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Un Papa dell’altro mondo di Francesca Marrucci
14/03/2013Questo articolo è stato letto 10466 volte!
Mi piace Papa Francesco. Forse non per i motivi per cui dovrebbe piacermi, ma finora almeno, a poche ore dalla sua elezione, mi piace. Mi piace perché è schietto, senza la pomposità medievale e autoreferenziale di Ratzinger che, invece, non m’è piaciuto mai. Mi piace per il nome scelto, che per vezzo dico è anche il mio, ma che dice tante cose. Mi piace perché mi piace l’idea di un pontefice dell’America Latina.
Ora, però, vedremo per cosa si ricorderà questo Papa. Sull’onda dell’entusiasmo, tra chi lo vorrebbe ‘santo subito’ e chi lo dipinge come una specie di ‘boia di Buenos Aires’, c’è sempre troppa approssimazione, troppo fanatismo, da entrambe le parti, troppi punti di vista sbagliati.Il Papa è un uomo e non un santo. Su tutti i Papi c’è stato qualcosa da dire, non solo al tempo dei Borgia. Non solo le polemiche ancora vive su Pio XII, ma anche i fatti che in molti preferiscono non ricordare, come il disamore tra il Papa ‘Buono’, Giovanni XXIII e Padre Pio, cosa che sicuramente la maggior parte dei fedeli che ora affiancano con devozione le due immagini, non sanno o preferiscono ignorare.
Siamo portati a giudicare un Papa, la sua figura prima e durante, con i canoni che applicheremmo ai nostri politici, ma a parte che in Italia abbiamo già dimostrato che non sappiamo fare la morale ai nostri politici, non è così che funziona un papato.
Basta ragionare su due fatti semplicissimi, acclarati e in forte contraddizione tra loro, almeno per i nostri canoni di giudizio, per comprendere che il nostro punto di vista è meramente folcloristico.
Questo Papa è considerato il ‘capo’ dell’ala progressista in Vaticano, quella, per capirci, che si è opposta al conservatorismo di Benedetto XVI, degli scandali dei pedofili, dei famosi ‘corvi’, quella che ha raccolto la richiesta di riforma e pulizia della Chiesa. E’ il Papa che sta in mezzo ai più poveri, che ha duramente criticato il capitalismo e i processi economici che schiacciano le fasce più deboli dei paesi, è il cardinale umile che si cucina da solo, usa l’autobus e non viaggia con auto blu e scorta.
Ma questo è anche il Papa che in Argentina ha ancora un procedimento penale a suo carico per la sparizione di un prete, che è accusato di essere andato a braccetto con il regime fascista, che è stato derimente nella battaglia contro l’approvazione della legge sulla parità dei diritti ai gay, che è amico intimo e relatore dei libri di Don Giussani, Deus Ex Machina di Comunione e Liberazione.
Ora la domanda che dobbiamo farci non è come possano convivere queste due personalità, perché possono convivere benissimo. Non è che se uno è di simpatie di destra poi non difenda i più bisognosi. La vera domanda è: quale sarà la riforma progressista che porterà avanti nella Chiesa, se tutto quello che noi laici ci aspettiamo come ‘riforma progressista’ è fondata su principi che egli ha sempre combattuto?
Il fatto è che la nostra concezione di ‘riforma progressista’ non è uguale a quella che ha il clero. Noi ragioniamo da cittadini, ci basiamo sui diritti civili, sulla modernità dell’identità, ma il clero non ragiona così. Davanti agli scandali dei preti pedofili, del mercato della ‘carne’, dei famosi ‘corvi’, l’aspirazione massima del clero è ‘tornare alla Chiesa delle origini: pura, priva di orpelli, rivolta ai più bisognosi’, quella appunto di Francesco, non è fare un passo avanti nel riconoscimento delle unioni civili o delle adozioni ai gay, per intenderci.
Molti di quelli che urlano speranze in queste ore tramite i social networks, secondo me si illudono. La Chiesa ha scelto un ‘progressista’, ma nella Chiasa questo termine indica qualcuno che ha il coraggio di tornare a quello che la Chiesa dovrebbe essere. Una cosa scontata, ma che nei secoli si è andata così velocemente allontanando dalla prassi ecclesiastica che ora, paradossalmente, diventa una rivoluzione.
Magari mi sbaglio, mi farebbe davvero piacere fosse così, ma Papa Francesco è un Gesuita. Io ho avuto sempre una grande ammirazione per i Gesuiti, per la loro cultura, preparazione, intelligenza e devozione che li ha portati anche a rendersi protagonisti di episodi biasimabili, come le evangelizzazioni forzate in quell’America Latina che sta lì, alla ‘fine del mondo’, ma che ha dimostrato lungimiranza e rispetto per le altre culture con l’esempio di uomini come Matteo Ricci, che ha saputo, insieme a pochi dei suoi, ‘vestirsi come dei bonzi per entrare a corte dell’Imperatore della Dinastia dei Ming’ come canta Battiato, rinunciando all’evangelizzazione classica per fondersi appieno nella contaminazione culturale.
Per i Gesuiti la fede e i valori trasfusi nel culto sono la prima cosa. Il fatto di spiegare con il credo e con la filosofia evangelica ogni accadimento terreno, non dimostra solo una preparazione superiore, ma una stoicità nella fede difficilmente intaccabile.
Ci credo poco che questo ora, all’improvviso, si traduca in un’apertura sui diritti civili. E’ più logico che invece prenda sfogo in un lavorìo incessante a favore delle classi più bisognose, in un periodo di crisi economica mondiale. E’ più logico che predichi con fervore il ritorno all’etica e ai principi della Chiesa, innanzi tutto di fronte agli scandali sessuali emersi negli ultimi anni. E’ più logico che punti su una classe dirigente rinnovata, meno avvezza all’occupazione di cariche e poltrone e più dedita alla cura delle anime.
Forse queste non sono priorità che interessano i cittadini, che magari ne resteranno delusi e diranno anche, alla fine, che questo Papa non avrà fatto granché. Eppure questa già sarebbe una rivoluzione epocale, per usare un aggettivo tanto in voga, anche se forse non avrà effetto immediato sulle politiche nazionali.
Ma, parliamoci chiaro, perché deve essere il Vaticano a dare il ‘via libera’ all’approvazione di diritti civili fondamentali in altri Stati? E’ normale che i cittadini debbano sperare in una presa di posizione a loro favore da parte del Papa per vedere riconosciuti i propri diritti inalienabili? Questo è il vero paradosso. Ed è per questo che molti rimarranno delusi. Anzi, mi aspetto anche prese di posizione nette contro questi diritti, se il cardinale argentino resterà fedele alla sua vocazione.
Ma non importa. Non è il Papa che deve dirci cosa è ora di approvare, per quali diritti bisogna combattere e cosa è giusto o no. Il Papa dà la sua indicazione, conforme al suo status, ma soprattutto, ora il Papa, per essere un vero riformatore, invece di ingerire su questioni politiche, come ha fatto fino a pochi giorni fa, deve ingerire su quelle morali, sulle quali invece ha per troppo tempo glissato, tappandosi orecchie, occhi e naso.
Perché, signori miei, l’Italia in questo momento ha bisogno quanto la Chiesa di pulizia e moralità, di tornare ai valori fondanti e di non lasciare per strada chi è più debole. Questo è l’esempio che può darci il Papa, che non può fare anche il nostro ‘lavoro’.
Questa è la vera rivoluzione, nella Chiesa e nello Stato Italiano. Che il Papa faccia il Papa, ma che anche noi cominciamo a fare davvero i cittadini di questa Italia.
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Ho iniziato a 16 anni a scrivere sui giornali locali, per poi crearne uno, Punto a Capo, passando poi ai quotidiani e infine all’online.
Oggi, oltre a dirigere Punto a Capo Online e Punto a Capo Sport, collaboro con altri quotidiani online e dirigo l’Ufficio Stampa di Punto a Capo.
Inoltre, sono traduttrice, insegnante e Presidente della Onlus che pubblica il giornale. Faccio tante cose, probabilmente troppe, adoro scrivere, leggere e viaggiare e ho bisogno sempre di nuovi stimoli, di iniziare nuove avventure e creare nuovi progetti.
Che fa Francesco (che qualcuno fece santo dopo la sua vita) durante il medio evo? Da artefice militare e condottiero che con finalità ora a favore di una casata e ora contro un’altra, guerreggia e spadroneggia e vince e fa morti, butta tutto all’aria della sua “famiglia” signorotta e decide di abbracciare una vita di cammino e povertà. In mezzo agli ultimi. Fa questo intanto che nel resto del’Italia dei cento staterelli singole aggregazioni religiose riconducibili alla Chiesa e alle chiese di città in città, fondavano conventi, romitori, seminari ecc. Lo scopo di questa attività era duplice, in una chiesa secolarizzata (cioè materiale e con affari): da un lato sostenere bisognosi che erano letteralmente alla fame o aggrediti o aggredibili da malattie para-sociali (malaria, peste, ecc); dall’altra, concentrare gli averi di alcune famiglie ricche (o buona parte diesse) per edificare visibilmente la potenza della chiesa; edificare luoghi di decgenza e cura; edificare luoghi di culto e cultura. Così originarono gli “spitali dei poveri”; originarono le biblioteche che trascrivevano e trasmettevano la conoscenza e la cultura; originarono la potenza della chiesa che implementava il proprio potere oltre la “proprietà giuridica”. Infatti è in qull’epoca che si espande e si conferma una capacità della chiesa di essere evangelica. Controllava, anche con le armi e con gli accordi con stati con eserciti, il territorio materiale e controllava (modellava) la conoscenza e le basi culturali. Nella loro parte di aumento di sapere, ma anche nella traslazione di risposta al bisogno di ancore, di punti fermi, di certezze in un mondo in subbuglio. Così, la fede può intervenire a sostenere con atto di generosità verso gli ultimi della società del tempo, la risposta all’ansia, alle angosce, alle paure. Così la fede consegna nelle mani dei cultori della conoscenza una grande fetta di potere. Le cose materiali, le scelte, si assumono dopo che sono state pensate (condivise o meno); divulgate (in piccolo numero o in gran numero) e fatte diventare senso comune. Attualizzando, e al contrario, qual è il più grande ostacolo che Marx incontrò nel far comprendere (cioè spiegare, conoscere e condividere) la base della sua analisi sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo? Esattamente il senso comune che derivava dal secolarismo: i poveri ci sono sempre stati, come può essere “colpa” di un sostema economico o politico l’averli creati? Questo è, appunto, il risultato di secoli di chiesa secolare. Questa immersione, per dire che la proposizione dell’editoriale di Francesca, in parte pone realmente il cinquanta e cinquanta sul giudizio e sulle speranze. Ma è una riflessione che non condivido affatto. Nel senso che è vero che ognuno di noi, in quanto persona può nel corso della vita ritrovarsi ad assumere nei propri comportamenti, nelle proprie scelte ecc. un polo che riteniamo negativo ed uno positivo (la chiesa direbbe il bene e il male). Ma è anche vero che questo ha un significato diverso, dirompente, “rivoluzionario” o “reazionario”, se la persona di cui trattiamo ha un ruolo di catalizzatore sociale o culturale (o spirituale) nella realtà che viviamo. In questi casi, valgono i comportamenti, le scelte, le cose che si dicono e che si fanno in relazione diretta con quello che giudichiamo negativamente. Chi svolge questo ruolo (capopopolo, capitano di industria, responsabile istituzionale, guida spirituale ecc.) nel momento in cui assume quel ruolo deve richiamare gli accadimenti precedenti, enuclearli, giudicarli, condividerli pubblicamente (socializzarli) e così facendo contribuire a portare in avanti “tutta la società” che sta condividendo. A meno di una tale gravità — fino ad allora taciuta — da dover tornare indietro rispetto alle scelte (ma che comunque sarebbe un avanzamento della società). Ecco, per ora, per papa Francesco siamo alla copertina del libro. Ha scelto un nome, dichiaratamente vocato all’aiuto degli ultimi. Ha rifiutato alcuni segni e ne ha avvalorato altri (croce di ferro, niente mantello, niente trono…). Ha detto che il cardinale pedofilo va allontanato dalla chiesa (come dire a voce alta che hannibal è un omicida…). Ma, tornando alla potenza che potrà sprigionare l’attuale capo della chiesa lo si vedrà con alcuni atti di “governo” della struttura della chiesa (ad esempio, aver venduto immobili in Buenos Aires ai tempi della crisi per accudire i poveri, non è difficile “imporlo” come comportamento di amore cristiano nel mondo!). Lo si vedrà nei documenti che vorrà emanare (la dottrina della chiesa e il suo agire si attiva sempre dopo encicliche che dettano le norme di realizzazione della pastorale nei vari campi, sociale, economico, culturale ecc) papa Francesco se, appunto richiamandosi al nome scelto e alle origini della cristianità vorrà “testimoniare con l’esempio” cosa intende indicare al più grande gregge. Per questi motivi, non per comodità o pregiudizio, da esterno della comunità della chiesa e rispettoso dei sentimenti di uomini e donne, non spezzo lance a favore dell’uomo venuto dalla fine del mondo, ma osservo. Pur prevedendo grandissime rigidità teologiche e dubbioso sulla possibilità di dismissione del potere economico-finanziario della chiesa nel mondo.
partendo dal fatto che il papa, non mi piace, né questo né quelli precedenti, chiunque esso sia, perché non riconosco nulla nella Chiesa, se non ingerenza allo stato solido, liquido e gassoso, trovo che le fantasie sui diritti civili siano una chimera. Riconoscere le coppie omosessuali da parte della chiesa, vorrebbe dire svuotare di risorse umane l’intero clero. La chiesa è piena di omosessuali rifugiati li per tutelare la loro apparente eterosessualità dietro la maschera della vocazione. Riconoscere l’omosessualità e quindi i diritti aiuterebbe milioni di persone nel mondo ad accettarsi e ad accettare qualcosa che attualmente non è di così facile condivisione. La Chiesa raccoglie queste “pecorelle” (spesso leoni) e ne ricava “forza lavoro”. Nel frattempo all’interno vi si inseriscono anche i pedofili, consci di poter fare quello che vogliono avendo carne fresca tutti i giorni, come dicono loro stessi.
Mi spiace, probabilmente non sono obiettivo, il fatto è che sono profondamente anti clericale. Non mi interessa che la pensiate come me, però vorrei che questa adorazione presunta tale o del tutta finta cessi una volta per tutte. E bada bene, perché questo accade anche con personaggi politici, o famosi. Li attracchiamo tutti i giorni, magari anche in modo violento e poi quando li incontriamo gli facciamo i salamelecchi… Ieri avevo un’irritazione cutanea dovendo SUBIRE tutta la trafila dell’affaccio, che oggi sono un po’ indisposto. La RAI che non è di Stato Italiano, ma VATICANO, gli altri che si accodano, Facebook che diventa un’ansa di fedeli (più o meno finti). Il problema è che non puoi farci nulla, a meno che vivi in Polinesia, senza TV e internet.…
Mi sono messo a ridere nel momento in cui il nuovo papa ha chiesto una preghiera per lui da parte dei fedeli, infatti l’unica cosa che mi è venuta di dire è stata: “PURE?!”
Non ho capito Bene Francesca il passaggio relativo “Questo Papa è considerato il ‘capo’ dell’ala progressista in Vaticano, quella, per capirci, che si è opposta al conservatorismo di Benedetto XVI, degli scandali dei pedofili, dei famosi ‘corvi’, quella che ha raccolto la richiesta di riforma e pulizia della Chiesa. Il che lascia intendere che papa Benedetto XVI invece proteggeva la lobby dei pedofili, bah.… Un po di storia Bergoglio è stato nominato Cardinale e Nunzio di Argentina da Papa Giovanni Paolo II, combattè “duramente” l“l’Eresia” della “Teologia della Liberazione” propugnata da Brasiliano Padre Boaff ( o Boaf)è stato criticato per le sue presunta “vicinanza” con il regime dei militari di Videla, ma è una cosa comune che accade con la Chiesa nei suoi rapporti con tutti i Poteri, basta ricordare la visita di Papa Giovanni Paolo II in Cile quando si affacciò insieme al dittatore Pinochet dal Balcone del palazzo della Moneda. Io credo che sarà un Papa Conservatore in senso teologico ed un innovatore per quanto riguarda i temi della Giustizia Sociale. La sua elezione da parte della Chiesa di Roma significa anche la fine di una visione Eurocentrica del Papato, che è finita con le dimissione di Benedetto XVI. Storicamente la fine dell’Europa e delle visione eurocentriche del potere geopolitiche sono finite con la seconda guerra mondiale. L’elezione al soglio di Pietro, di un Polacco prima e di un Tedesco poi, stavano almeno secondo me a significare per l’appunto anche questo. Con l’elezione del primo Papa non Europeo significa innanzitutto il rinnovarsi dellla parola universale di ” Cattolico” che significa per l’appunto Universale. Il Coraggio da parte di un Gesuita ( gesuita era anche padre Boaff) di chiamarsi Francesco, abbiamo con un colpo solo due novità da un punto di vista Teologico, per l’appunto il primo Papa gesuita e con il nome di Francesco, indicano ancora per una volta la capacità di rinnovarsi di questa Istituzione Bimillennaria. Per quanto concerne invece quelli che tu chiami “diritti” non penso che ci saranno novità rilevanti. Sui temi dei “diritti civili” apriremo piu in la semmai altre discussioni.Per quanto riguarda invece l’episcopato italiano bella lezione a loro e a tutti i politici italiani, una bella sprovincializzata. Viva la Chiesa Universale e se mi permetti viva anche la globalizzazione , intesa non soltanto come quella dei mercati ma quella degliu uomini e donne di tutte le Razze che vivono in questo mondo. Ciao e grazie dell’opportunità che mi hai dato d’intervenire con il tuo editoriale. Ciao Coriolano Giorgi
concordo, “già se iniziassero a razzolare come predicano sarebbe una rivoluzione” questo è ciò che ho detto ieri appena eletto; per il resto, credo che sia il popolo italiano il primo ad essere impreparato ad una rivoluzione politica nel campo dei diritti civili. Pretendiamo che un papa si schieri dalla parte degli omosessuali quando la maggioranza dei nostri cittadini pensa ancora che sia una malattia, chiediamo al papa di fare il lavoro che una volta spettava a noi di spiegare le ragioni di una donna che decide di abortire, o di utilizzare l’inseminazione artificiale, quando non riusciamo a far capire alle persone che ci circondano ogni giorno i motivi che ci spingono a difendere delle scelte così dure.
Un papa ci avrebbe semplificato la vita, forse…ma ci avrebbe sovrastato nei temi; come ha saputo fare benissimo grillo. Probabilmente oltre a benedetto, anche il popolo della sinistra ha ormai abdicato al suo ruolo.