ne in mate­ria ero­ga­ta da mol­ti anni.

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