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L’Opinione: Valle del Sacco 2012 come Seveso 1976! di Ivano Ciccarelli
09/02/2012Questo articolo è stato letto 8969 volte!
Valle del Sacco 2012 come Seveso 1976!
Cosa accadde a Seveso?
Il dottor Carlo Perucci del Dipartimento di Epidemiologia della ASL RmE, fu componente dell’equipe scientifica che studiò il caso della Valle del Sacco, area geografica tra le provincie di Roma e Frosinone. Nel 2006 venne in Commissione Sanità della Regione Lazio per relazionare su quella dramma ambientale. Le prime parole della sua esposizione furono: …quello che accade oggi nella Valle del Sacco è paragonabile a ciò che accadde a Seveso… Cosa accadde a Seveso? Serge Latouche, nel suo libro La Megamacchina, (ed. Bollati/Boringhieri) passando in rassegna le catastrofi ambientali causate nel dopoguerra dall’industria chimica in Europa, parla di Seveso come del …maggior disastro mai avvenuto in Europa per cause industriali…, ricordando inoltre, che nel piano di risanamento fu prevista addirittura l’evacuazione dell’intera città di Milano, mai avvenuta solo per buona sorte …il 10 luglio del 1976 una fitta nube si alzò dall’Icmesa, industria chimica a Seveso di proprietà della Givaudan (gruppo elvetico Hoffman-Roche). La nube conteneva triclorofenolo (TCP) e tetraclorodibenzoparadiossina 2, 3, 7 e 8 (TCCD). Una miscela, velenosissima per chiunque, cominciò a vagare nell’aria di Seveso, Meda, Desio e Cesano Maderno, comuni dell’area Nord di Milano. Quello che segue, a stralci, lo scrive Marcella Ferrara (all’epoca capo-redattrice di Rinascita) nella sua inchiesta Le Donne di Seveso (Editori Riuniti 1977): …l’11 luglio cominciarono a morire a migliaia gli animali da cortile, l’erba diventò gialla, le foglie si accartocciarono, sulle piante apparirono buchi violacei, dagli alberi si staccò la corteccia …il 14 luglio cominciarono i ricoveri; all’Ospedale di Mariano Comense arrivarono molti anziani e soprattutto bambini, un centinaio, con macchie sul volto e arrossamenti agli occhi, si trattò di cloracne …centinaia le famiglie evacuate dalla zona A …molte furono le donne costrette ad abortire, quelle che riuscirono ad avere i loro bimbi non hanno potuto praticare l’allattamento materno …chiusero 123 aziende locali, persero il lavoro 800 operaie e operai …il 21 luglio furono arrestati Herwingh Zwehl e Paolo Paoletti, dirigenti dell’Icmesa ritenuti responsabili del disastro, in libertà il 23 dicembre dietro cauzione (70milioni di lire per entrambi) pagata dalla Hoffman-Roche …il risanamento costò allo Stato italiano –all’epoca- 20 miliardi di lire…
La Regione Lombardia incaricò come soprintendente, il ricercatore chimico inglese Donald F. Lee che nel suo rapporto del 1977 dichiarò: …la fuga di sostanze nocive è stata quantificata in due (2) chilogrammi di polveri chimiche disperse nell’aria, si tratta di una grossolana sottostima e ci vorranno molti anni per conoscere la vera portata dei danni all’ambiente e all’uomo… E aveva ragione: tra gli studi più recenti (2008) condotti dalle ASL lombarde si rileva come ancora a 33 anni di distanza dal disastro, gli effetti, misurati su un campione statisticamente ampio di popolazione, 1772 esposti ed altrettanti controlli, siano elevati. Nello studio, in sintesi, la probabilità di avere alterazioni neonatali ormonali conseguenti alla residenza in zona A delle madri è 6.6 volte maggiore alla media regionale. Le alterazioni ormonali vertono sul TSH [ormone dell’ipofisi, che controlla l’attività secretiva degli ormoni della ghiandola tiroide] la cui alterazione, largamente studiata in epidemiologia ambientale, è causa di deficit fisici ed intellettuali durante lo sviluppo. E’ stato rivelato inoltre che negli anni ’90 sono nate molte più bambine che bambini. Ciò è stato correlato al fatto che molti dei genitori di questi neonati erano adolescenti all’epoca del disastro e quindi si presume che il TCP e il TCCD (diossina) ne abbia in qualche modo alterato lo sviluppo dell’apparato riproduttivo, soprattutto maschile.
Cosa sta accadendo nella Valle del Sacco?
Area geografica del Lazio, compresa tra le provincie di Roma e Frosinone, attraversata dal fiume Sacco. Densamente abitata in molti comuni, tra cui Colleferro con il suo importante polo chimico-industriale solo in parte dismesso; Segni, Gavignano (Rm); Sgurgola e Morolo (Fr). In quest’area nel 1990 furono individuate tre discariche abusive di rifiuti industriali. Nel 1991 una perizia tecnica nelle acque e nei terreni adiacenti le tre discariche rilevò la presenza di inquinanti organoclorurati e metalli pesanti. Nel 2005, cioè 15 anni dopo, a seguito dei livelli elevati di beta-esaclorocicloesano (ß‑HCH; sostanza chimica derivante dalla produzione di pesticidi organoclorurati) rinvenuti in campioni di latte di mucca provenienti da molte aziende locali. Viene così riconosciuta e dichiarata l’emergenza per la Valle del Sacco. Nel Febbraio del 2006 la ASL RmE rende noto uno studio specifico sull’elevato numero di mortalità e ricoveri ospedalieri dei residenti nella Valle del Sacco tra il 1997 e il 2004 che non lascia adito a dubbi: quell’area è avvelenata!
Anche in questo caso sono state impiegate ingenti risorse economiche per il risanamento, distrutto il latte, inceneriti i raccolti ed eliminati interi allevamenti. Ma non è bastato, tant’è che di lì a breve sono morte centinaia di mucche al pascolo e pesci del fiume Sacco. Nel 2009, cioè 5 anni dopo l’inizio della crisi, in Commissione Sanità della Regione Lazio si apprende ufficialmente che il ß‑HCH è presente anche nel sangue umano dei residenti della Valle del Sacco. La sostanza venne riscontrata in 246 campioni di siero umano, prelevati ad altrettanti residenti in un perimetro di un chilometro circostante le rive del fiume Sacco nei comuni di Colleferro, Segni, Gavignano, Sgurgola e Morolo. In quella commissione apprendemmo che “gli esperti” al lavoro erano tantissimi, provenienti da più enti quali: Procura e Prefettura; NAS e NOE; Corpo forestale dello Stato; le Aziende Sanitarie Roma E e G, ASL FR; Servizio Veterinaria, Igiene allevamenti e produzioni zootecniche – Distretto di Colleferro; ARPA Lazio; l’Istituto Superiore di Sanità, etc etc. Alcuni agirono in piena autonomia, altri coordinati dall’Ufficio Commissariale per l’Emergenza nel bacino del Fiume Sacco della Regione Lazio; di ora in ora cominciarono un via-vai piuttosto affollato in quei luoghi sottoposti a presunti lavori di bonifica. Tutte le prime analisi confermarono le contaminazioni, poi, nel tempo (…nel tempo? quanto tempo?) ci dovranno dire — come a Seveso — cosa comporterà in termini epatici, immunologici, neurologici, riproduttivi, cardiovascolari, tumorali, tiroidali etc. etc. Una pagina triste, molto triste per la storia e gli abitanti di questa zona e per tutti noi!!
Il dott. Carlo Perucci della ASL RmE, è stato fin troppo chiaro: …è compromesso l’intero ciclo alimentare al punto di non escludere altri divieti di acquisto e consumo di prodotti agro-alimentari locali, così come sconsigliare alle mamme l’allattamento materno perché solo tramite esso le donne hanno modo di espellere il ß‑HCH… Aggrappati alle estremità di queste donne, così come all’estremo di questa maledetta storia, ritroviamo i soliti innocenti, neonati bramosi che assumono veleni già dalla propria sorgente di vita. Ignari delle probabilità cui tanta scienza e tecnica li sottopone sin dalla tenera età, poiché la …vera portata dei danni all’ambiente e all’uomo… per i nativi della Valle del Sacco, esattamente come lo è stato per quelli di Seveso, Taranto, Bhopal etc etc, li possiamo solo immaginare, scongiurare. Difficilmente li eviteremo.
Coincidenze?
Prima di arrivare ai giorni nostri, bisogna ricordare altri tristi accadimenti; nel novembre 2010 in via Vignola a Ceprano, località attigua alla Valle del Sacco, la Guardia di Finanza rinviene un numero imprecisato …50 o 60? fusti contenenti sostanze “misteriose”, presumibilmente tossiche, poiché l’intera area viene sgomberata, interdetta e sottoposta a sequestro. Nella discarica – manco a dirlo – abusiva, ricoperta da un sottile strato di cemento, oltre alla GdF poterono accedere solo i tecnici del Nucleo batteriologico dell’ARPA Lazio e i Vigili del Fuoco. Poi …poi — stando ovviamente a quello che ci è dato a sapere — nel 2011 altri fusti simili spuntano fuori qua e là dalle acque del fiume Sacco. Nel mentre, in località Borgo Montello, nella vicinissima provincia di Latina, dal dicembre 2011 si sta scavando per ritrovare tanti e tanti altri fusti velenosi indicati dal celeberrimo Carmine Schiavone, pentito del clan camorrista dei casalesi. Costui oggi è “collaboratore di giustizia” ed è certo che almeno un paio delle tante “sepolture” siano avvenute a Montello; eseguite da un suo collega camorrista, tal Antonio Salzillo. Quest’ultimo era materialmente in contatto con aziende laziali e campane e si occupava “di far sparire fusti”. Il Salzillo non potrà aggiungere altri dettagli perché recentemente ucciso in un agguato… Le delicate operazioni di scavo in quel di Montello sono tutt’oggi in corso e si concluderanno entro il prossimo dicembre 2012, data in cui conosceremo (?) le proporzioni di questa …coincidenza.
Torniamo al ß‑HCH, alla Valle del Sacco e a fatti assai più recenti.
L’ASL Roma G nel gennaio 2012 comunicava al Sindaco del Comune di Colleferro (Rm) gli esiti delle analisi delle acque effettuate da ARPA Lazio, relativi ai pozzi denominati “Stendaggi”, “6”, “Sacco2” e a quelli effettuati a prelievi diretti dalla “Fontanella Largo Oberdem”. Ci risiamo: nelle acque di Colleferro destinate all’uso pubblico e potabili, oltre a Ferro e Manganese ben al di sopra dei limiti consentiti, riappare oggi, in dosi massicce e diffuse, il dannatissimo ß‑HCH. A riprova che il velenosissimo beta-esaclorocicloesano insiste e persiste in quell’area, in barba ai tanti tecnici e scienziati; alle loro presunte bonifiche e probabili risanamenti vari e a tal punto che l’ASL Roma G richiede al Sindaco di Colleferro l’immediata interruzione di immissione in rete idrica di quell’acqua e di informare tempestivamente la cittadinanza.
Non c’è dubbio: il ß‑HCH non ha mai smesso di scorrere nell’acqua del fiume Sacco e in tutta la valle che attraversa!; non ha mai smesso di infiltrarsi nelle falde acquifere!; non ha mai smesso di irrigare campi e colture, contaminare l’intero ciclo agro-alimentare!; non ha mai smesso di scorrere nelle vene di donne, uomini, bambini e anziani! …non ha mai smesso di scorrere nel latte materno! non ha mai smesso di avvelenare il nostro futuro!
Dunque: perchè l’Ufficio Commissariale per l’Emergenza nel bacino del Fiume Sacco, solo pochi mesi fa, ha dichiarato la fine dell’emergenza ambientale in quell’area? Con tutto ciò che ne consegue per dismissione dell’unità di crisi …controllo …monitoraggio del territorio? E ancora: perché molti imprenditori continuano ad affidare i loro residui tossici industriali alla criminalità organizzata? Ma soprattutto: perché non riusciamo a cambiare questo fottutissimo paese? …perché?
Il consigliere regionale Angelo Bonelli (VERDI) mercoledì 1 febbraio 2012 ha presentato una interrogazione (n.712), molto dettagliata, per investire direttamente la Presidente della Regione Lazio, affinché assuma iniziative adeguate ed urgenti; per una crisi che, ben al di là di ottimistiche dichiarazioni e fin troppo evidentemente, non ha mai e poi mai smesso di essere tale! Bonelli ha inviato anche lettera al Commissario Straordinario ARPA Lazio di accesso agli atti inerenti le analisi recentemente svolte (CRL/prot.01975/01.02.12).
Ha ragione il prof. Lee: esattamente come a Seveso, anche nella Valle del Sacco …ci vorranno molti anni per conoscere la vera portata dei danni all’ambiente e all’uomo… Chissà se mai sapremo e puniremo poi i responsabili!? E ammesso pure che ciò avvenga: potrà mai consolarci a sufficienza?
(di Ivano Ciccarelli, 07.02.2012)
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