SIOT — ARTROSI ALL’ANCA: 100MILA GLI INTERVENTI, 4/5 SPORTIVI A RISCHIO, 3/4 SONO DONNE

SIOT — ARTROSI ALL’ANCA: 100MILA GLI INTERVENTI, 4/5 SPORTIVI A RISCHIO, 3/4 SONO DONNE

04/05/2016 0 Di Redazione

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1339957693984OriginalL’ar­tro­si all’an­ca è una pato­lo­gia del­la ter­za età, dai 60 anni in su, anche se nel 3% dei casi col­pi­sce anche sog­get­ti com­pre­si tra i 40 e i 60 anni.

SIOT — Artro­si all’an­ca — 100mila gli inter­ven­ti con pro­te­si ogni anno. L’80% degli spor­ti­vi pro­fes­sio­ni­sti è a rischio. 3/4 sono don­ne.

“Que­sta nuo­va tec­ni­ca - spie­ga il Dr. Mario Mani­li — non com­por­ta il distac­co di alcun musco­lo, e per que­sto vie­ne det­ta via ante­rio­re mini-inva­si­va”. Cen­to le ope­ra­zio­ni fino­ra ese­gui­te, con il 100% di suc­ces­so e sen­za alcu­na for­ma di com­pli­ca­zio­ne e con rapi­di ria­bi­li­ta­zio­ni

Sono 100mila le pro­te­si che ogni anno aiu­ta­no gli ita­lia­ni a vive­re meglio: un’o­pe­ra­zio­ne chi­rur­gi­ca che, fino­ra, ha pro­vo­ca­to diver­se pro­ble­ma­ti­che a livel­lo di ria­bi­li­ta­zio­ne, di per­di­ta di san­gue, di tem­pi di recu­pe­ro e com­pli­ca­zio­ni. E’ l’in­ter­ven­to più ese­gui­to in orto­pe­dia in Ita­lia: il pic­co di ope­ra­zio­ni è tra i pazien­ti tra i 68 e i 75 anni. E’ sta­to però intro­dot­to una nuo­va moda­li­tà d’in­ter­ven­to, più sicu­ra e più effi­ca­ce, sicu­ra al 100%, che azze­ra rischi e degen­ze set­ti­ma­na­li, quel­la per via ante­rio­re mini-inva­si­va.

L’ARTROSI ALL’ANCA L’ar­tro­si all’an­ca è una pato­lo­gia del­la ter­za età, dai 60 anni in su, anche se nel 3% dei casi col­pi­sce anche sog­get­ti com­pre­si tra i 40 e i 60 anniI più col­pi­ti  — spie­ga l’ortopedico Mario Mani­li Socio SIOT – Socie­tà di Orto­pe­dia e Trau­ma­to­lo­gia — Con­su­len­te pres­so il Cen­tro Chi­rur­gi­co Tosca­no di Arez­zo e la Cli­ni­ca Vil­la del Rosa­rio di Roma — sono gli spor­ti­vi pro­fes­sio­ni­sti: 8 su 10 pos­so­no esse­re vit­ti­me di que­sta malat­tia. A rischio anche chi per lavo­ro deve sop­por­ta­re gros­si cari­chi. La cau­sa è la dege­ne­ra­zio­ne del­la car­ti­la­gi­ne, cau­sa­ta da trau­ma o micro­trau­mi. La malat­tia col­pi­sce soprat­tut­to le don­ne: ogni 4 pazien­ti solo 1 è maschio. La moti­va­zio­ne sareb­be lega­ta alla meno­pau­sa: i cam­bia­men­ti ormo­na­li con­tri­bui­sco­no allo sfal­da­men­to del­la car­ti­la­gi­ne, dan­do il via al pro­ces­so dege­ne­ra­ti­vo. A cau­sa­re l’ar­tro­si, inol­tre, alcu­ne alte­ra­zio­ni ana­to­mi­che del femo­re, che pro­vo­che­reb­be­ro uno squi­li­brio e la suc­ces­si­va dege­ne­ra­zio­ne”

 COME AVVIENE TRADIZIONALMENTE L’INTERVENTO - La novi­tà del­l’in­ter­ven­to non riguar­da i mate­ria­li, quan­to la par­te chi­rur­gi­ca, ossia come vie­ne appli­ca­ta la pro­te­si. Tra­di­zio­nal­men­te que­sta vie­ne attac­ca­ta con una via di acces­so late­ra­le o con una via di acces­so post-late­ra­le: tut­te in due han­no in comu­ne il fat­to che biso­gna distac­ca­re i musco­li dal­la loro inser­zio­ne musco­la­re. Que­sti ven­go­no ricol­lo­ca­ti con una sutu­ra, ma pro­vo­ca­no distur­bi e per­di­te ema­ti­che. La ripre­sa del­l’at­ti­vi­tà musco­la­re su un ten­di­ne che è sta­to ricol­lo­ca­to può non esse­re otti­ma­le, pro­vo­can­do anche una zop­pia, che potreb­be anche cro­ni­ciz­zar­si con il tem­po.

LA NUOVA TECNICA - “Que­sta nuo­va tec­ni­ca - spie­ga il Dr. Mario Mani­li - non com­por­ta il distac­co di alcun musco­lo, e per que­sto vie­ne det­ta via ante­rio­re mini-inva­si­va. In altri ter­mi­ni, non si aggre­di­sce il musco­lo, ma si “evi­ta­no”, attra­ver­san­do­li sen­za però trau­ma­tiz­zar­li. Il tut­to avvie­ne tra­mi­te un’in­ci­sio­ne lon­gi­tu­di­na­le sul­la par­te ante­rio­re del­la coscia di cir­ca 10 cen­ti­me­tri, che per­met­te di diva­ri­ca­re i musco­li. I van­tag­gi prin­ci­pa­li sono una mar­ca­ta ridu­zio­ne del dolo­re posto­pe­ra­to­rio, la scar­sa per­di­ta di san­gue, sen­za par­ti­co­la­re biso­gno di tra­sfu­sio­ni, e la rapi­da ria­bi­li­ta­zio­ne. Il pazien­te, infat­ti, ripren­de a cam­mi­na­re già a distan­za di 24 ore, sen­za o con pochis­si­mo dolo­re. Si azze­ra, infi­ne, la pos­si­bi­li­tà di ave­re una lus­sa­zio­ne post-ope­ra­to­ria.

I PAZIENTI E LE CAUSE  - Il trat­ta­men­to può esse­re ese­gui­to sul­la mag­gior par­te di pazien­ti, ad ecce­zio­ne di chi è in ecces­si­vo sovrap­pe­so, per cui si con­si­glia­no altre ope­ra­zio­ni chi­rur­gi­che. Si pos­so­no trat­ta­re anche i pazien­ti mol­to anzia­ni. Cen­to le ope­ra­zio­ni fino­ra ese­gui­te, con il 100% di suc­ces­so e sen­za alcu­na for­ma di com­pli­ca­zio­ne e con rapi­di ria­bi­li­ta­zio­ni. L’u­so del­le stam­pel­le si limi­ta a pochi gior­ni; inol­tre si può anche gui­da­re l’au­to e si può anda­re in bici­clet­ta nel­l’ar­co di pochi gior­ni.

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