L’Opinione. Siamo tutti colpevoli se un bambino disabile muore di Barbara Tamanti

L’Opinione. Siamo tutti colpevoli se un bambino disabile muore di Barbara Tamanti

21/10/2013 0 Di Redazione

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barbara tamantiL’O­pi­nio­ne. Sia­mo tut­ti col­pe­vo­li se un bam­bi­no disa­bi­le muo­re di Bar­ba­ra Taman­ti

 La cro­na­ca è lo spec­chio del tem­po e i fat­ti che riem­pio­no le sua pagi­ne nei gior­na­li sono il rac­con­to fero­ce e spie­ta­to che lo carat­te­riz­za.

La vicen­da del­la mor­te del bam­bi­no autistico,per mano del­la madre, met­te a nudo una veri­ta’ trop­po dura da affron­ta­re per una socie­tà che si defi­ni­sce civi­le, e meri­ta un’attenta ana­li­si se non un esa­me di coscien­za  che tar­da ad arri­va­re, che lo sta­to non affron­ta, non meta­bo­liz­za, non assu­me, in poche paro­le non puo’ esse­re con­si­de­ra­to un fat­to casua­le né a se stan­te.

L’orrore di un gesto tan­to sur­rea­le tro­va spa­zio nel­le poche paro­le di un tg, o nel­le poche righe di un quo­ti­dia­no, e resta sospe­so  inaf­fron­ta­to, eppu­re intat­to, immo­bi­le, nel quo­ti­dia­no di mol­ti cit­ta­di­ni.

Cre­do che fat­ti come que­sti sia­no la spia di un siste­ma mala­to che va a pez­zi, la sto­ria di un man­ca­to sen­so di respon­sa­bi­li­tà di un inte­ra socie­tà  ma non dopo le isti­tu­zio­ni, trop­po spes­so cie­che e sor­de di fron­te a situa­zio­ni limi­te.

Se il fem­mi­ni­ci­dio ha assun­to pro­por­zio­ni inquie­tan­ti, que­sta vicen­da ci si col­lo­ca  per­fet­ta­men­te nel qua­dro, del­la que­stio­ne fem­mi­ni­le nel nostro pae­se, per­ché rac­con­ta di un iso­la­men­to, di un abban­do­no socia­le, di un assen­za di soste­gno e del dispe­ra­to gri­do di aiu­to di una don­na, ma soprat­tut­to una tra­ge­dia annun­cia­ta,. Pro­ba­bil­men­te chi le vive­va accan­to ha assi­sti­to impo­ten­te a una len­ta deri­va psi­co­lo­gi­ca, dif­fi­ci­le da gesti­re e impos­si­bi­li­ta­to a tro­va­re solu­zio­ni.

Ecco dun­que le con­se­guen­ze dei fero­ci tagli al sociale,ai fon­di per la non auto­suf­fi­cien­za, al dirit­to e all’inclusione socia­le,   che han­no via via spin­to le don­ne all’antico ruo­lo di cura del­la casa e del­la fami­glia, ma nei casi di figli con han­di­cap, que­sto ruo­lo si tra­sfor­ma in un incu­bo, di con­dan­na alla mor­te socia­le, che impe­di­sce qual­sia­si for­ma di vita nor­ma­le, e trop­po  spes­so a mor­ti vere e pro­prie.

L’assistenza socia­le dovreb­be rap­pre­sen­ta­re , un soste­gno una con­di­vi­sio­ne del lavo­ro di assi­sten­za e cura di sog­get­ti dif­fi­ci­li da gesti­re, per­ché un figlio disa­bi­le è dav­ve­ro un far­del­lo pesan­te, inge­sti­bi­le, inaf­fron­ta­bi­le per una fami­glia da sola.

Per que­sta don­na, tro­vo solo paro­le di soli­da­rie­tà, di pie­tà, nes­su­na di con­dan­na o giudizio…le paro­le che meglio descri­vo­no lo sta­to d’animo nell’apprendere dell’ennesima ucci­sio­ne di un figlio disa­bi­le, è la tri­ste con­sa­pe­vo­lez­za di una dispe­ra­zio­ne sen­za appel­lo.

Se lo sta­to non com­pren­de  che l’isolamento del­le fami­glie in que­ste con­di­zio­ni, in par­ti­co­la­re del­la don­na, non puo’ che sca­tu­ri­re in disa­gio men­ta­le. Se uno sta­to con­ti­nua a met­te­re in dif­fi­col­tà i suoi cit­ta­di­ni piu’ debo­li, anzi a dover­si difen­de­re in alcu­ni casi, come la per­se­cu­zio­ne del dirit­to alle pen­sio­ni,  al taglio dei servizi,allora dovrem­mo abi­tuar­ci a leg­ge­re di que­sti fat­ti, e impa­ra­re a vol­tar pagi­na, e a fin­ge­re che nul­la sia suc­ces­so, ma que­sto non puo’ esse­re con­si­de­ra­to un assas­si­nio come tan­ti, que­sto è l’assassinio del­lo sta­to, io cre­do che quel bam­bi­no sia vit­ti­ma di uno sta­to cini­co e distrat­to e quel­la madre un gri­do soffocato.…A que­sto sta­to io dico: “mi dis­so­cio, mi ver­go­gno, e spe­ro che sen­tia­te  anche voi in quan­to isti­tu­zio­na­li, il gran­de sen­so di col­pa che pro­vo io!”

 Bar­ba­ra Taman­ti

Una don­na, una madre ita­lia­na.

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