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L’Opinione. Cercando un sistema elettorale…
01/06/2011Questo articolo è stato letto 3077 volte!
L’Opinione…
Da oggi nasce una nuova rubrica intitolata ‘L’Opinione’. Nasce dall’esigenza di dare spazio anche ai vostri scritti e alle vostre opinioni, su questioni generali che possano invitare alla discussione e allo scambio di opinioni. Tutti potranno accedervi, anche se non sarà una rubrica che ci sarà ogni giorno. Se volete dire la vostra su un argomento non specificatamente già trattato nel quotidiano (per quello ci sono i commenti), scriveteci a redazione@paconline.it.
Cercando un sistema elettorale…
Vado cercando, indegnamente in quanto semplice e umile cittadino della Repubblica Italiana, un sistema elettorale nazionale con un po’ più di proporzionale (magari fosse tutto sano sano proporzionale!) e, all’occorrenza, se mai dovessero frammentarsi e poi ricomporsi i partiti dei cosiddetti “due schieramenti”, agogno la nascita un partito (adoro letteralmente i partiti che “funzionano” e fanno partecipare seriamente gli iscritti) con un nucleo fondante incardinato sull’ispirazione socialista, liberale, riformista, libertaria.
Come il PSI fino al 1992, per intenderci. Come quello, senza le fragilità finali di quello, perchè sostanzialmente AUTONOMO e non SUCCUBE a terzi, come piace a me. E pronto e sollecito a battersi sempre per le verità storiche e politiche senza cedimenti. Certo, ovvio, le “verità” dei socialisti democratici italiani riformisti, va da sè, è evidente. Ci arriverò ad iscrivermi a un’organizzazione politica del genere? Nel senso: la vedrò nascere, presto o tardi?
Nel frattempo (si celia un po’, ma nemmeno tanto…) mi piacerebbe discutere, attraverso le feconde rubriche di “Punto a Capo Online”, a proposito delle dichiarazioni di chi ai partiti non ci crede proprio per niente.
Viva la libertà di opinione e di espressione.Si riporta, appunto, quella di Beppe Grillo, 31 maggio 2011:
“Ha vinto il Sistema. Quello che ti fa scendere in piazza perché hai vinto tu, ma alla fine vince sempre lui”. Beppe Grillo, promotore del MoVimento 5 stelle, non esulta affatto per la vittoria di Giuliano Pisapia a Milano. “Pisapippa” — così lo ribattezza Grillo nel titolo del post pubblicato oggi sul suo blog, corredato di un fotomontaggio in cui il neosindaco di Milano sostituisce Jim Carrey nei panni del protagonista del “Truman Show” — è stato “avvocato di De Benedetti, tessera pdmenoelle numero UNO (che ha per l’ingegnere svizzero gli stessi effetti taumaturgici della mitica monetina di Zio Paperone), Fassino deputato a Roma e sindaco a Torino che vuole la militarizzazione della val di Susa? Vendola che costruisce inceneritori insieme alla Marcegaglia, destina 120 milioni di euro di denaro pubblico della Regione Puglia alla fondazione San Raffaele di Don Verzé, padre spirituale di Berlusconi e mantiene privata la gestione dell’acqua?”. Insomma, “il Sistema — è il bilancio di Grillo — ha liquidato Berlusconi e deve presentare nuove facce per non essere travolto. Se sono vecchie, le fa passare per nuove. Se sono nuove le fagocita con la tessera di partito e ruoli di rappresentanza. Se Pisapia fermerà almeno la costruzione mostruosa dell’EXPO 2015 insieme a quella di City Life, chiuderà gli inceneritori, taglierà del 75% gli stipendi degli assessori comunali, mi ricrederò, pensate che lo farà?”.
Il mattatore genovese se la prende anche con il modo in cui la stampa ha trattato il movimento da lui promosso: “A leggere i giornali sembra che il MoVimento 5 Stelle sia stato cancellato dalla politica, spazzato via dal nuovo che avanza. Ha vinto il Pdmenoelle, lo stesso che ha garantito per 18 anni a Berlusconi ‘una vita che non è mai tardi’, che ha permesso lo Scudo Fiscale, votato l’indulto, che non ha reso possibile l’accorpamento tra elezioni amministrative e referendum (bastava un solo voto, ma erano assenti 10 pdmenoellini, tra cui Fassino, e 2 Idv, pensate che sia un caso?), che ha regalato tre frequenze nazionali pubbliche a Berlusconi chiedendo in cambio solo l’uno per cento del fatturato, che non ha fatto la legge sul conflitto di interessi quando era al governo e neppure ha modificato la legge porcata di Calderoli”. Grillo punta il mirino anche contro Confindustria, che “cerca nuove vie per mantenere i suoi parassiti. Si è svegliata dopo Fukushima, quando ha capito che la torta di circa 30 miliardi delle centrali nucleari stava svanendo, prima aspettava l’osso e taceva. La Confindustria, insieme ai partiti, farà di tutto per far fallire i referendum che gli sottrarrebbero la gestione dell’acqua per sempre. Dei referendum non parla più nessuno. Tutti in piazza a festeggiare. Tutto cambia perché nulla cambi. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure”.
Aspetto pareri e idee.
Armando Lauri
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Amico mio Maurizio, “malamente” lo rispetto, perché è sensazione tua e soggettiva, “per ogni dove ” no, perché non è vero e non è oggettivo! Qualche volta, all’occorrenza, questo sì, e pure io “soggettivamente” e la stabilisco da per me,l’occasione del sottolineare (e non già un banale “etichettarmi”) il mio anticomunismo, insieme sovente al mio antifascismo. Va da sè che tu (e altri carissimi amici a te correligionari politicamente) non puoi stare negli “anti” miei né per i decenni di amicizia più o meno agìta né per le fattualità nostre di frequentazione e confronto, che MAI ci hanno visto in contrapposizione uterina. E poi perchè, felicemente, non sei un modello del “comunismo” che sta nell’immaginario mio, io che comunista non sono e che mi credo che questa cosa sia lecita e che quell’immaginario, specialmente, riferibile all’Italia nostra, lo vivo come mi piace viverlo a me. E che non è commendevole, come puoi “immaginare”. Fatto personale accantonato, se credi, complimenti per l’agiografia, positiva e convincente, in chiave splendidamente “comunista” (qui non è lecito banalizzare, stavo per dire “comunista nel senso buono”) del sistema proporzionale. Io adoro il proporzionale anche perché tutela politicamente bene le minoranze, e a ‘sta cosa ci tengo tanto tanto, e poi perché non costringe ad alleanze politiche e programmatiche eccessivamente innaturali, e poi ancora perché i compromessi programmatici ‑al meglio‑, (senza implicarci i PRINCIPII, cose non sottoposte a trattativa), che ne scaturiscono sono più fecondi e più seri (tema a te e a me carissimo). E poi perché privilegia la rappresentanza dell’idea e del portato di “visione” rispetto a quella del “potere pratico”, per semplificare. Sarò d’antan, che ci posso fare? Certo, chi ama il proporzionale ama anche l’esistenza e le buone e sane e coinvolgenti e inclusive attività di partito, lo strumento che una volta assicurava partecipazione in vari gradi e confronto e conoscenza e informazione a vari livelli delle comunità e delle società, in scala geografica. Ecco perché il mio outing su “me tapino” che sto senza partito e su Grillo (quella era la stringa di proposta di discussione che tu non puoi non aver colto) che sui partiti, tutti, stranamente, sembra orinarci sopra, absit iniuria. Con affetto e stima Armando
L’iniziativa è pregevole. Uno spazio gratuitamente posto a servizio — che raramente non lo fa più neppure la RAI, che dovrebbe, come il resto dell’informazione generalista, mantenere un profilo di servizio pubblico — dell’intellettuale collettivo che si può misurare sulle idee, mi sembra davvero un Top delle decisioni possibili nei nostri ambiti: che sono il web è quindi internazionale, ma che respirano aria di casa dei Castelli romani e regionale. Il primo a cimentarsi è il mio amico Armando Lauri — che malamente continua in ogni dove ad etichettarsi anticomunista, e, tranne che in qualche frase non ha mai avuto nei miei confronti o in chi mi è vicino nessun comportamento anticomunista. E dire che ne conosco di anticomunisti che non s’appellano per tali -. Armando, pone un grande quesito-opinione. E, non so, se a suffragio forzoso o ad interpretazione non svolta, giustappone alla domanda-opinione un ragionamento — diciamo così — di Beppe Grillo. Non mi cimento nella esegesi del pensiero di Grillo perchè tutto sommato ho nei suoi confronti un buon grado di pregiudizio e, quindi, sarebbe sbagliato calcare le frasi su chi poi non parteciperà al confronto. Solo telegraficamente, sottolineo che, al di là dei contenuti delle opinioni, è un po’ stucchevole che un miliardario (Grillo), faccia la guerra ad una latro miliardario (Berlusconi) passando per la critica ad un terzo miliardario (De Benedetti), senza che sia stata mai intavolata nessuna forma — non necessariamente di partito — di partecipazione che non quella leggerissima del collegamento web. E’ l’equivalente di un partito organizzato con sezioni chiuse, che indice discussioni e assume decisioni senza che nessuno abbia mai la possibilità di partecipare a momenti decisionali che non siano la fortuita occasionalità dell’incontro in piazza per parlare. Non so se somiglia, tutto ciò alla democrazia della società atomizzata americana e post capitalista; non mi sembra sia ancora attuata in Italia, suppongo che molta cultura politica italiana veda con un po’ di schifo tale meccanismo, o comunque non adatta alla voglia di partecipazione che la stragrande maggioranza dei cittadini dimostra sempre più spesso, continuando una sana tradizione democratica popolare. Il sistema elettorale. Non possiamo che partire dall’assunto positivo: è bene che si ribadisca la bontà del sistema proporzionale. Perchè? Semplicemente perchè in linea culturale e teorica è più consono, alle “pieghe della società” italiana che è così composita. Ma, anche dal punto di visto tecnico-politico, il maggioritario ha avuto come unico “pregio” di mettere in evidenza la sua inadeguadezza, e di mostrare l’infimo livello del mercanteggiamento della politica spogliata delle idee a cui si può giungere nel fare “carriera politica” a “servizio” del potente di turno, senza mai accentuare positivamente la passione politica che può (dovrebbe) essere motore di nuove leve, possibilmente — ma non solo — di giovani generazioni che domani dovranno continuare a dirigere il Paese. Invece, appunto, da qualunque lato si guardi non ce n’è una di nota positiva, di pezza d’appoggio che giustifichi il maggioritario. Efficienza: si può perseguire sempre, e non c’è stata tutta questa dimostrazione di efficienza rispetto ai precedenti periodi. Trasparenza e moralità: assolutamente no; la Corte dei Conti, addirittura, cioè l’organo di controllo della Magistratura che si occupa della Pubblica Amministrazione ha rilevato un aumento negli ultimi anni del 30% circa di aumento dei reati assimilabili a tangentopoli. Diminuzione dei partiti e dei litigi: siamo alla comica; partiti, sigle, partitini, listarelle, Gruppo dei Responsabili nato in una notte senza essere mai stato votato da nessuno; incommentabile. Confronto delle politiche più chiare e contrapposte: quando mai? Anzi, proprio questo dualismo ha arrecato un danno enorme con l’appiattimento della ricerca delle idee e con evitare la distanza troppo netta di programmi. Solo con l’intrusione di forti movimenti sociali e di massa — scuola, lavoratori precari, licenziamenti in massa — si è potuto vedere il riaccendersi del duro confronto alternativo delle proposte. Ed altri esempi ancora potrei portare, non smentito, su nessuna delle affermazioni esposte. Anche perchè non sono opinioni ma fatti testimoniati e certificati. La reintroduzione del proporzionale o il pressochè stravolgimento dell’attuale modello maggioritario però, dovrebbe passare per la salvaguardia di fenomeni politici rilevanti di massa, nel senso del peso specifico, oppure nel senso del peso estensivo della rappresentanza supposta. Ad esempio se volessimo introdurre un sistema di premio sulla “copertura” di un livello “x” di peso specifico “k” nel rapporto tra quanto una singola forza debba almeno esprimere in una regione; non si dovrebbe applicare alla naturale moltiplicazione su tutte le regioni: altrimenti epifenomeni politici come quelli della Lega non troverebbero accoglimento e sarebbe un errore di democrazia, oltre che un errore e un problema politico. Allo stesso modo, un partito, che, al contrario, conta una rappresentanza estesa in molte, se non in tutte le regioni, non può essere inchiodato al peso specifico che una singola forza in una singola zona territoriale riesce facilmente a concentrare. Tutto ciò comporterebbe un unico nuovo svincolo, rispetto all’attuale sistema. Che questo modo restituirebbe al cittadino il potere di rappresentanza diretta che in modo “fasullo” si è detto di introdurre con l’elezione diretta del premier. La dignità politica della singola forza, che sia terza o quarta o ultima nella scala dei valori assoluti, mentre ora ti “costringe” in quanto forza nel maggioritario ad ingoiare politicamente scelte di rappresentanza giocate tra i due tre più forti, e senza lasciare grandi margini di “contrattazione” sul programma condiviso; in un sistema differente, le scelte dei due tre più forti sono una somma e vanno di pari passo con le scelte “contrattate” del programma. (E’ chiaro che tutto ciò si svolge all’interno della consapevolezza del compromesso politico e programmatico positivamente inteso: senza il prepotere di uno sugli altri). L’alternativa insomma è tra riportare il peso sociale nella politica di rapppresentanza, oppure perpetrare una modalità che quando va bene è un rapporto paternalistico, altrimenti è direttamente un padre-padrone che comanda. Variante obbligata per il maggioritario attuale, e non necessaria per il proporzionale è la faccenda delle primarie. Introdotte dal Pd, sono suonate, a secondo di chi dirigeva lo spartito, come una americanizzazione all’italiana; oppure come una strumento di partecipazione che metteva una toppa ai guai del partito-Pd. Nei due casi è comunque un “innesto” che sta a metà tra l’esperimento e la rifondazione del Pd. Segno evidente che è un “artificio”, genialmente trovato, a supporto della mancanza momentanea di linea ferma e di idee innovative. Però, oggettivamente, nel maggioritario ha un senso il ricorso alle primarie, ma è scivolosamente delegante. Ai gazebo a cui ho assistito nel momento delle nostre primarie locali, non c’è stata una persona che non sia venuta al voto chiedendo o conoscendo approfonditamente i progetti, i programmi. Quindi le facce per le facce. L’esatto contrario della responsabilità delle scelte, della competenza, della passione politica: ed erano locali. Più si allontana la persona, la faccia in una primaria di rappresentanza, ancora peggio è il meccanismo. Al contrario, le primarie in un sistema proporzionale, servirebbero solo a creare inutili tensioni su schieramenti fittizi articolati da partiti o liste organizzate, per giungere, non si sa, se a conclusioni casuali o politiche. Una ultima nota proporzionale, non per importanza, la voglio sottolineare, circa la questione del sistema delle idee che i raggruppamenti politici attivano, ovvero delle ideologie che sono utili e a servizio della società. Le ideologie, in specie quelle di sinistra, e segnatamente quella comunista e marxista, pone grande attenzione e grande valore all’esercitarsi della politica a seguito delle analisi della società, della situazione storica contingente, della fase del conflitto capitalistico e “post capitalistico”. Questo senza escludere, anzi, vedendone le specificità, la ricerca della rappresentanza sociale e politica intrecciata ( non alternativa) alle lotte ovunque si manifestino a segnare proprio la lotta capitale-lavoro. Questo vuol dire, che la rappresentanza, lungi dall’essere un semplice “grimaldello”, può essere, e spesso è stato ed è la rappresentazione viva della società e delle lotte che in essa vivono anche tra chi emancipa il proprio status e chi vorrebbe solo la riproposizione dello schema capitale=padrone, lavoratore=schiavo moderno. Tutto ciò, se marginalizzato, se considerato superfluo, può — questo si in alternativa — trovare unica rappresentazione al di fuori delle istituzioni, al di fuori delle lotte che vogliono esprimersi anche nelle istituzioni — pur non istituzionalizzandosi (nel senso che non cercano certo di fare una commissione al posto di una piattafroma rivendicativa) — e generare quindi due livelli di società: una delle istituzioni rappresentative del maggioritario e con molte parti spurie allontanate dall’esercizio elettorale; l’altra dei soggetti che esprimono esigenze, bisogni, emancipazioni sociali che potranno condurre “solo” con atti di forza ripetuti e mai convolgliati istituzionalmente, quindi con una conclusione ipotetica antidemocratica dei conflitti sociali. Ecco, a tutto ciò, la rappresentanza che garantisce il proporzionale, dà invece una risposta positiva e possibile. Risolvendo il quesito di fondo della democratizzazione degli scontri nella società; risolvendo la domanda sulla rappresentanza sociale e il risvolto politico (discriminante, anticomunista per lo più); risolvendo il ruolo non solo tecnico, ma politico ed ideologico che, appunto, sottostanno alla più equa soluzione del sistema elettorale proporzionale al contrario del maggioritario. Da qui, il ragionamento si fa politico: nel senso che occorre individuare a chi conviene cosa e fino a dove è disposto a spingere per ottenere. Ma un altro tipo di confronto e di opinioni.
Avevo vent’anni quando in un comizio a Marino, piazza San Barnaba (erano le elezioni amministrative del 1975), volli definire sprezzantemente il Senatore Fanfani, Segretario DC, come “il nano democristiano”. Fu una stupidaggine enorme, ancora ne son pentito, parzialmente giustificata dal condizionamento pubblicitario che subii dal mio partito, il PSI, che aveva sommerso le città con un goliardico, e inefficace, “FANFANEVE E I SETTE NANI”, un manifesto para-disneyano che voleva colpire la Democrazia Cristiana e le sue strategie politiche e governative. A me personalmente le elezioni andarono bene, al PSI marinese così così e per il PSI nazionale fu un risultato molto deludente, anticipatore della débacle successiva, quella del 1976, dove perdemmo centinaia di migliaia di voti a vantaggio del PCI. Che c’entra, tutto ciò? A parte il mio censurabile vizio del dilungarmi con la storia politica come la vedo io (vabbè, concedetemi che quella mia personale, di storia, quando ce la infilo la utilizzo solo come pallido e fugace sfondo su vicende oggettivamente più interessanti per tutti), ce l’ho con Grillo quando storpia i cognomi per fini di dileggio politico. E ce l’ho di brutto con tutti quelli che lo fanno apposta credendo che ciò sia un’arma politica. E mi dispiace moltissimo quando si deridono malamente le particolarità fisiche degli avversari, dei rivali e financo dei “nemici” politici. Di chiunque si tratti. E’ cosa brutta, purtroppo in Italia diffusa e non aiuta in nulla né al dibattito, né al confronto, né alla civiltà né ad amare di più la buona politica. Se Amintore Fanfani sta da qualche parte leggendomi, gli chiedo ancora scusa per la mia balordaggine di trentasei anni fa. E Grillo, ritengo, “Pisapippa” se lo poteva abbondantemente risparmiare. Anche Travaglio, ad esempio, col suo “Psiconano” contro Berlusconi, non è affatto un esempio da imitare. Da nessuno, specialmente dai giovani. Altra cosa è usare in politica epiteti magari duri o sarcastici, se se ne sente la necessità, ma questi debbono, però, non fare mai incursione né sul nome né sul fisico del bersaglio scelto! Qualcuno è d’accordo con me? Se l’ottima Cesca, che ringrazio, mi darà altro spazio, tenterò anche una riflessione “politica” su altri aspetti dell’esternazione del leader di 5 stelle, la prossima volta. Complimenti a paconline per l’inaugurazione della nuova rubrica. Un saluto a tutti Armando Lauri