L’Opinione: Polemica Aversa-Santarelli sul territorio castellano. Voi che ne pensate?

L’Opinione: Polemica Aversa-Santarelli sul territorio castellano. Voi che ne pensate?

24/06/2013 0 Di Redazione

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Giu­lio San­ta­rel­li, già Pre­si­den­te del­la Regio­ne Lazio e oggi apprez­za­to viti­col­to­re castel­la­no, ha scrit­to, basan­do­si su anni di espe­rien­za e ricer­che, un nuo­vo libro sul­la viti­col­tu­ra a Roma e nei Castel­li Roma­ni, facen­do un escur­sus nel­la sto­ria e nel­l’e­vo­lu­zio­ne del ter­ri­to­rio, dal pun­to di vista agri­co­lo ed urba­ni­sti­co. Mau­ri­zio Aver­sa ha scrit­to un reso­con­to cri­ti­co del­l’e­ven­to, al qua­le San­ta­rel­li ha rite­nu­to dover rispon­de­re, spe­ci­fi­can­do alcu­ne que­stio­ni.. Ma ovvia­men­te, Aver­sa, gli ha scrit­to la con­tro-rispo­sta. Ci sarà un quar­to round? Non lo sap­pia­mo, ma que­sto bot­ta e rispo­sta, intan­to, testi­mo­nia che la voglia di discu­te­re di poli­ti­ca e scel­te a Mari­no non si è sopi­ta, quin­di, nel pro­por­vi una let­tu­ra del­le due diver­se cam­pa­ne, vi invi­tia­mo a dire la vostra nei com­men­ti.

Maurizio Aversa, Segretario PdCI Marino

Mau­ri­zio Aver­sa, Segre­ta­rio PdCI Mari­no

1° ROUND — AVERSA

Pre­sen­ta­to ai Castel­li roma­ni il libro-pro­vo­ca­zio­ne di San­ta­rel­li sul­la viti­vi­ni­col­tu­ra. Pro­po­ne dife­sa dell’ecosistema e poli­ti­ca di cam­bia­men­to.

di Mau­ri­zio Aver­sa

Giu­sta­men­te San­dro Carac­ci, già pre­si­den­te del  Par­co dei Castel­li roma­ni, inter­ve­nen­do alla pre­sen­ta­zio­ne del libro di Giu­lio San­ta­rel­li “La viti­col­tu­ra a Roma e nei Castel­li Roma­ni — Ori­gi­ni, Svi­lup­po, Decli­no e Idee per la Rina­sci­ta” edi­to per i tipi di Pie­ral­do Edi­to­re, che si è svol­ta a Mari­no saba­to 15 giu­gno pres­so il Museo Civi­co Mastro­ian­ni di Mari­no, ha con­si­glia­to la let­tu­ra, la rifles­sio­ne ed ha auspi­ca­to l’adozione di com­por­ta­men­ti coe­ren­ti (da par­te di ammi­ni­stra­to­ri e dal­la clas­se diri­gen­te del­la socie­tà mari­ne­se e castel­la­na) con alcu­ne indi­ca­zio­ni sul­la dife­sa ambien­ta­le che emer­go­no dal libro stes­so.

E’ impor­tan­te que­sta  indi­ca­zio­ne di Carac­ci per­ché è uno degli inter­ven­ti non in sca­let­ta, svol­ti a ruo­ta libe­ra duran­te il pome­rig­gio mari­ne­se che ha mes­so insie­me deci­ne di per­so­ne che han­no ascol­ta­to tesi pro­prie dell’autore; appro­fon­di­men­ti lin­gui­sti­ci, filo­so­fi­ci e sinot­ti­ci insi­ti nel libro stes­so svol­ti dal prof. Fran­co Cam­pe­gia­ni che ama decli­nar­si filo­so­fo e vigna­io­lo; spie­ga­zio­ni e illu­stra­zio­ni del dott. Gae­ta­no Ciol­fi, diret­to­re dell’Istituto Spe­ri­men­ta­le per l’E­no­lo­gia S.O.P. di Vel­le­tri. L’e­spo­si­zio­ne che è sta­ta gui­da­ta, come un padro­ne di casa ospi­tan­te da Arman­do Lau­ri, soda­le cul­tu­ra­le e poli­ti­co, oltre che ami­co per­so­na­le di Giu­lio San­ta­rel­li, ha con­sen­ti­to a tut­ti di pre­sen­ta­re aspet­ti e appro­fon­di­men­ti del testo in pre­sen­ta­zio­ne. Noi abbia­mo par­te­ci­pa­to con atten­zio­ne e atti­va­men­te, anche alla degu­sta­zio­ne dell’ottimo “mosca­to rosa­to” ser­vi­to fre­sco del­la can­ti­na Castel De Pao­lis, l’azienda di Giu­lio San­ta­rel­li che dagli anni ottan­ta ha cura­to nel­la nasci­ta, nel­la cura, nel­la ricer­ca di inno­va­zio­ni che ricon­du­co­no alle radi­ci.

Per­ché, come dice Cam­pe­gia­ni, “le radi­ci, sono quan­to di più moder­no e inno­va­ti­vo, in agri­col­tu­ra come nel­le cose del­la vita”. Abbia­mo ascol­ta­to, dal­la voce dell’autore, rac­con­ta­re – col suo “modo fiu­me” di esse­re mari­ne­se appas­sio­na­to nel­le cose che affron­ta – di una ana­li­si, di un con­vin­ci­men­to, di una pro­vo­ca­zio­ne. Per con­to nostro, pro­via­mo a “leg­ge­re” quan­to da egli pro­po­sto in vario modo. L’analisi, ad esem­pio, soprat­tut­to nei richia­mi auto­bio­gra­fi­ci, non sem­pre ci sem­bra­no col­li­ma­re con la real­tà effet­tua­le. Che, inve­ce, vie­ne descrit­ta, a gran­di linee per quel­lo che è sta­ta. E’ un “gial­lo” que­sto volu­me. Un gial­lo di pre­gio. Ad esem­pio ha il pre­gio e il miste­ro che accom­pa­gna ogni nar­ra­ti­va pie­na di suspen­ce, di inse­rir­ci in un ambien­te noto, ma pre­sen­ta­to come in penom­bra. Una quo­ti­dia­ni­tà tat­ti­le di cui si è smar­ri­ta l’avvertenza, la con­sa­pe­vo­lez­za dell’esistenza stes­sa. Infat­ti, come è nei gial­li clas­si­ci, con­cen­tran­do l’attenzione sui “pro­ta­go­ni­sti” appa­ren­ti, anche per­ché poi è lì che si cela l’assassino (o è un com­plot­to con più delit­tuo­si col­pe­vo­li?), non si tie­ne in giu­sto con­to un sub­stra­to uma­no, una base di “humus” dove inne­sta­re col­tu­re e cul­tu­re, che poi daran­no cor­po al mon­do esi­sten­te. Infat­ti, assur­to a pro­ta­go­ni­sta il pro­dut­to­re, l’artigiano del­la vite (l’artista del­la vite, direb­be Campegiani),va  indi­vi­dua­to il moven­te.

Nien­te di ecce­zio­na­le: come in tut­ti i gial­li, o sono pas­sio­ni per­so­na­li o sono sol­di. E qui il moven­te è pro­prio il dena­ro, come sot­to­li­nea San­ta­rel­li, citan­do Van­da­na Shi­va, che vie­ne osan­na­to a wall street per­ché “da dena­ro pro­du­ce dena­ro”; ma poi dimen­ti­ca –il mon­do occi­den­ta­le. L’occidente capi­ta­li­sti­co- che per apprez­za­re la vita, le cose vive che si rin­no­va­no nel­la pro­pria sta­gio­na­li­tà, occor­re tor­na­re alla ter­ra e ai suoi frut­ti. Alla tria­de com­ple­ta, il pro­ta­go­ni­sta-vit­ti­ma, il moven­te-dena­ro, non resta che la fol­la di assas­si­ni: la clas­se diri­gen­te che nei decen­ni ha spo­sa­to il libe­ri­smo, il capi­ta­li­smo pre­da­to­re (e qui il libro, for­se anche per como­di­tà di rela­zio­ne argo­men­ta­le spa­zia poco e si rivol­ge solo alla spe­cu­la­zio­ne edi­li­zia, al con­su­mo di suo­lo). Sareb­be un po’ com­pli­ca­to, e dovreb­be assol­ve­re un po’ trop­po sbri­ga­ti­va­men­te anche se stes­so e i pro­pri ruo­li (pub­bli­ci) pas­sa­ti, Giu­lio San­ta­rel­li, se doves­se appro­fon­di­re l’analisi sul capi­ta­li­smo, sul­le clas­si diri­gen­ti del Pae­se Ita­lia, anche for­gia­te (com­pre­se le deri­va­zio­ni attua­li che giu­sta­men­te ora denun­cia) dal­la par­te poli­ti­ca a cui egli stes­so ha con­tri­bui­to a dare cor­so. Sareb­be com­pli­ca­to a tal pun­to che dovreb­be invo­ca­re, in estre­mo ten­ta­ti­vo onni­com­pren­si­vo dell’analisi, del­la sog­get­ti­va­zio­ne e del­le con­clu­sio­ni a cui giun­ge oggi, un isti­tu­to com­por­ta­men­ta­le ad egli sco­no­sciu­to: dovreb­be invo­ca­re e pra­ti­ca­re l’autocritica costrut­ti­va. Cosa che asso­lu­ta­men­te non fa. Non è nel­le sue cor­de. Non è nel “per­so­nag­gio” che inter­pre­ta ed è. Non vuo­le nep­pu­re pren­de­re in cosi­de­ra­zio­ne. Tan­to è vero che sfug­ge. Anzi rifug­ge, in un arti­fi­cio, che qua­si potreb­be “offen­de­re” l’ospite filo­so­fo che lo sta accom­pa­gnan­do nel­la bel­la descri­zio­ne ana­li­ti­ca del­la real­tà muta­ta. Infat­ti, San­ta­rel­li sen­ten­zia che “sono fini­te le ideo­lo­gie”!

Aggiun­ge che la dimo­stra­zio­ne di ciò è che men­tre pri­ma – e qui c’è un riman­do alla cri­si che dal 2008 deva­sta il capi­ta­li­smo – c’era la lot­ta di clas­se e gli ope­rai ora l’unica par­ven­za di lot­ta di clas­se è il benes­se­re eco­so­ste­ni­bi­le che i cit­ta­di­ni (di cit­tà) recla­ma­no nel­la loro vita quo­ti­dia­na. E qui, addi­rit­tu­ra, spo­sa ed indi­ca il moti­vo – que­sto del­la eco­so­ste­ni­bi­li­tà sem­pli­fi­ca­ta – ha tro­va­to coe­ren­za del pro­prio agi­re poli­ti­co nel soste­ne­re le posi­zio­ni poli­ti­che dell’amministratore Ren­zi. Ecco, in tut­to ciò, fino ad ora sono resta­ti fuo­ri – e lo sono anche nel libro – i lavo­ra­to­ri del­la ter­ra, i brac­cian­ti, i part time, i sen­za dirit­ti, gli sfrut­ta­ti, che han­no reso pos­si­bi­le l’applicazione di quel­le intui­zio­ni che il “pro­dut­to­re San­ta­rel­li” è sta­to capa­ce di sco­va­re. Gra­zie, come defe­ren­te ricor­da egli stes­so, alla “super­vi­sio­ne di idee e scel­te” indi­ca­te dal prof. Atti­lio Scien­za, eno­lo­go nume­ro uno al mon­do. Ecco tut­to ciò, sen­za chi “scac­chia”, chi “inne­sta”, chi “rac­co­glie”, chi “tra­spor­ta”, chi met­te le pro­prie brac­cia al ser­vi­zio quo­ti­dia­no del­la vigna, avreb­be come risul­ta­to, pro­ba­bil­men­te la stes­sa qua­li­tà che è sta­ta eccel­len­te­men­te tro­va­ta dal­le intui­zio­ni e capa­ci­tà di San­ta­rel­li e del­la sua azien­da, ma sareb­be – se cura­ta da egli sola­men­te e dal­la fami­glia – 100 vol­te, mil­le vol­te, mino­re nei nume­ri.

Per que­sto è “nor­ma­le”, se non si coglie que­sta “imme­dia­ta sen­si­bi­li­tà di clas­se e di situa­zio­ne di sfrut­ta­men­to ogget­ti­vo nel­la cate­na di pro­du­zio­ne anche nei beni del­la ter­ra”, che poi si giun­ga sbri­ga­ti­va­men­te a sen­ten­zia­re sul­la fine del­le ideo­lo­gie. Per­ché, chie­de­rem­mo all’autore, l’insieme del siste­ma di idee che egli pro­po­ne cir­ca l’ecosostenibilità, cir­ca una visio­ne di futu­ro (nel rida­re pro­gram­ma­zio­ne e pote­re ordi­na­to­re) anche nell’economia loca­le e glo­ba­le, non è essa stes­sa una pro­po­sta “ideo­lo­gi­ca”? Per­ché, incal­ze­rem­mo, quan­do pre­oc­cu­pa­to e spe­ran­zo­so pro­po­ne di chie­de­re alle clas­si pro­dut­ti­ve agri­co­le (magni­fi­co l’esempio di Ciol­fi cir­ca il con­su­mo di suo­lo e di acqua nel paral­le­lo tra l’espianto di vite e l’innesto di col­ti­va­zio­ni di kiwi) di rinun­cia­re al “gua­da­gno faci­le” e di per­se­gui­re un giu­sto gua­da­gno, ma che assi­cu­ri il futu­ro di tut­ti, non pone un que­si­to ideo­lo­gi­co? Non pro­po­ne, in ulti­ma istan­za una cri­ti­ca al capi­ta­li­smo pre­da­to­re? Oppu­re vuo­le iscri­ver­si nel­la schie­ra, fat­ta di illu­sio­ni­sti o illu­si che pen­sa­no ad un “capi­ta­li­smo buo­no”? Che si, il siste­ma por­ta a sfrut­ta­re, ma solo a pic­co­le dosi! Per que­sto, l’apprezzabile fati­ca intel­let­tua­le va pre­mia­ta nel­la sua “novi­tà”, che, essen­zial­men­te, con­si­ste nell’aver pro­dot­to siste­mi­ca­men­te una rac­col­ta (secon­do la ricer­ca dell’autore è dal 1939 che non veni­va svol­to un libro simi­le) che par­ten­do dal­le carat­te­ri­sti­che fisi­che, geo­lo­gi­che, geo­cli­ma­ti­che, mor­fo­lo­gi­che del ter­ri­to­rio su cui insi­ste il nostro inte­res­se (Mari­no e i Castel­li roma­ni) lo met­te sot­to gli occhi del let­to­re e lo arric­chi­sce via, via.

Del­la sto­ria e del­la cul­tu­ra che nei seco­li, dal pun­to di vista del­la vite e “degli sti­li di vita” come sot­to­li­nea Cam­pe­gia­ni, che sono la con­di­zio­ne e il risul­ta­to del pro­dot­to agri­co­lo fina­le, nel nostro caso la vite. Del­la stes­sa visio­ne eco­no­mi­ca di sca­la per deter­mi­na­re come si sono com­piu­ti sal­ti – posi­ti­vi e nega­ti­vi – nell’uso del suo­lo su cui pro­spe­ra, o pro­spe­ra­va que­sta atti­vi­tà viti­vi­ni­co­la. Così ven­go­no ricor­da­ti l’inarrestabile espan­sio­ne dell’urbanizzazione, sia da Roma ver­so i Castel­li, che degli stes­si cen­tri castel­la­ni che han­no amplia­to o repli­ca­to in for­ma “moder­na e disor­di­na­ta” se stes­si più  a val­le. Que­sta descri­zio­ne, fa indi­ca­re all’autore, che ormai occor­re pren­de­re atto di dover ricor­re­re ad uno spar­tiac­que. Per que­sto ha buon gio­co, con la coin­ci­den­za del­le scel­te dei cit­ta­di­ni degli ulti­mis­si­mi anni e mesi ope­ra­ti nel­le urne, nel recla­ma­re, nell’indicare, che il con­su­mo di suo­lo agri­co­lo ormai deve esse­re pari a zero.

Lo ha pro­cla­ma­to Nico­la Zin­ga­ret­ti, neo pre­si­den­te del­la Regio­ne Lazio; lo ha con­fer­ma­to – indi­can­do pro­prio l’Agro roma­no, come livel­lo di atten­zio­ne e appli­ca­zio­ne prio­ri­ta­ria – il neo­sin­da­co di Roma Igna­zio Mari­no. Insie­me a que­sto zero con­su­mo di suo­lo, il pro­dut­to­re San­ta­rel­li, il “con­ta­di­no” San­ta­rel­li, tie­ne ad indi­ca­re, e rac­con­ta epi­so­di di una bat­ta­glia in cor­so, che la ricer­ca e l’innovazione devo­no ripor­ta­re (vale per i disci­pli­na­ri Doc e Docg) ad abban­do­na­re (gra­dual­men­te) l’uso dei viti­gni “quan­ti­ta­ti­vi” come la mal­va­sia e ripor­ta­re in pri­mo pia­no viti­gni come il can­nel­li­no. La visio­ne di un ruo­lo dei Castel­li roma­ni che sul­la col­tu­ra e sul­la cul­tu­ra del vino sia in gra­do di inne­sta­re poli­ti­che atti­ve di turi­smo pro­gram­ma­to – maga­ri non solo quel­lo del­le gite fuo­ri­por­ta come ripro­po­sto dall’autore – deve pas­sa­re, e non potreb­be esse­re altri­men­ti, sot­to­li­nea San­ta­rel­li, dal­la sal­va­guar­dia e dal tota­le rispet­to ordi­na­to­re che devo­no ave­re le nor­me, euro­pee e ita­lia­na e regio­na­li, del­la pro­te­zio­ne pae­sag­gi­sti­ca, del­la pro­te­zio­ne pae­si­sti­ca, del­la pre­ci­pui­tà dei Par­chi dell’Appia Anti­ca e dei Castel­li roma­ni.

Sarà pos­si­bi­le que­sto? E’ chia­ro che occor­re, nel­la con­co­mi­tan­za del­la cri­si siste­mi­ca del capi­ta­li­smo in cor­so, e nel­la rispo­sta di gover­no loca­le che indi­ca cam­bia­men­to; pre­oc­cu­par­si che in tut­ta l’area castel­la­na, sia­no que­sti temi e que­sta visio­ne a pre­va­le­re. But­tan­do fuo­ri dal gover­no loca­le (ad esem­pio nel­le con­sul­ta­zio­ni che sono pro­gram­ma­te per il pros­si­mo anno) quel­le com­pa­gi­ni ammi­ni­stra­ti­ve – per lo più di cen­tro­de­stra, ma non solo – che in que­sti anni inve­ce di esse­re sta­te all’avanguardia nel­la dife­sa dell’agricoltura e dell’ecosistema castel­la­no, ne han­no uti­liz­za­to lo “char­me da mar­ke­ting” per depre­da­re, per arric­chi­re pochi e impo­ve­ri­re mol­ti, come è in uso all’edilizia spe­cu­la­ti­va, come è in uso al capi­ta­li­smo impe­ran­te. Per fer­mar­si al solo esem­pio di Mari­no, come pure l’autore fa, que­ste giun­te ulti­me che han­no scel­to di non tene­re con­to del­le leg­gi di sal­va­guar­dia e di tute­la, che han­no scel­to di basa­re “fasul­la­men­te e in modo mio­pe” un richia­ma­to “svi­lup­po” edi­li­zio per distri­bui­re red­di­to al Pae­se, in real­tà han­no rovi­na­to una par­te di patri­mo­nio natu­ra­le. Aggre­di­to par­ti impor­tan­ti di arre agri­co­le. Impo­ve­ri­to arti­gia­ni e lavo­ra­to­ri che ora non vedo­no sboc­chi.

Al con­tra­rio, come sot­to­li­nea­no e rico­no­sco­no ormai ope­ra­to­ri nazio­na­li e inter­na­zio­na­li del set­to­re, sin­da­ca­ti di cate­go­ria impren­di­to­ri del­la filie­ra edi­li­zia, un diver­so modo di crea­re svi­lup­po dall’edilizia c’è: è la rige­ne­ra­zio­ne e la gran­de ristrut­tu­ra­zio­ne da ope­ra­re nell’immobiliare esi­sten­te, nei cen­tri sto­ri­ci e urba­ni già rea­liz­za­ti, sen­za man­gia­re altro suo­lo, altra sto­ria, altro ambien­te, altra cul­tu­ra. Quin­di, l’ultima paro­la spet­ta non alle ammi­ni­stra­zio­ni e alla clas­se diri­gen­te che sta pas­san­do (o che appa­ren­te­men­te è anco­ra in auge), ma ai cit­ta­di­ni che – anche uti­liz­zan­do que­sto uti­le stru­men­to qua­le è il libro La viti­col­tu­ra a Roma e nei Castel­li Roma­ni — Ori­gi­ni, Svi­lup­po, Decli­no e Idee per la Rina­sci­ta” – potrà sce­glie­re nel­le pros­si­me con­sul­ta­zio­ni elet­to­ra­li se accet­ta­re supi­na­men­te uno sci­vo­lo ver­so il bara­tro, oppu­re ten­ta­re una vera e pro­pria rivo­lu­zio­na­ria riscos­sa di cam­bia­men­to.

 

  2° ROUND — SANTARELLI

di Giu­lio San­ta­rel­li

“Già nel tito­lo ‑San­ta­rel­li si con­fes­sa renziano‑, Mau­ri­zio Aver­sa in qual­che modo spo­sta il con­te­nu­to del libro su que­stio­ni di carat­te­re poli­ti­co che inve­ce rap­pre­sen­ta­no sol­tan­to il corol­la­rio del­la nar­ra­zio­ne agri­co­la del libro stes­so. Peral­tro, l’esempio del Sin­da­co di Firen­ze è sta­to da me indi­ca­to (nell’esposizione a brac­cio) pro­prio per­ché il sin­da­co di Firen­ze ha rea­liz­za­to, e non sol­tan­to decla­ma­to, il “con­su­mo zero” di suo­lo agri­co­lo. Que­stio­ne che per me assu­me valo­re di civil­tà per­ché sot­trae la ter­ra alla spe­cu­la­zio­ne fon­dia­ria e garan­ti­sce un futu­ro alle gio­va­ni gene­ra­zio­ni. La cri­ti­ca di Aver­sa (per que­sta par­te del­le sue con­si­de­ra­zio­ni) è nell’ottica mili­tan­te di una Sini­stra anco­ra­ta alla teo­ria e alla pras­si Mar­xi­sta-Leni­ni­sta.

Un’ otti­ca che non è mai sta­ta la mia, se si eccet­tua il perio­do gio­va­ni­le quan­do era anco­ra in vigo­re il “pat­to di uni­tà d’azione” PCI-PSI. Per ave­re un’idea del cli­ma dell’epoca basta ricor­da­re le paro­le del­la can­zo­ne del­la Fede­ra­zio­ne Mon­dia­le del­la Gio­ven­tù demo­cra­ti­ca: “La Liber­tà sull’oscuro mon­do bril­le­rà”. L’oscuro mon­do ovvia­men­te non era quel­lo in cui loro vive­va­no ma quel­lo occi­den­ta­le. E noi ven­ten­ni schie­ra­ti (e plaudenti)dalla par­te del bloc­co sovie­ti­co. In Ita­lia quel­la cul­tu­ra ven­ne dif­fu­sa da rivi­ste di gran­de spes­so­re intel­let­tua­le come: Mon­do Operaio,Rinascita,Il Calen­da­rio del Popo­lo e ven­ne vei­co­la­ta anche dal­la col­la­na dei libri tasca­bi­li del­la Uni­ver­sa­le Eco­no­mi­ca Later­za. Tra le aber­ra­zio­ni pro­cu­ra­te al popo­lo non è man­ca­to nep­pu­re il ten­ta­ti­vo di mani­po­la­re l’evoluzione bio­lo­gi­ca del­le spe­cie vege­ta­li con il pro­get­to di Sta­lin di met­te­re in cam­po una gene­ti­ca di stam­po comu­ni­sta affi­da­ta a Miciu­rin e Lisen­ko da con­trap­por­re alla gene­ti­ca dell’Abate Men­del per­ché di stam­po capi­ta­li­sti­co, lad­do­ve natu­ral­men­te la gene­ti­ca è una disci­pli­na scien­ti­fi­ca che non può esse­re in alcun modo agget­ti­va­ta. Una pub­bli­ci­sti­ca che entrò in cri­si con il rap­por­to Kru­scev al XX Con­gres­so del PCUS, che mise a nudo i cri­mi­ni di Sta­lin e del­lo sta­li­ni­smo. Le rivol­te di Ungheria,Polonia e Ceco­slo­vac­chia che segui­ro­no, si inca­ri­ca­ro­no di mostra­re il vero vol­to del­la “dit­ta­tu­ra del pro­le­ta­ria­to”. Risul­tò così che in quei pae­si era­no sta­ti costrui­ti regi­mi dove le paro­le uguaglianza,giustizia sociale,libertà,democrazia,pace tra i popo­li era­no una tra­gi­ca fin­zio­ne pro­pa­gan­di­sti­ca.

La real­tà era fat­ta di pri­vi­le­gi per la nomen­cla­tu­ra, e di mise­ria per il popo­lo, al qua­le non veni­va rispar­mia­to il car­ce­re e soven­te, per chi osa­va dis­sen­ti­re, c’era la con­dan­na a mor­te vera e pro­pria. Ma que­sti argo­men­ti con il mio libro non c’entrano. Le cose su cui si dif­fon­de Aver­sa atten­go­no all’eterno dibat­ti­to di cui è infar­ci­ta la sto­ria del­la sini­stra dal 1921. Per chiu­de­re que­sto aspet­to dirò che la defi­ni­zio­ne del XX come “il seco­lo del­le ideo­lo­gie”, da me usa­ta nell’esposizione a brac­cio, non è una mia inven­zio­ne ma appar­tie­ne alle rifles­sio­ni e all’ampio dibat­ti­to che è segui­to alla fine del for­di­smo e alla tra­sfor­ma­zio­ne dell’economia globale,verso il ter­zia­rio e il qua­ter­na­rio: sce­na­ri e pro­spet­ti­ve che con la lot­ta di clas­se c’entrano poco o nul­la. E’ per que­sto che con la tra­sfor­ma­zio­ne ed evo­lu­zio­ne dell’economia sono anda­ti in cri­si anche i par­ti­ti che fon­da­va­no la loro ragion d’essere su quel model­lo di eco­no­mia e socie­tà. Men­tre è ter­ri­bil­men­te attua­le la bat­ta­glia per con­no­ta­re diver­sa­men­te la lot­ta dei più debo­li e costrui­re nel­le aree metro­po­li­ta­ne un qua­dro di dirit­ti che impe­di­sca agli inte­res­si che ruo­ta­no intor­no alla spe­cu­la­zio­ne edi­li­zia di rapi­na­re il ter­ri­to­rio, non con­sen­ten­do l’edificazione di quar­tie­ri che sia­no costrui­ti a misu­ra d’uomo e a tute­la del­la qua­li­tà del­la vita.

Aver­sa dovreb­be ricor­da­re che la que­stio­ne del­la “vita fuo­ri dal­la fab­bri­ca” o dal posto di lavo­ro ven­ne posta già dal segre­ta­rio del­la CGIL Lucia­no Lama negli anni ’70,quando il sin­da­ca­to di clas­se sco­prì che i lavo­ra­to­ri non pote­va­no esau­ri­re il loro impe­gno per miglio­ri con­di­zio­ni, mag­gio­ri dirit­ti e più sala­rio nel posto di lavo­ro se poi il dirit­to ai ser­vi­zi del­la casa,della scuola,della sani­tà e dei tra­spor­ti era ina­de­gua­to o assen­te del tut­to. Idee che furo­no dura­men­te con­te­sta­te dai grup­pi che ope­ra­va­no a sini­stra del PCI. Da qui la bat­ta­glia per il con­su­mo zero di suo­lo agri­co­lo e per impe­gna­re risor­se e impre­se ad ope­ra­re all’interno dei cen­tri sto­ri­ci per ristrut­tu­rar­li e dotar­li dei neces­sa­ri ser­vi­zi.

La copertina del libro di Giulio Santarelli, la viticoltura a Roma e nei Castelli romani

 Det­to per inci­so, se a Mari­no fos­se sta­ta appli­ca­ta que­sta poli­ti­ca, sareb­be sta­to evi­ta­to al con­te­sto urba­no e al pae­sag­gio un obbro­brio edi­li­zio e urba­ni­sti­co come quel­lo del­la 167 di Costa Casel­le. Da qual­che par­te si dirà che con la tra­sfor­ma­zio­ne edi­li­zia mol­ti viti­cul­to­ri han­no tro­va­to con­ve­nien­te ven­de­re per lascia­re il posto alla edi­fi­ca­zio­ne. Altri dico­no che le ragio­ni che indus­se­ro il cen­tro­si­ni­stra mari­ne­se nel 2003 a non revo­ca­re il PRG adot­ta­to e non anco­ra appro­va­to (si sareb­be age­vol­men­te potu­to ela­bo­rar­ne uno nuo­vo che sareb­be sta­to mol­to meno inva­si­vo e più atten­to alle esi­gen­ze di una rigo­ro­sa pro­gram­ma­zio­ne urba­ni­sti­ca!) fu la que­stio­ne dei “dirit­ti acqui­si­ti” invo­ca­ti per non cor­reg­ge­re le desti­na­zio­ni edi­fi­ca­to­rie tan­to gene­ro­sa­men­te elar­gi­te.

Sul­la pri­ma que­stio­ne c’è da dire che, così come nel dopo­guer­ra, chi ave­va un buon vigne­to pote­va usu­frui­re di red­di­ti che gli con­sen­ti­va­no una buo­na con­di­zio­ne socia­le: non si capi­sce per­ché non si pos­sa­no rico­strui­re quel­le con­di­zio­ni sal­van­do l’agricoltura anzi­ché pun­ta­re su faci­li gua­da­gni imme­dia­ti desti­na­ti ad esau­rir­si nel giro di pochi anni e con la per­di­ta di un bene che avreb­be potu­to garan­ti­re un futu­ro ai figli e ai nipo­ti. Sul­la que­stio­ne dei pre­sun­ti “dirit­ti acquisiti”,sia la Diret­ti­va Euro­pea sul Pae­sag­gio che una fon­da­men­ta­le sen­ten­za del­la Cor­te Costi­tu­zio­na­le ci dico­no che è un evi­den­te fal­so pro­ble­ma. La Diret­ti­va Euro­pea del 2000, con­ver­ti­ta in leg­ge in Ita­lia nel 2006,afferma il prin­ci­pio per il qua­le i vin­co­li pae­sag­gi­sti­ci con­te­nu­ti nei pia­ni pae­si­sti­ci regio­na­li pre­val­go­no su qua­lun­que altro tipo di desti­na­zio­ne urba­ni­sti­ca e indi­ca­va in manie­ra peren­to­ria che i Comu­ni avreb­be­ro dovu­to ade­guar i loro PRG ai vin­co­li regio­na­li entro il 2008. Cosa che i Comu­ni e la Regio­ne Lazio gestio­ne-Pol­ve­ri­ni si sono ben guar­da­ti dal fare. Le osser­va­zio­ni di Mau­ri­zio, nel­la dia­let­ti­ca pre­sen­te all’interno del­le varie ani­me del­la sini­stra, mi han­no qui obbli­ga­to a dilun­gar­mi sul­la que­stio­ne urba­ni­sti­ca, che nel libro è trat­ta­ta solo nell’ultimo capi­to­lo. Come dice il titolo,invece, il libro è una meti­co­lo­sa rico­stru­zio­ne del­la sto­ria glo­rio­sa del­la viti­cul­tu­ra e del vino dei Castel­li Roma­ni (Pli­nio il Vec­chio rac­con­ta di navi cari­che di vino in par­ten­za dal por­to di Ostia Anti­ca per rifor­ni­re le legio­ni roma­ne alla con­qui­sta dell’Impero).

E’ anche sto­ria del­la cri­si indot­ta dal­le modi­fi­ca­zio­ni inter­ve­nu­ta negli anni ’20 del seco­lo scor­so sul­la que­stio­ne del­la varie­tà del­le uve. Que­ste, fino ad allo­ra ave­va­no pro­dot­to vini tipi­ci e pre­sti­gio­si, e inve­ce con l’impiego del­la mal­va­sia di Can­dia si otten­ne pur­trop­po l’aumento del­la quan­ti­tà di uva pro­dot­ta a sca­pi­to del­la qua­li­tà. La cri­si ini­zia­ta negli anni ’60, gene­ra­ta dai grup­pi che agi­sco­no in regi­me di mono­po­lio, è sta­ta via via sca­ri­ca­ta sui pic­co­li pro­dut­to­ri, i qua­li, non rice­ven­do più alcun red­di­to dal­la col­ti­va­zio­ne del­la vigna, la abban­do­na­no. Tipi­co, e cla­mo­ro­so, è il caso dell’area del­la DOC Fra­sca­ti, che in 3 anni ha visto dimi­nui­re i pro­dut­to­ri da 870 a 490. Un trend espo­nen­zia­le che se non ver­rà fer­ma­to met­te a rischio la soprav­vi­ven­za di un’attività mil­le­na­ria. Deve esse­re chia­ro che l’abbandono dei vigne­ti è l’anticamera del degra­do del ter­ri­to­rio che por­ta alla per­di­ta del pae­sag­gio che ha con­no­ta­to per mil­len­ni la sto­ria dei Castel­li Roma­ni.

Tra l’altro in que­sti casi a far­ne le spe­se non è solo l’agricoltura ma anche il turi­smo, la gastro­no­mia, il com­mer­cio e tut­te le atti­vi­tà indot­te. In defi­ni­ti­va, la rico­stru­zio­ne sto­ri­ca com­piu­ta nel libro vuo­le affer­ma­re con for­za che è arri­va­to il momen­to di dire “basta, fer­mia­mo il decli­no!”. Smet­tia­mo di ammuc­chia­re mat­to­ni e ini­zia­mo a costrui­re cat­te­dra­li. Ripren­dia­mo­ci la cul­tu­ra viti­vi­ni­co­la dei nostri ante­na­ti, aggior­na­ta alle inno­va­zio­ni pro­dot­te dal­la ricer­ca scien­ti­fi­ca. Il Pro­fes­so­re Atti­lio Scien­za dell’Università di Mila­no, che ha scrit­to la pre­fa­zio­ne del libro, ha tito­la­to: “Nien­te cul­tu­ra, nien­te svi­lup­po”. Infat­ti è il gap cul­tu­ra­le pre­va­len­te che ha pro­dot­to la cri­si. E’precisamente il pro­get­to cul­tu­ra­le, il filo con­dut­to­re del libro: è dal­le varie­tà di uve pre­gia­te, i sesti di impian­to a filare,le tec­ni­che e tec­no­lo­gie di vini­fi­ca­zio­ne fina­liz­za­ta a pro­dur­re vini di alta qua­li­tà che può e deve nasce­re il pro­dot­to che ricon­qui­sta la com­pe­ti­ti­vi­tà con la miglio­re pro­du­zio­ne Ita­lia­na ed Euro­pea, come è sta­to fino alla secon­da Guer­ra mon­dia­le. Con l’alta qua­li­tà e la com­pe­ti­ti­vi­tà sarà sal­va­ta l’economia agri­co­la e con essa i vigneti,l’ambiente e il paesaggio,incrementando il turi­smo eno­ga­stro­no­mi­co e apren­do con esso gran­di spa­zi e pro­spet­ti­ve per nuo­va occu­pa­zio­ne gio­va­ni­le e fem­mi­ni­le.”

3° ROUND — AVERSA

di Mau­ri­zio Aver­sa
Curio­so dove ci ha con­dot­to il tra­scor­re­re dei mil­len­ni (da Ome­ro e Socra­te fino ad oggi, pas­san­do per il rina­sci­men­to, l’illuminismo, il socia­li­smo scien­ti­fi­co, il mar­xi­smo e le attua­li scien­ze eco­lo­gi­che) nell’attivare logi­che di pen­sie­ro (pre­va­len­te­men­te occi­den­ta­le) che, all’apparenza, con­du­co­no due ana­li­si distin­te (se non con­trap­po­ste) per giun­ge­re alle mede­si­me con­clu­sio­ni. Dico a Giu­lio San­ta­rel­li, che rin­gra­zio dell’attenzione fino ad ime­gnar­si a con­fu­ta­re un com­men­to, che con­di­vi­do total­men­te l’indicazione fina­le, che è di pen­sie­ro, ma che è anche pra­ti­ca, “prag­ma­ti­ca” di gover­no loca­le e non solo, per inve­sti­re sul futu­ro difen­den­do le cul­tu­re e le col­tu­re. E l’ambiente e la sal­va­guar­dia del­le stes­se in cui pos­so­no ripro­dur­re la pro­pria vita e vita­li­tà. L’urlo arrab­bia­to con­tro gli spe­cu­la­to­ri, dun­que lo con­di­vi­dia­mo, al pari dell’auspicio che que­sto pos­sa far apri­re alle gio­va­ni gene­ra­zio­ni sce­na­ri e visio­ni che pun­tan­do su beni ambien­ta­li, su sedi­men­ta­zio­ne cul­tu­ra­le, su inno­va­zio­ne e ricer­ca rie­sca­no al meglio a valo­riz­za­re, con­ser­van­do, rispet­tan­do e pro­teg­gen­do l’ecosistema natu­ra­le e l’impronta dell’uomo, affin­chè per­se­gui l’armonia uomo-ambien­te.

Per l’oggi, poi, con­di­vi­dia­mo per­fi­no lo stes­so obiet­ti­vo dichia­ra­to di natu­ra poli­ti­ca (loca­le): cac­cia­re gli arte­fi­ci, Giun­te Paloz­zi e suoi soda­li e segua­ci, dell’assalto al ter­ri­to­rio mari­ne­se, all’agro roma­no, ai Castel­li roma­ni. A ben guar­da­re, una bat­ta­glia sim­bo­li­ca d’avanguardia, ver­so cui poter far pro­ten­de­re tut­te le ammi­ni­stra­zio­ni loca­li castel­la­ne. Infi­ne, non apro da que­ste colon­ne un con­fron­to-disqui­si­zio­ne sto­ri­co per ovvi moti­vi, ma con­fer­mo che la coe­ren­za ruo­lo del­la fab­bri­ca, che si è fat­ta quar­tie­re, pro­prio secon­do un cano­ne di let­tu­ra mar­xi­sta del­la socie­tà; oggi, raf­for­za l’analisi e la visio­ne che il “pro­le­ta­ria­to” comun­que lo si voglia defi­ni­re o iden­ti­fi­ca­re (il peren­ne pre­ca­rio che lavo­ra in un grup­po di quat­tro per­so­ne, il pre­sta­to­re d’opera con par­ti­ta iva che vive gra­zie al “capo­ra­le” tec­no­lo­gi­co etc), è comun­que il sog­get­to sfrut­ta­to, da mec­ca­ni­smi di pro­du­zio­ne che ten­do­no a ripro­dur­re se stes­si sen­za muta­re mai l’origine del­la pro­prie­tà e dei mez­zi; quin­di per esten­sio­ne, la frui­zio­ne dei beni col­let­ti­vi (sem­pre meno tali, dopo la sta­gio­ne del wel­fa­re) e sem­pre nel­la dispo­ni­bi­li­tà di tut­ti. Per que­sto sono comu­ni­sta. Per cam­bia­re tut­to que­sto.

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