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L’Opinione. L’Italia oltre Berlusconi chiede un passo avanti alla politica
17/06/2011Questo articolo è stato letto 3262 volte!
L’ITALIA OLTRE BERLUSCONI RICHIEDE ALLA POLITICA UN PASSO AVANTI
di Andrea Titti
Dopo dieci anni il popolo Italiano ha riscoperto l’istituto referendario, destandolo da un letargo che appariva eterno. Citando Giambattista Vico, non ci è difficile richiamare i “corsi e ricorsi” storici, dato che, il referendum assurge alla ribalta delle cronache ed assume un ruolo quasi disentinella rivoluzionaria nel nostro Paese, allorquando ci avvisa che un sistema è finito e alle porte bussano i cambi di scenario.
Fu così quando il craxismo e la Milano “da bere”, caddero sul quesito che aboliva la doppia preferenza nella legge elettorale, prodromo alla caduta della “Prima Repubblica” ed alla sostituzione del sistema elettorale proporzionale con quello maggioritario, anch’essa avvenuta sulla spinta popolar referendaria dell’Aprile 1993.
Oggi come ieri, i governanti in sella,invitarono a disertare le urne, sulla scorta di una leaderschip carismatica e popolare che, apparentemente, sentivano salda e immune dagli sconvolgimenti sociali in atto.
Il referendum tuttavia, non ha mai rappresentato una soluzione politica alla crisi di un sistema, ma si è limitato a fungere da termometro, raggiungendo il suo picco più alto, in concomitanza con il massimo malcontento dei cittadini verso le Istituzioni esecutive. Fu così nei primi anni ’90, la politica in quel periodo non seppe dare risposte credibili al sentimento popolare, poi intervenne “mani pulite”, e la politica ne finì travolta, surrogata dall’azione della magistratura, la quale, volente o nolente, spazzò via una classe dirigente.
Vogliamo oggi ripetere quel copione? Magari sostituendo il gossip alle inchieste giudiziarie come ariete per abbattere il sistema? Che avanzamento ne avrebbe la qualità, già molto scarsa, della nostra democrazia?
Chi scrive è tutt’altro che avverso all’opera della magistratura, non ho mai cambiato idea, la procura di Milano in quel 17 Febbraio 1992, arrestando Mario Chiesa e scoperchiando il pentolone del Pio Albergo Trivulzio, innescò una valanga necessaria a scardinare la corruzione di Stato, ma in quegli anni mancò la politica, ed i suoi protagonisti, i quali non seppero costruire una proposta credibile per uscire dalla palude, ne creare le condizioni per un ricambio generazionale indispensabile.
Nel vuoto lasciato dalla politica si inserì Silvio Berlusconi, portatore di un ben preciso progetto politico, affascinante all’inizio, ma chiaramente antipolitico in alcune sue pulsioni.
Nei momenti di rottura, o la politica sa riprodurre se stessa, attraverso una nuova classe dirigente, funzionale ad una nuova impalcatura Istituzionale, oppure entreranno in scena fattori e protagonisti esterni da essa, a volte estranei da essa, se non proprio avversi ad essa. L’antipolitica, se non opportunamente canalizzata e governata, è assai contigua con l’antidemocrazia, il fenomeno Grillo ne è un fulgido esempio.
Oggi sicuramente il berlusconismo rappresenta una pagina al crepuscolo, i menestrelli di corte ed il “sultano”, dovranno solo stabilire il finale, dignitoso, da Statisti, oppure grigio ed involgarito, facciano loro, ciò che ci deve interessare è il domani, le azioni che oggi poniamo in essere debbono indicare all’Italia una strada da percorrere, illuminata da una tangibile alternativa di sistema, altrimenti le persone cercheranno ancora il nuovo “messia”, l’uomo della “provvidenza”, un altro prestato alla politica, un altro palliativo ai nostri guai strutturali, che si Chiami Montezemolo o Rossi non fa differenza.
L’Italia ha bisogno di un atto di coraggio da parte dei più illuminati che sono chiamati a guidarla in questo mare tempestoso. Si proponga una costituente per la riforma istituzionale, che agisca, nei modi previsti dalla Carta, parallelamente ed indipendentemente, dall’azione del governo, il quale ovviamente, dovrà essere altro che l’attuale, magari con una maggioranza simile all’attuale, che non stravolga il mandato degli elettori che, non dimentichiamoci, è stato espresso non più tardi di due anni e mezzo fa.
Altre volte si affacciò la prospettiva di una Costituente, in varie forme, inclusa quella della bicamerale, sempre fallì, ma ciò non significa che fallirà per sempre. Un luogo ove tutte le forze politiche, senza vincolo di maggioranza, si impegnino, in tempi certi e rapidi, a redigere una proposta di riforma, che sia prodromo alla Terza Repubblica, ridando quella centralità, quel protagonismo alla politica, che in altre ere aveva perso. Solo la politica potrà rappresentare la soluzione alla sua crisi, ogni scorciatoia imposta da altri attori della nostra società non risolverebbe nessuno dei nostri mali.
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Questo punto di vista, di analisi, dei finiani di Albano e, segnatamente, di Titti, a me non dispiace. E’ esatta la ricostruzione storico politica. Così come è esatta l’accentuazione del mancato ruolo politico di protagonisti, sociali e politici, che potevano non “costringere” i craxiani a sentirsi braccati da indagini invece che sentirsi braccati da errori — ed orrori — di politica nazionale antidemocratica e antioperaia. Per questo la ricetta, la proposta — che del resto è nazionale dei finiani — qui proposta non è condivisibile. Anzi, sarebbe proprio un bel guaio. La parente stretta di quella scorciatoia che si dice di non volere. Infatti, se un vento c’è, pur non visibilissimo in Parlamento, è comunque vivo nel corpo sociale di questa Italia 2011. Pur non venendo coerentemente rappresentato nelle camere o nei media governativo-padronali è protagonista di quei pronunciamenti elettorali — oggi possibili — come è accaduto nelle amministrative. Quindi? Quindi l’incanalamento di questo vento può solo avvenire tramite una nuova consultazione elettorale. Certo ci vorrebbe serietà e amore per il Paese, affinchè un premier bollito che svergogna ogni giorno l’Italia, si dimettesse dal potere malgestito. Ma, la mancanza di questo presupposto, non giustifica la ricerca del buon senso ad ogni costo, della pezza da mettere allo sgarro. Non c’è questa possibilità. Chi non è credibile, chi non può nutrire apprezzamento per le qualità democratiche, non può rivelarsi affidabile per una bicamerale, o per una costituente. Per questo, pur ritenendo indispensabili le correzioni alla legge-porcata elettorale oggi in vigore, nessun palliativo come questa stessa modifica, può giustificare l’allungamento del brodo e la cottura della cancrena in cui si dibatte il Paese. No. O dimissioni ed elezioni subito. Oppure lunga lotta e sciopero generale fino al raggiungimento della cacciata del governo del piduista.