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L’Opinione. Priebke. Fuorischema di Maurizio Aversa
18/10/2013Questo articolo è stato letto 6561 volte!
L’Opinione. Priebke. Fuorischema di Maurizio Aversa
Offro ad ogni lettore delle considerazioni, alcune politiche e/o filosofiche, altre di natura amministrativa e penale, nonché onnicomprensive della cultura intima della società. Questo, in relazione ai fatti e misfatti accaduti in Albano, ai Castelli romani, per la scelta della celebrazione – mai avvenuta – del funerale del nazista non pentito Erik Priebke.
La cura dei cari. Si pensa, soprattutto nella parte occidentale del mondo, quella non panteista ad esempio, che l’evoluzione e la distinzione tra gli uomini e donne e gli animali, si basi soprattutto sulla “cura” dei morti che uomini e donne da millenni hanno adottato. Con la sepoltura, con i luoghi contrassegnati per la cura dei morti ecc. Forse, questa visione, alla luce delle tecniche della cremazione, nel tempo non saranno più perseguite allo stesso modo. E’ vero però, che resta il rito della cura delle persone care che non ci sono più. Questo vale, semplificando in modo estremo, sia per chi pensa ad un al di là ultraterreno (le varie religioni), sia per chi in modo ateo che con la fine della vita cessa l’esistenza materiale di quella persona. Nel senso che, chi ricorre alla religione ha motivo di mettere cura verso i cari perché sperano, per loro, una vita migliore nei paradisi celesti. Ma anche per chi è ateo, immagina che il ricordo della persona cara si sostanzia con le opere, le azioni, il “lascito” immateriale, oltre che eventualmente materiale, sia degno di venerazione per perpetrarne l’esempio di vita. Quindi nelle due accezioni, vanno rispettate, anche perché intimamente appartengono agli esseri umani, sia il comportamento di cura dei religiosi che degli atei. Non solo, ma proprio per questa “equivalenza” umana, vanno consentiti, garantiti, in qualunque modo le scelte “private”, “riservate”, dei cari di ognuno perché appartenente anche alla sfera dei sentimenti. Quindi anche all’essere abbietto, come ad esempio Priebke, va garantito che sentimenti di affetto dei propri cari vogliono manifestare nei suoi confronti. Per fare ciò, occorre una tolleranza sociale rispetto al “lascito” della persona scomparsa; e, soprattutto, l’intimità, la riservatezza, la cura privata, che le persone care in vita vogliono esprimere: per stringersi in preghiera o per altri comportamenti.
Lo scandalo. Però, come sottolineato perfino dai codici della Chiesa, quando ha adottato il provvedimento di non disponibilità ad officiare messa per il funerale di Priebke nella città di Roma, se il rito è inserito all’interno di una comunità che avverte come turbamento la manifestazione di commiato al defunto; ciò vale come scandalo sociale e come tale impedisce la giusta armonia – pur nella drammaticità dell’addio ad una vita – per lo svolgimento del rito stesso. Non a caso, proprio la Questura di Roma, prendendo a base anche questo ragionamento adottato dal Vaticano, ha emesso una disposizione di “divieto assoluto” (questore Fulvio della Rocca) per non far svolgere il funerale di Priebke nell’area di Roma e provincia.
La strumentalizzazione del cadavere. Non solo, ma il provvedimento della Questura, a ben vedere, è stato anche giustificato da una certa strumentalità (A fini politici? A fini mediatici per altri risvolti? Perché contenuti nei “desiderata” del defunto?) che pure non chiara nella sua origine, è certo, per l’evoluzione che ha avuto successivamente, che ha focalizzato l’attenzione pubblica sull’idea nazista, inclusa l’ideologia negazionista, che voleva accompagnare la fine di questo cadavere. E qui un gioco, anche se non chiarissimo, (e forse varrà la pena se qualche ufficio della magistratura volesse aprire un fascicolo per l’allarme sociale creato) è stato condotto dall’avvocato di Priebke, Paolo Giachini, e dai suoi famigliari. Insomma, l’intento mostrato, l’effetto ricercato, la modalità perseguita, certamente non si inserisce nella scia di “familiari ed amici” che vogliono dare l’estremo saluto, seppure ad un criminale. No, ciò che si è cercato, e non sappiamo quanto di “motu proprio” ci sia nell’iniziativa dell’adunata, della preparazione con armi d’offesa, dell’agguato vigliacco e della fuga, orchestrato dalla destra estrema (guidata secondo le cronache da Maurizio Boccacci, noto fascista degno di galera che anche in questa occasione – proprio mentre il Parlamento introduce un nuovo reato, quello di “negazionismo” contro chi sostiene che non sia mai avvenuto lo sterminio degli ebrei – non si censura nel lanciare messaggi mafionazisti contro Riccardo Pacifici presidente della comunità ebraica), oppure quanto era già “concordato”.
Il Prefetto sbaglia tutto. Il Prefetto, Giuseppe Pecoraro, in questa occasione aveva avuto tutte le “facilitazioni” del caso. Aveva a disposizione la presa di posizione del Vaticano. Aveva da accogliere l’esigenza dei familiari di poter dare sepoltura al congiunto. Aveva una disposizione della Questura che allontanava da Roma, città turbata da questo nazista per l’orrore che aveva causato in vita, lo svolgimento del funerale. Quindi non doveva fare altro che seguire questa sequela di comportamenti “azzeccati” sia in funzione degli sentimenti collettivi della comunità romana e laziale, sia in funzione della prevenzione di problemi di ordine pubblico. Per converso, si pensi solo al provvedimento di anticipo di una partita di calcio disposta dallo sesso Prefetto Pecoraro per “prevenire” situazioni di criticità nella gestione dell’ordine pubblico. Cos’è il principio di precauzione e di rispetto dello scorrere tranquillo della vita quotidiana dei cittadini per il Prefetto vale se c’è di mezzo una partita, e scompare se c’è di mezzo un nazista? Non uno qualsiasi, ma quello che ha eseguito l’eccidio delle Fosse Ardeatine? E, comunque sia, se il Prefetto è addivenuto ad assistere allo scorrere degli eventi, invece che prevenirli, perché alla forzatura della Fraternità Lefebvriana di Albano non ha opposto resistenza? Ovvero, perché dopo la sua non opposizione, quando il sindaco di Albano, Nicola Marini sostenuto e sollecitato dalla comunità di cittadini democratici e antifascisti castellani, ha emesso una ordinanza di divieto di transito della salma del nazista nella città medaglia d’argento della Resistenza, invece si è sollecitamente attivato per annullare la stessa? Pecoraro doveva intervenire già prima, quando il legale, o la famiglia, avevano contattato la Fraternità perché era una scelta chiaramente in contrasto con quanto disposto dalla Questura. O, ancora, siccome non era intervenuto, non doveva neppure opporsi alla presa di responsabilità del Sindaco che l’autorità massima in sede locale!
Le dimissioni. Poiché è evidente a tutti che lo svolgimento dei fatti nella giornata di ieri e stanotte (15/16 ottobre – tra l’altro coincidente con la data dell’ordine e dell’azione di rastrellamento del ghetto ebreo romano ordinato da Priebke-) sono stati, dal punto di vista della precauzione per l’ordine pubblico, una mezza catastrofe, ora non resta che tirare le somme. La famiglia e l’avvocato non sembra abbiano perseguito un diritto privato alla cura del congiunto scomparso, ma strumentalizzato un “evento”. Il Prefetto non ha compreso che stava accadendo proprio questo. Quindi deve rassegnare ovvie, dovute dimissioni. Chiedendo anche scusa, da servitore dello Stato e della Repubblica e della Costituzione sulla quale ha giurato, anche ai martiri delle Fosse Ardeatine e ad una delle città simbolo della Resistenza castellana. Oppure, se tutto quanto ha fatto non è stato scelto da lui stesso, ovvero ha eseguito indicazioni politiche, per esempio del Ministro dell’Interno, allora renda nota la cosa. Un valido esempio da seguire mi sembra che l’abbia a portata di mano e di memoria a breve. Ricorda Pecoraro, come si è comportato – da vero servitore dello Stato e da leale funzionario apicale della Repubblica – il Prefetto Giuseppe Procaccini? Ecco, adotti lo stesso comportamento, sia che debba pagare per una scelta propria che è risultata totalmente errata e che ha ferito sentimenti e stratificazione culturale di intere comunità; sia che debba esplicitare che ha solo eseguito un ordine fallato: ne risponderà chi eventualmente ha impartito quell’ordine!
Troppi silenzi. Non sappiamo, non abbiamo appurato se ci sono state dichiarazioni (in appoggio o a commento delle prese di posizioni di Nicola Marini, ad esempio, o delle scelte prefettizie, ecc) oltre quelle paio che abbiamo letto (Ileana Piazzoni, Sel; Elena Fattori, M5S) di eletti regionali e parlamentari nazionali. Sappiamo che viva è stata la mobilitazione e la presenza di una intera comunità (sindaci, consiglieri, giunte), quella castellana che con le facce degli imprenditori locali, dei cittadini, dei partiti locali, degli studenti e di uomini e donne, dell’Anpi, hanno affrontato e vissuto tutta l’esperienza di aspra battaglia verbale e respinto perfino l’assalto fascista, per cacciare dal suolo castellano il nazista e i suoi seguaci in cerca di notorietà. Questa mobilitazione ha vinto: perché non ha consentito strumentalizzazioni del cadavere nazista; perché ha mostrato una spontanea vivacità unitaria antifascista che è una delle basi (la findamentale) della difesa e attuazione della Costituzione repubblicana; perché ha confermato che una diffusa cultura democratica è il giusto antidoto alla violenza, al qualunquismo, al disfacimento statuale. Questa mobilitazione, ora, consente a tutte quelle voci ancora rimaste in silenzio di assumersi l’onere e l’onore di continuare questa battaglia. Invitiamo consiglieri regionali e parlamentari a chiedere l’intervento della magistratura per una indagine su quanto accaduto; a chiedere di sapere la verità dei comprotamenti prefettizi: sia nel caso dell’errore totale del Prefetto Pecoraro, nel qual caso vanno chieste le dimissioni; sia nel caso dell’esecuzione di ordini superiori, nel qual caso vanno chieste le dimissioni del Ministro che le ha impartite. Verificheremo le risposte e le iniziative di consiglieri regionali e dei parlamentari.
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AGGIORNAMENTO. Oggi, dopo la serata della fiaccolata, dopo gli interventi di esponenti politici locali, di sindacati, dell’Anpi, di molti parlamentari ed eletti, è giusto che io “aggiorni” la denuncia che avevo avanzato circa i silenzi per la vicenda Priebke. In verità, in questo aggiornamento, restano ancora esclusi esponenti di primo piano del Pd castellano — che non siano amministratori locali — e questo non depone, dal mio punto di vista, a favore di un Pd che volesse riproporsi come prosecutore dei valori antifascisti della costituzione. Ci sono momenti, specialmente chi è detentore del primo piano politico lo sa, in cui non basta “dare per scontato” le cose. Sono quei momenti in cui la propria voce, la propria faccia, valgono l’affermazione o la negazione di idee e di valori. Quindi col dito accusatore mi rivolgo ai parlamentari del Pd dei Castelli affinchè si manifestino sulla vergognosa vicenda Priebke!