L’Opinione: la partita della fiducia e dell’amicizia. Di Vincenzo Andraous

L’Opinione: la partita della fiducia e dell’amicizia. Di Vincenzo Andraous

04/07/2011 0 Di Redazione

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Vin­cen­zo Andraous

L’OPINIONE: LA PARTITA DELLA FIDUCIA E DELL’AMICIZIA

di Vin­cen­zo Andraous

In una scuo­la alcu­ni ragaz­zi han­no mes­so sot­to un coe­ta­neo, lo han­no costret­to a diven­ta­re un qua­dru­pe­de, a man­gia­re sale, a lec­ca­re pol­ve­re, a stri­scia­re sul­le ginoc­chia, fino a rasen­ta­re il nul­la, sen­za più nep­pu­re il sen­so di una digni­tà pre­sa a gomi­ta­te.

In una scuo­la dove par­la­re di vio­len­za e di bul­li­smo divie­ne stra­na­men­te dif­fi­ci­le, for­se per­chè discu­ter­ne e far­ne stru­men­to di pre­ven­zio­ne, svi­sce­rar­ne i rischi e gli inter­ven­ti più urgen­ti da appor­ta­re, sot­ten­de il peri­co­lo di rima­ner­ne addi­ta­ti, invi­schia­ti come par­te ingom­bran­te di una in cul­tu­ra. Inve­ce si dovreb­be par­lar­ne di que­sto disa­gio rela­zio­na­le, sti­li di vita aggres­si­vi, riti e totem, tra­sgres­sio­ne e devian­za, una vio­len­za che non è più un atteg­gia­men­to con­flit­tua­le accet­ta­bi­le.

Non sono più suf­fi­cien­ti le pub­bli­ci­sti­che d’accatto, i ser­mo­ni svol­ti da cat­te­dre impol­ve­ra­te, non è più aria di pre­di­che pre­co­sti­tui­te, di costru­zio­ni pira­mi­da­li che non han­no un sen­so com­piu­to, for­se occor­re non limi­tar­si alla lezio­ne spoc­chio­sa, alla pun­teg­gia­tu­ra buco­li­ca, che cari­ca­no oltre­mi­su­ra la crea­ti­vi­tà e intui­zio­ne del valo­re del­la gio­ven­tù.

Affron­ta­re il disa­gio rela­zio­na­le sen­za inter­ro­gar­si sugli effet­ti che pro­du­ce, sul­le col­la­te­ra­li­tà che favo­ri­sco­no ulte­rio­ri deca­di­men­ti, signi­fi­ca par­lar­ne per una sor­ta di costri­zio­ne con­tin­gen­te, qua­si a vole­re rima­ne­re fuo­ri da una dia­tri­ba appa­ren­te­men­te inno­cua.

Come la stes­sa richie­sta di abban­do­na­re la regi­na del­le bugie, la dro­ga, tut­te le dro­ghe, per­ché non esi­ste una sostan­za buo­na e l’altra cat­ti­va, sono tut­te da evi­ta­re, oppu­re sull’uso smo­da­to e mal­ce­la­ta­men­te auto­riz­za­to dell’alcol.

Bul­li e dro­ga, sti­li edu­ca­ti­vi assen­ti e com­por­ta­men­ti aggres­si­vi, sem­pre meno addo­me­sti­ca­ti, tut­to e subi­to, men­tre per la fati­ca e per l’impegno c’è tem­po doma­ni, sem­pre che doma­ni abbia libe­ro acces­so nel cuo­re degli adul­ti, obbli­gan­do­li a pie­ga­re lo sguar­do  sul­la real­tà, a guar­da­re i vol­ti e gli occhi dei pro­pri figli, non per gene­ro­si­tà sal­va­tem­po, ma per coscien­za di pater­ni­tà.

In quel­le clas­si svuo­ta­te di rego­le, in quel­le stra­de denu­da­te di luci di emer­gen­za, in quel­le case ridot­te a como­di rifu­gi, non ci sono delin­quen­ti né cri­mi­na­li, ne ho incon­tra­ti tan­ti di gio­va­nis­si­mi in armi, di ragaz­zot­ti con le gam­be lar­ghe e le mani in tasca, non si trat­ta anco­ra di devian­za, e come ha det­to qual­cu­no più lun­gi­mi­ran­te di me “ fan­no il male, ma sogna­no il bene “.

Pro­prio da que­sta con­trad­di­zio­ne ogni for­ma­to­re, edu­ca­to­re, geni­to­re, dovrà ripar­ti­re con ener­gie suf­fi­cien­ti per riba­di­re che non esi­ste giu­sti­zia sen­za amo­re, infat­ti amo­re non è un gesto gene­ri­co, ma con­si­sten­za di uma­ni­tà da man­te­ne­re e custo­di­re.

Giu­sti­zia tra i ban­chi di scuo­la, alla fer­ma­ta di un auto­bus, sul­la pista di una disco­te­ca, giu­sti­zia che non è una sem­pli­ci­sti­ca desti­na­zio­ne este­rio­re, ma una dimen­sio­ne costi­tu­ti­va affin­ché indif­fe­ren­za e distra­zio­ne non con­sen­ta­no il dege­ne­ra­re del­la fra­gi­li­tà del­le per­so­ne più espo­ste, più debo­li, dei più gio­va­ni.

In quel­la clas­se, al mon­do adul­to, potreb­be esse­re di aiu­to ripen­sa­re alle respon­sa­bi­li­tà che ci acco­mu­na­no, che ci fan­no diven­ta­re uomi­ni, e per riu­sci­re in que­sta impre­sa, for­se biso­gna con­di­vi­de­re quel­la famo­sa “ par­ti­ta mai ter­mi­na­ta del­la fidu­cia e dell’amicizia, uni­che manet­te e uni­che sbar­re che pos­so­no trat­te­ne­re i ragaz­zi”.

Chi è Vincenzo Andraous

Non mi repu­to uno scrit­to­re né un poe­ta, cre­do di ave­re qual­co­sa da comu­ni­ca­re, sen­za alcu­na pre­sun­zio­ne di inse­gna­re nul­la a nes­su­no, o sal­va­re alcu­no dal pro­prio desti­no.

Rac­con­tar­ci la nostra sto­ria per­so­na­le può signi­fi­ca­re la nasci­ta di una ami­ci­zia, di un sen­ti­men­to gra­tui­to, allo­ra anche la mia sto­ria, la mia gran brut­ta sto­ria può diven­ta­re moti­vo di rifles­sio­ne per ten­ta­re di intra­ve­de­re il peri­co­lo dei rischi estre­mi, in quel mito del­la tra­sgres­sio­ne che spes­so divie­ne devianza…e poi risa­li­re dal bara­tro diven­ta dif­fi­ci­le.

Sono una per­so­na che dise­gna con le paro­le ciò che sen­te, non sono visi­vo, ma udi­ti­vo nel mio per­ce­pi­re le cose, i fat­ti, le per­so­ne. Ho impa­ra­to a scri­ve­re leg­gen­do­mi e cre­do sia impor­tan­te leg­ge­re ciò che la men­te e il cuo­re trac­cia­no, per­ché sono orme e impron­te digi­ta­li che soven­te indu­co­no ad ascol­ta­re note nasco­ste ben al di sot­to del pri­mo stra­to.

Vin­cen­zo Andraous è nato a Cata­nia il 28-10-1954, una figlia Yele­nia che defi­ni­sce la sua rivin­ci­ta più gran­de, dete­nu­to nel car­ce­re di Pavia, ristret­to da ven­tot­to anni e con­dan­na­to all’ergastolo “FINE PENA MAI”.

Da set­te anni usu­frui­sce di per­mes­si pre­mio e lavo­ro ester­no in art. 21, da un anno e mez­zo è in regi­me di semi­li­ber­tà svol­gen­do atti­vi­tà di tutor-edu­ca­to­re pres­so la Comu­ni­tà “Casa Del Gio­va­ne“ di Pavia.

Per die­ci anni è sta­to uno degli ani­ma­to­ri del Col­let­ti­vo Ver­de del car­ce­re di Voghe­ra, impe­gna­to in atti­vi­tà socia­li e cul­tu­ra­li con le tele­vi­sio­ni pub­bli­che e pri­va­te, con Enti, Scuo­le, Par­roc­chie, Uni­ver­si­tà, Asso­cia­zio­ni e Movi­men­ti cul­tu­ra­li di tut­ta la peni­so­la,

Cir­ca ven­ti le col­la­bo­ra­zio­ni a tesi di lau­rea in psi­co­lo­gia e socio­lo­gia;

È tito­la­re di alcu­ne rubri­che men­si­li su rivi­ste e gior­na­li, lai­ci e cat­to­li­ci; altre­sì su alcu­ni perio­di­ci on line di infor­ma­zio­ne e let­te­ra­tu­ra lai­ca, e su perio­di­ci cat­to­li­ci di vesco­va­di ita­lia­ni; ha con­se­gui­to cir­ca 80 pre­mi let­te­ra­ri; ha pub­bli­ca­to otto libri di poe­sia, di sag­gi­sti­ca sul car­ce­re e la devian­za, non­ché la pro­pria auto­bio­gra­fia;

Biblio­gra­fia:
Non mi ingan­no” edi­to da Ibi­skos di Empo­li
Per una Prin­ci­pes­sa in jeans” edi­to da Ibi­skos di Empo­li
Samar­can­da” edi­to da Cul­tu­ra 2000 di Sira­cu­sa
Avrei volu­to sedur­re la luna” edi­to da Vico­lo del Pavo­ne di Pia­cen­za
Car­ce­re è socie­tà” edi­to da Vico­lo del Pavo­ne di Pia­cen­za
Auto­bio­gra­fia di un assas­si­no-dal buio alla rina­sci­ta” edi­to da Libe­ral di Firen­ze
Oltre il car­ce­re” edi­to dal Cen­tro Stam­pa del­la “Casa del Gio­va­ne” di Pavia
Un viag­gio tra devian­za mino­ri­le, car­ce­re, comu­ni­tà” edi­to dal Cen­tro Stam­pa del­la “Casa del Gio­va­ne” di Pavia

La storia di Vincenzo Andraous

di Simone Specchio

La sto­ria di Vin­cen­zo Andraous è la sto­ria di uomo che ogni gior­no ha il pen­sie­ro che la not­te dovrà ritor­na­re in car­ce­re fino al resto dei suoi gior­ni.
La sua sto­ria da bul­lo ini­zia da quan­do ave­va quat­tor­di­ci anni; un gior­no a scuo­la duran­te una lezio­ne men­tre la prof scri­ve­va alla lava­gna lui pre­se un can­cel­li­no e lo sca­gliò vio­len­te­men­te con­tro il col­lo del­la prof, dopo que­sto fat­to non si ven­ne a sape­re il col­pe­vo­le di que­sto atto e sic­co­me tut­ti ave­va­no pau­ra di con­fes­sa­re l’accaduto per­ché poi se la sareb­be­ro vista con il bul­lo del­la clas­se, tut­ti ven­ne­ro sospe­si per col­pa di uno sol­tan­to: il bul­lo.
Nel­la sua vita Vin­cen­zo ha com­piu­to mol­ti atti vio­len­ti e ingiu­sti, ma la pri­ma vol­ta che si fumò uno spi­nel­lo, che tut­ti pen­sa­no che sia una roba leg­ge­ra ma in real­tà è ugua­le a tut­te le altre, rubo come al suo soli­to una mac­chi­na e fece un giro con i suoi ami­ci per poi schian­tar­si con­tro un pla­ta­no a 140 km/h e ucci­de­re un suo ami­co; tut­to que­sto per un sem­pli­ce spi­nel­lo che tut­ti sot­to­va­lu­ta­no.
Dopo que­sto Vin­cen­zo finì in un car­ce­re mino­ri­le e gra­zie alla sua con­dot­ta girò tut­ti i car­ce­ri mino­ri­li d’ Ita­lia, da quel­lo di Mila­no fino a quel­lo a Paler­mo.
Dopo que­sto lui con­ti­nuò a fumar­si le can­ne e que­sto lo por­tò alla casa del gio­va­ne, por­ta­to da Don Enzo Boschet­ti fon­da­to­re di que­sta; all’inizio la casa del gio­va­ne era solo uno scan­ti­na­to dove si riu­ni­va­no le per­so­ne in dif­fi­col­tà coma Vin­cen­zo, ma con il tem­po tut­to que­sto si è ingran­di­to fino a costrui­re 18 case del gio­va­ne. Oggi Vin­cen­zo svol­ge il ruo­lo di tutor nel­la Casa Del Gio­va­ne di Pavia dopo esser­ci sta­to anche lui e ogni gior­no gui­da inte­re clas­si attra­ver­so que­sto ples­so che aiu­ta i gio­va­ni tos­si­co­di­pen­den­ti facen­do­li lavo­ra­re come car­pen­tie­ri, fale­gna­mi o tipo­gra­fi, assi­sti­ti da esper­ti che gli inse­gna­no il lavo­ro per un futu­ro impie­go. Oggi Vin­cen­zo aiu­ta i gio­va­ni che han­no avu­to la sua stes­sa sto­ria cer­can­do di can­cel­la­re il pen­sie­ro del­la dro­ga di ogni ragaz­zo che entra nel­la casa del gio­va­ne.

 

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